Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25018 del 22/05/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 25018 Anno 2013
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: CITTERIO CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COSTANZA NICOLO’ N. IL 25/12/1962
avverso l’ordinanza n. 12/2013 TRIB. LIBERTA’ di AGRIGENTO, del
04/03/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARLO CITTERIO;
1444e/sentite le conclusioni del P.G. dr.ssa Maria Giuseppina
FODARONI che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Udito il difensore Avv. Giuseppe SCOZZARI che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 22/05/2013

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1

CONSIDERATO IN FATTO
1. Con ordinanza deliberata ai sensi dell’art. 324 c.p.p. in data 4-19.3.13, il
Tribunale di Agrigento ha rigettato la richiesta di riesame proposta nell’interesse di Nicolò
Costanza avverso il decreto di sequestro preventivo delle quote della società GNG srl (di
cui Costanza è legale rappresentante d amministratore unico), in relazione ai reati di cui

646/1982 (capo B). Secondo le due contestazioni, vi sarebbe stato accordo tra i
partecipanti alla gara di appalto per i lavori di consolidamento e riqualificazione degli orti
urbani nell’ambito del contratto di quartiere II Ortus del Comune di Favara (che aveva
portato alla presentazione della medesima offerta al ribasso, sì da imporre la
assegnazione per sorteggio, in esito alla quale in realtà i lavori erano stati eseguiti
proprio dalla GNG srl, non assegnataria); vi era stato di fatto per l’esecuzione di tutte le
opere un subappalto alla GNG srl (che era stata precedentemente esclusa dalla gara per
difetto dei requisiti tecnici: così nell’ordinanza, p.5), in violazione delle norme d’appalto e
comunque senza l’autorizzazione del Comune di Favara.
Il Tribunale si confrontava con i tre motivi di riesame, che con specifiche
motivazioni disattendeva.
Quanto alla carenza di motivazione del decreto di sequestro riteneva che questa si
integrava con quella destinata all’applicazione della misura cautelare personale per i due
reati, modificata poi dal Riesame solo nella tipologia. Quanto ai due reati, in ordine al
delitto ex art. 353 c.p. giudicava che la tesi difensiva (essere la medesima offerta in
sostanza imposta dalla peculiare legislazione siciliana e di fatto prassi nelle gare d’appalto
proprio per ragioni strutturali della disciplina) era meritevole di approfondimento nella
successiva fase di merito e che tuttavia allo stato permaneva appunto il fumus di un
contesto anomalo di certo accordo preliminare tra i partecipanti. In ogni caso sussisteva
il fumus della contravvenzione sub B (essendo i relativi fatti pacifici in causa, tant’è che
la difesa ne aveva solo argomentato la prescrizione, invece da negarsi atteso che la data
di consumazione non poteva essere quella della gara ma quella dell’inizio dei lavori al
22.9.09). Quanto infine al periculum in mora, questo sussisteva sia in ragione del
pericolo di prosecuzione illecita dei lavori in subappalto, sia in ragione di un comprovato
modus operandi della società anche in altre vicende analoghe.
2. Il ricorso enuncia quattro motivi:
– assenza di motivazione relativamente a elementi offerti dalla difesa con influenza
su configurabilità e sussistenza del fumus del reato contestato, violazione dell’art. 321

alle imputazioni provvisorie ex artt. 110, 353 c.p. (capo A) e 110, 61 n.2 c.p., 21 legge

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c.p.p., perché il Riesame avrebbe preso in considerazione solo parziale deduzioni e
documentazioni difensive, condividendo in modo acritico la prospettazione accusatoria;
– violazione dell’art. 353 c.p., in relazione alla legge della Regione siciliana in
materia di appalti, erroneamente interpretata dal Tribunale, ed alla concreta vicenda.
Dopo aver ampiamente dedotto sulle ragioni tecniche per le quali la specifica disciplina
siciliana impone la presentazione di offerte di pari contenuto, volte ad evitare l’esclusione
e così assegnando al sorteggio la individuazione del contraente (sistema che per il

determinati, specialmente in contesti come quello in oggetto dove 161 aziende avevano
partecipato alla gara, solo una cinquantina venendo escluse), e, poi, sull’irrilevanza
accusatoria del medesimo ribasso nelle medesime offerte, la censura del ricorrente è che
in definitiva il Tribunale abbia riconosciuto la serietà della prospettazione difensiva,
disattendendola senza argomentare, sicché il poi ritenuto fumus del reato sarebbe stato
affermato senza indicare specificamente quali sarebbero stati gli elementi che avrebbero
consentito, anche solo a livello indiziario, di superare l’assunto difensivo;
– violazione dell’art. 21 legge 646/1982 e dell’art. 157 c.p., perché l’avvenuta
ammissione della partecipante alla gara avrebbe fatto venir meno alcun possibile danno
all’Amministrazione per la sua successiva partecipazione concreta all’esecuzione dei
lavori, tenuto conto della finalità della normativa, per il ricorrente volta solo ad impedire
l’insinuazione di imprese collegate alla criminalità. Conseguentemente il fatto sarebbe del
tutto privo di offensività. Quanto al punto della prescrizione, la contravvenzione avrebbe
dovuto ritenersi consumata alla data dell’accordo per il subappalto, anteriore a quello
dell’esecuzione dei lavori e da collocarsi già al momento dell’aggiudicazione della gara
(ottobre 2008): la stessa ordinanza cautelare originaria avrebbe dato per scontato che
l’accordo sarebbe intervenuto prima ancora dell’aggiudicazione;
– errata interpretazione dell’art. 321 c.p.p. in relazione al ritenuto periculum in
mora, quanto al capo A) perché la gara era già definita, quanto al capo B) mancherebbe
comunque l’attualità tenuto conto che i precedenti richiamati dal Tribunale sarebbero
remoti; inoltre mancherebbe strumentalità tra controllo delle quote e prosecuzione dei
lavori, comunque il reato essendo ormai consumato senza che risulti possibile alcun
ulteriore pregiudizio per l’Amministrazione; in ogni caso al Tribunale era stato anche
documentato che Costanza si era dimesso dagli incarichi sociali.

RAGIONI DELLA DECISIONE
3. Il ricorso deve essere rigettato, nei termini che seguono.
3.1 II primo motivo è inammissibile perché del tutto generico.
3.2 Il secondo motivo è fondato.

ricorrente sarebbe in sé incompatibile con la volontà di indirizzare la scelta su soggetti

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A fronte dell’argomentata deduzione difensiva, secondo cui l’identità del ribasso
(fino al quarto decimale) non aveva significato probatorio in relazione alla peculiare
disciplina regionale in materia, indicante principi che di fatto imponevano i termini
aritmetici per giungere a un inevitabile risultato al fine di evitare l’esclusione, il Tribunale
ha da un lato dato atto della serietà dell’argomento, dall’altro sospeso la relativa
valutazione, rinviandola alla fase di merito e giudicando quindi allo stato sussistente il
fumus del reato di cui all’art. 353 c.p. perché quella deduzione specifica “non era tuttavia

affermato che la presentazione di una offerta identica da parte di “tutte” le imprese
partecipanti costituiva per sè una circostanza anomala in grado di determinare una
turbativa della gara nel senso di imporre il metodo del sorteggio alla scelta del contraente
da parte dell’Amministrazione; che tale oggettiva turbativa o era dovuta all’accordo “di
tutti” i partecipanti (il dato riferito dal ricorrente di 161 partecipanti non pare essere
oggetto di smentita) o era effettivamente ascrivibile alla peculiarità delle regole. Ma così
impostati i termini del problema, ed a fronte di un’imputazione provvisoria che ha invece
selezionato drasticamente coloro, tra i partecipanti originari (nella prima ipotesi del
Tribunale tutti coinvolti), cui l’addebito è stato rivolto, la motivazione in ordine alla
sussistenza del fumus del delitto ex art. 353 c.p. risulta allo stato solo apparente. Se è
vero infatti che il fumus per le misure cautelari reali non richiede una gravità indiziaria di
intensità pari a quella imposta dal legislatore per le misure cautelari personali, qui è lo
stesso Giudice collegiale della cautela che espone la possibile irrilevanza penale della
vicenda, senza indicare alcun elemento di fatto idoneo a spiegare (sia pure in termini
probabilistici o anche di mera possibile concreta compatibilità, con particolare riguardo al
rapporto tra metodo del sorteggio, numero dei partecipanti alla gara possibili destinatari
di sorte favorevole, relazioni tra aggiudicatari potenziali ed effettivi e GNG srl, tempi
dell’accordo di subappalto) l’attualità concreta della seconda alternativa (arg.

ex Sez. 6,

sent. 29425/2009 che, pur deliberata in un caso afferente la materia di cautela
personale, indica un criterio generale – secondo cui in presenza di una situazione di fatto
in astratto riconducibile a più alternative, delle quali una lecita, è necessario indicare gli
aspetti concreti che indirizzano la scelta in ordine alla direzione di lettura della fattispecie
adottata – che deve trovare applicazione pure in questo caso peculiare di cautela reale).
3.3 La fondatezza del secondo motivo è tuttavia allo stato irrilevante, perché
assorbita dall’infondatezza del terzo, in relazione a contravvenzione che per sé costituisce
titolo autonomo a legittimare il sequestro adottato.
Che si sia trattato di subappalto non autorizzato non è in discussione, alla luce del
contenuto dell’ordinanza impugnata e del ricorso. Sul punto il motivo di ricorso è anche
generico atteso che, come prima evidenziato, l’ordinanza riferisce (con affermazione non

tale da far/o venire meno del tutto”. In particolare il Giudice collegiale della cautela ha

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specificamente contrastata in ricorso) di un’esclusione per inidoneità tecnica, per sé
elemento idoneo a scardinare l’intera tesi difensiva della mancanza di danno per
l’Amministrazione (tesi comunque anche infondata attesa la natura rigorosamente
formale della previsione dell’autorizzazione imposta dall’art. 21 legge 646/1982 e,
appunto, la specifica previsione normativa del positivo accertamento di tali requisiti di
idoneità tecnica del subappaltatore, comma 2).
Correttamente il Tribunale ha giudicato non essere allo stato il reato prescritto. Va

art. 21 dia rilievo al concedere anche di fatto i lavori e non alla mera stipula dell’accordo,
sicché proprio il richiamo alla situazione di fatto indica nella concreta esecuzione delle
opere senza autorizzazione il momento di inizio del comportamento penalmente
sanzionato. Del resto, ciò che caratterizza la specifica ratio normativa è appunto la
volontà di impedire che i lavori oggetto dell’appalto siano in concreto svolti da soggetto
diverso, in tal modo aggirando e vanificando il senso stesso della gara e della ragione
della sua previsione, e ciò solo per mera discrezionalità di chi tale gara si

sia

aggiudicato.

3.4 E’ infondato anche il quarto motivo.
Sul punto della permanenza delle esigenze cautelari vi è motivazione specifica e le
deduzioni del ricorso si risolvono in sollecitazioni volte a diverso apprezzamento di fatto.
Quanto alle dimissioni

del

Costanza, vero che il Tribunale non le ha commentate tuttavia

deve constatarsi la genericità della deduzione (la difesa ha prodotto al Riesame l’atto di
dimissioni, intervenute tra le due udienze della procedura davanti al Tribunale, ma nulla è
dedotto non solo sull’accettazione e la nomina di altro amministratore, ma pure
sull’adozione di successive misure organizzative idonee ad impedire condotte come quella
ascritta e comunque sulla concreta impossibilità dell’indagato di influire nella gestione
della non imponente azienda: la questione, pertanto, come osservato dal procuratore
generale d’udienza, merita approfondimento in sede di eventuale istanza di revoca della
misura, non in questo contesto di legittimità).
3.5 Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 22.5.2013

in proposito condiviso l’insegnamento di Sez.3, sent. 7665/1996 che evidenzia come tale

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