Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25019 del 19/09/2014


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 25019 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

ha pronunciato la seguente

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sul ricorso proposto da:
SAMIR KALID N. IL 06/07/1979
avverso la sentenza n. 2110/2012 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
30/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;

Data Udienza: 19/09/2014

n.4 ricorrente SAMIR KALID

Motivi della decisione

L’imputato

in epigrafe ricorre

per cassazione,a mezzo del difensore,

avverso la sentenza 30 ottobre 2012, resa dalla Corte d’appello di Firenze in

primo grado emessa in data 12 gennaio 2012 dal GIP del Tribunale di Prato che,
in esito a giudizio abbreviato, giudicò il predetto responsabile del delitto previsto
dagli artt.110, 81 cpv. cod. pen., 73 d.P.R. n. 309/1990, di cessione continuata
di quantitativi di sostanze stupefacenti tipo cocaina ed hashish,commesso in
Prato tra il 1° marzo ed il 2 agosto 2010.
Il ricorrente si duole dell’eccessività della pena finale irrogata e del mancato
riconoscimento delle attenuanti generiche.
Il ricorso, quanto al dedotto vizio motivazionale in punto al diniego delle
attenuanti generiche, è manifestamente infondato.
La Corte d’appello di Firenze ha ineccepibilmente argomentato l’immeritevolezza
del prevenuto a beneficiare delle attenuanti generiche, avuto riguardo alla
gravità delle reiterate violazioni dell’art. 73 d.P.R. n. 309/1990 ” al limite della
professionalità” ed alla negativa personalità dell’imputato, dedicatosi all’attività
di spaccio una volta posto agli arresti domiciliari, fino a rendersi irreperibile.
Deve invece rilevarsi d’ufficio

ex art. 609, comma 2° codice di rito

la

sopravvenuta illegalità del trattamento sanzionatorio, rideterminato dalla Corte
d’appello in anni CINQUE di reclusione ed euro 20.000,00 di multa, ravvisata la
continuazione tra i fatti per cui è processo con i reati giudicati con la sentenza
n.1318/2010 emessa in data 12 gennaio 2012 dal Tribunale di Prato, ritenuto più
grave il reato contestato sub capo L ( pena base: anni 6 di reclusione ed euro
21.000,00 di multa aumentata, ex art. 81 cpv. cod. pen., in relazione alle altre
ipotesi delittuose, ad anni 7,mesi 6 di reclusione ed euro 30.000,00 di multa e
poi ridotta di 1/3 per il rito ).
Giova rammentare che la Corte costituzionale,con sentenza n. 32 del 2014
(pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 11 del 5 marzo 2014 e quindi con effetti ex
art. 136 Cost., a far tempo dal giorno successivo ) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies del decreto legge 30 dicembre 2005 n.
272, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1 della legge 21 febbraio
2006 n. 46 con cui venne introdotta (per usare le stesse parole del Giudice delle
leggi ) ” una innovazione sistematica alla disciplina dei reati in materia di
stupefacenti sia sotto il profilo delle incriminazioni che sotto quello

parziale riforma in punto pena – per quanto in questa sede rileva – di quella di

sanzionatorio”, significativamente imperniato nella parificazione quoad poenam
dei delitti riguardanti le c.d. “droghe leggere” con quelli aventi ad oggetto le c.d.
“droghe pesanti”. Per l’effetto, acclarata l’illegittimità della valenza
modificativa/abrogativa della novella, si è automaticamente determinata la ”
reviviscenza ” delle disposizioni originarie dettate – sub art. 73 – dal d.P.R. 9
ottobre 1990 n. 309 – Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli
stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi

incriminatrici ed al relativo trattamento sanzionatorio. Come peraltro sottolineato
dalla stessa Corte costituzionale,si pone, in relazione ai processi pendenti nei
quali non sia intervenuta sentenza definitiva, la necessità, a mente del chiaro
disposto dell’art. 2, comma 4 0 cod.pen., dell’applicazione della disposizione più
favorevole al reo, attesochè ( com’è pacifico ) le disposizioni penali in vigore alla
data surrichiannata del commesso reato risultano diverse da quelle posteriori ed
attualmente applicabili, in particolare per quanto attiene alla previsione della
misura delle sanzioni penali. E’ pacifico che l’individuazione della disposizione più
favorevole al reo in tema di trattamento sanzionatorio applicabile nel caso
concreto va compiuta tra la normativa vigente all’epoca del fatto e quella
divenuta attualmente applicabile,per effetto dell’intervento “ripristinatorio ” di
quella originariamente introdotta – e mai legittimamente abrogata o modificata
dalla novella di cui alla legge n. 46 del 2006 -; ciò per effetto della pronunzia di
incostituzionalità che, ovviamente, non può venire in giuoco ex se , a norma
dell’art.2 comma 4 0 cod. pen. quale tertium comparationis, non trattandosi di
“nuova disposizione di legge “. Ne discende che attualmente i delitti commessi
in continuazione dall’imputato in riferimento alle droghe c.d. leggere, risulta
punito,ex art. 73, comma 4° del citato d.P.R., con la pena della reclusione da
due a sei anni e con quella della multa, da 5.164 a 10.329 euro. Ciò è
intuitivamente apprezzabile nel caso di pena irrogata in relazione ad un singolo
episodio delittuoso, restando facilmente individuabile il riferimento al minimo
edittale. Qualora, come nel caso di specie, vengano in esame più violazioni
dell’art. 73 d.P.R. n. 309/1990, ritenute in continuazione, può effettivamente
ricorrere l’eventualità che, pur restando invariata la pena base siccome relativa a
delitto la cui pena edittale non è stata coinvolta dalla dichiarazione di
incostituzionalità ( o che la normativa anteriormente in vigore fissava nel
minimo, in misura superiore a quella modificata dalla novella del 2006 in
relazione alle c.d. droghe pesanti, da ritenersi quindi,anche attualmente, più
favorevole al reo ) gli aumenti applicati a titolo di continuazione per delitti
concernenti le c.d. droghe leggere abbiano inciso in termini significativi nella
determinazione della pena finale complessiva, ancorchè il giudice a quo ne abbia

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stati di tossicodipendenza,con specifico riferimento alle specifiche fattispecie

quantificato l’entità facendo riferimento al minimo edittale

di gran lunga

superiore a quello previsto dalla norma dichiarata incostituzionale che, com’è
noto, nessuna distinzione sanciva quanto al trattamento sanzionatorio in
rapporto alla diversa tipologia delle sostanze stupefacenti. Deve quindi
evidenziarsi che la presenza di un aumento minimo, a titolo di continuazione in
riferimento a delitti di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/1990 aventi ad oggetto
droghe c.d.leggere, legittimamente potrebbe condurre alla conferma di quella

anche con riferimento ai minimi edittali anteriormente in vigore (Sez. 6
n.17176/2008), ferma restando l’esclusione di qualsivoglia invasione di questa
Corte nella sfera di determinazione discrezionale della pena, riservata al giudice
di merito. Si impone quindi una siffatta verifica. Ritiene invero il Collegio che sia
necessaria la esplicitazione della diversificazione degli aumenti di pena irrogati a
titolo di continuazione in caso di contestazione di più episodi delittuosi relativi
alle diverse tipologie di sostanze stupefacenti, a seguito del ripristino, a fini
sanzionatori, della distinzione tra droghe c.d. leggere e droghe c.d. pesanti per
effetto della citata sentenza della Corte costituzionale.
Orbene, nel caso di specie, la Corte d’appello ha applicato un’unica pena senza
tenere distinti i due tipi di sostanza stupefacente e quindi senza considerare la
c.d. continuazione interna.
Si deve quindi far luogo all’annullamento sul punto della sentenza impugnata
con rinvio ad altra Sezione della stessa Corte d’appello di Firenze per la
rideterrriinazione del trattamento sanzionatorio, ferma l’irrevocabilità, a’ sensi
dell’art. 624 cod. proc. pen., dell’affermazione della penale responsabilità del
prevenuto, al pari delle altre statuizioni di diniego delle attenuanti generiche.

PQM

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio; rinvia
sul punto alla Corte d’appello di Firenze. Rigetta nel resto.Visto l’art. 624 cod.
proc. pen. dichiara l’irrevocabilità della sentenza in ordine all’affermazione di
responsabilità per i reati ascritti.
Così deciso in Roma lì 19 settembre 2014.

quantificazione in quanto ritenuta adeguata al caso e che sarebbe stata tale

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