Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25025 del 19/09/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 25025 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CAPUTO TAMMARO N. IL 18/07/1956
avverso la sentenza n. 2961/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
26/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;

Data Udienza: 19/09/2014

n.16 ricorrente CAPUTO Tannmaro

Motivi della decisione
L’imputato propone personalmente ricorso per cassazione contro la sentenza
indicata in epigrafe (resa in parziale riforma di quella di primo grado in punto pena
ed a conferma in punto responsabilità del predetto in ordine al reato di cui agli
artt.99, comma 4°, 110,624-bis, 625 n. 2, 61 nn. 5 e 7 cod. pen. commesso in

punto responsabilità nonché in ordine alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di
cui all’art. 61 n. 7 cod. pen.,a1 diniego dell’attenuante prevista dall’art. 62 n. 6 e
della prevalenza delle attenuanti generiche e quindi in punto alla commisurazione
della pena.
Il ricorso è palesemente inammissibile,

ex art. 606, comma 3, cod.proc.pen.,

perché proposto per violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello e per
manifesta infondatezza. Va premesso al riguardo che il perimetro dei poteri di
cognizione del giudice di legittimità è definito dall’art. 609, comma 1, codice di rito,
il quale ribadisce, in forma esplicita, un principio già enucleabile dal sistema, e cioè
la limitazione della cognizione di detto giudice ai motivi proposti con il ricorso.
Detti motivi – contrassegnati dall’inderogabile “indicazione specifica delle ragioni di
diritto e degli elementi di fatto” che sorreggono ogni atto d’impugnazione (artt.
581, comma 1, lettera e), e 591, comma 1, lettera c), cod. proc. pen. – sono
funzionali alla delimitazione dell’oggetto della decisione impugnata ed
all’indicazione delle relative questioni, con modalità specifiche al ricorso per
cassazione. Ora,la disposizione in esame deve infatti essere letta in correlazione
con quella dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., nella parte in cui prevede la non
deducibilità in cassazione delle questioni non prospettate nei motivi di appello. Il
combinato disposto delle due norme impedisce la proponibilità in cassazione di
qualsiasi questione non prospettata in appello e costituisce un rimedio contro il
rischio concreto di un annullamento, in sede di cassazione, del provvedimento
impugnato, in relazione ad un punto intenzionalmente sottratto alla cognizione del
giudice di appello. Nel caso di specie deve rilevarsi che nell’atto d’appello non si fa
alcun cenno all’aggravante di cui all’art. 61 n. 7 cod. pen. contestata e già ritenuta
con la sentenza di primo grado. In subordine, si osserva che sulla sussistenza
dell’aggravante non incidono fatti successivi alla consumazione del reato ( Sez. 2
n.3369/2012 rv. 2 rv. 254780).
Quanto alle altre doglianze, va rimarcato che la Corte d’appello, con ineccepibile
motivazione, ha escluso il riconoscimento dell’attenuante prevista dall’art. 62 n. 6
cod.pen., attesa la manifesta sproporzione per difetto della somma di euro

i

Giugliano di Campania il 6 gennaio 2011) lamentando vizio della motivazione in

1.500,00 offerta ai derubati. Le ulteriori censure devono ritenersi assorbite attesa
la congrua riduzione della pena stabilita in grado d’appello.
Segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 a favore
della cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, trattandosi di causa di
inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente stesso

P Q M

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del procedimento e della somma di euro 1.000,00 a favore della cassa delle
ammende
Così deciso in Roma,lì 19 settembre 2014.

(cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7 – 13 giugno 2000).

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