Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25015 del 11/07/2014


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 25015 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: GRILLO RENATO

SC–tery.f
ORDINANZ-A-

sul ricorso proposto da:
ARCA GAVINA N. IL 16/02/1993
avverso la sentenza n. 417/2012 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
SASSARI, del 14/05/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RENATO GRILLO;

Data Udienza: 11/07/2014

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RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 14 maggio 2013 la Corte di Appello di Cagliari – Sezione Distaccata di
Sassari – confermava, per quanto qui rileva, la sentenza emessa in data 16 dicembre 2011 dal
Tribunale di Sassari in composizione monocratica nei confronti di ARCA Gavina, imputata (in
concorso con DETTORI Massimo, non ricorrente) del reato di cui agli artt. 110 cod. pen e 73
comma 1 bis D.P.R. 309/90 (illecita detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente del

0,740 delle stessa sostanza – reato commesso il 31 agosto 2011) con la quale la detta persona
era stata condannata, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche e con la
diminuzione per il rito, alla pena finale di anni due e mesi otto di reclusione ed € 12.000,00 di
multa.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputata personalmente lamentando con un
primo motivo violazione di legge per inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale
in ordine al mancato riconoscimento della ipotesi attenuata di cui al comma 5 0 dell’art. 73
D.P.R. 309/90 ed al connesso eccessivo trattamento punitivo; con un secondo motivo vizio di
motivazione per carenza e/o manifesta illogicità in punto di conferma del giudizio di
colpevolezza e in particolare dell’elemento soggettivo (dolo) del reato, essendosi la Corte
territoriale conformata per relationem, alla sentenza del Tribunale, senza aggiunte di alcun tipo
ed ignorando i contenuti delle doglianze difensive.
3. In data 1 luglio 2014 è pervenuta memoria difensiva ex art. 611 cod. proc. pen. con la
quale la ricorrente – a mezzo del difensore frattanto nominato – ha insistito per l’annullamento
della sentenza soprattutto con riferimento al diniego della ipotesi attenuata di cui al comma 50
dell’art. 73 D.P.R. 309/90.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va, preliminarmente, osservato che la memoria a firma del difensore in quanto tardiva
(perché proposta oltre il termine decadenziale dei 15 giorni antecedenti l’udienza) va dichiarata
inammissibile. Ciò doverosamente precisato, il ricorso, nei termini in cui risulta formulato, non
supera il vaglio della ammissibilità sia per la sua genericità, sia per la sua manifesta
infondatezza.
1.1 Esaminando prioritariamente, per evidenti ragioni di tipo logico, il secondo motivo
afferente alla conferma della penale responsabilità censurata dalla ricorrente perché
asseritamente illogica in modo manifesto e carente nel suo sviluppo argomentativo, va subito
osservato che la Corte di merito, pur richiamando per relationem le esaustive argomentazioni
del Tribunale, ha anche svolto alcune considerazioni aggiuntive in risposta alle censure
difensive, disattendendole con motivazione pienamente logica e basata su elementi

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tipo hashish suddivisa in otto panetti del peso complessivo di gr. 779,45 circa e ulteriori gr.

incontrovertibili denotanti il dolo di partecipazione attiva della ARCA alla condotta del DETTORI
(vds, pag.3 della sentenza impugnata).
1.2 Anche il motivo afferente al trattamento sanzionatorio è manifestamente infondato sia
in riferimento alla negata ipotesi attenuata di cui al comma 5 0 dell’art. 73 D.P.R. 309/90
(ricordandosi in questa sede che la fattispecie attenuata di cui al 5 0 comma dell’art. 73 del
D.P.R. n. 309/1990 (già considerata circostanza attenuante ad effetto speciale) può essere
riconosciuta soltanto in quelle ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia

richiamati dalla disposizione normativa (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la
conseguenza che, ove venga meno anche uno soltanto degli indici previsti dalla legge, diviene
irrilevante l’eventuale presenza degli altri (Cass., Sez. Unite, 21.9.2000, n. 17, Primavera).
1.3 Nel caso di specie, l’ipotesi in questione è stata legittimamente esclusa, con
motivazione razionale e coerente, non soltanto con riferimento alla qualità e quantità della
droga, ma altresì in relazione alle modalità e circostanze dell’azione delittuosa, con corretta e
razionale valutazione complessiva di tutte le componenti oggettive e soggettive dell’azione
medesima.
1.4 Ed anche con riferimento alla pretesa eccessività del trattamento punitivo, la Corte
territoriale ha escluso che potesse ricorrere la invocata circostanza attenuante di cui all’art.
114 cod. pen. anche in relazione alle modalità della sua condotta.
1.5 Ne deriva che, a rigore, il ricorso in esame, contenente motivi non scrutinabili in sede
di legittimità, va considerato inammissibile. Senonchè va rilevato che, successivamente alla
presentazione del ricorso, la disciplina sanzionatoria applicabile è mutata in senso favorevole
alla posizione della ricorrente, la quale non era certo nelle condizioni di poter formulare uno
specifico motivo di impugnazione afferente alla quantificazione della pena, avuto riguardo allo
stato della legislazione vigente al momento della proposizione del ricorso.
1.6 Ed invero la Corte di merito ha confermato i calcoli del primo giudice, secondo i quali
quale pena-base minima è stata indicata quella di anni sei di reclusione ed C 27.000,00 di
multa, pena poi ridotta per le circostanze attenuanti generiche ad anni quattro di reclusione ed
C 18.000,00 di multa e diminuita di 1/3 per il rito.
1.7 La pronuncia della Corte Costituzionale intervenuta con la nota sentenza n. 32/14 ha
però disarticolato il sistema sanzionatorio fino a quel momento vigente per effetto della L.
49/06 (legge cd. “Fini-Giovanardi”) e tali statuizioni – per quanto interessa in questa sede refluiscono favorevolmente sulla posizione della ricorrente.
1.8 Va, infatti, ricordato che con sentenza n.32 del 12 febbraio 2014 la Corte
costituzionale ha dichiarato la illegittimità degli artt.4-bis e 4-vicies ter del d.l. 30 dicembre
2005, n.272, convertito in legge 21 febbraio 2006, n.49, che modificavano la disciplina dei
commi 1 e 4 dell’art.73 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 e abbandonavano i diversi regimi

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dal dato qualitativo e quantitativo della sostanza stupefacente sia dagli altri parametri

sanzionatori fissati per le sostanze stupefacenti elencate, da un lato, nelle tabelle I e III (le
c.d. “droghe pesanti”) e quelle elencate nelle tabelle II e IV (le c.d. “droghe leggere”). La
nuova disciplina fissava dunque agli artt.1 e 1-bis dell’art.73 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n.309,
un unico trattamento sanzionatorio per tutte le sostanze stupefacenti e tale soluzione è stata
censurata dalla Corte che ha ripristinato il testo anteriore.
1.9 E’ evidente, allora, che con riguardo al caso di specie, la rideterminazione della pena
da parte della Corte territoriale, sia da considerarsi illegale in quanto esorbitante rispetto alla

in vigore) in una forbice compresa tra gli anni due e gli anni sei di reclusione e tra C 5.164,00
ed C 77.468,00 di multa.
1.10 In particolare la Corte di merito aveva ritenuto di confermare l’entità della pena
usando quale parametro di riferimento il minimo edittale come fissato nell’art. 73 del D.P.R.
309/90 nella sua formulazione stabilita per effetto della L. 49/06 (anni sei di reclusione ed C
26.000,00 di multa), attestandosi su un livello di pena coincidente con detto minimo in quanto
ritenuto congruo rispetto alla gravità dei fatti. Poiché il giudizio della Corte territoriale sì è
ancorato ad un minimo edittale oggi venuto meno per effetto della sentenza della Corte
Costituzionale, la pena come rideterminata in concreto va considerata del tutto fuori dal
sistema.
1.11 Ciò precisato, si osserva che già all’indomani delle dette modifiche normative questa
Suprema Corte ha affermato il principio (che questo Collegio condivide), secondo il quale
l’illegalità sopravvenuta della pena è rilevabile di ufficio in sede di legittimità anche nel caso di
inammissibilità originaria del ricorso, laddove quella illegalità derivi da una modifica normativa
incidente sui minimi e massimi edittale che risulti più favorevole per l’imputato (in termini Sez.
4^ 13.3.2014 n. 27600, Buonocore).
1.12 Si impone, pertanto, la necessità di annullare la decisione impugnata nella parte
relativa alla determinazione della pena, con rinvio degli atti ad altra Sezione della Corte di
Appello di Catania perché proceda a nuovo giudizio sul punto, alla luce del trattamento
sanzionatorio previsto dalla più favorevole disciplina oggi in vigore. Nel resto il ricorso va
dichiarato inammissibile.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio ad
altra Sezione della Corte di Appello di Cagliari. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma il 11 luglio 2014

D EIPDS111-“T”

pena fissata nell’art. 73 comma 4° del D.P.R. 309/90 antecedente alla L. 49/06 (oggi non più

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