Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24999 del 17/04/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 24999 Anno 2013
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: FIDELBO GIORGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Luciano Zea, nato a Castellaneta (TA) il 14.9.1940
avverso la sentenza del 9 luglio 2012 emessa dalla Corte d’appello di Torino;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere dott. Giorgio Fidelbo;
udite le richieste del sostituto procuratore generale Tindari Baglione che ha
concluso per l’annullamento della sentenza impugnata; C401
udito l’avvocato Giuseppina Sollazzo, sostituto processuale dell’avvocato Anna
Rossomando, che ha insistito per raccoglimento del ricorso.

Data Udienza: 17/04/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con la decisione in epigrafe indicata la Corte d’appello di Torino ha
confermato la sentenza del 28 settembre 2009 con cui la sezione distaccata
di Moncalieri aveva condannato Luciano Zea alla pena di un anno di reclusione
in ordine ai reati di appropriazione indebita aggravata (capo A: artt. 110, 646

Dalla sentenza si apprende che l’imputato, custode di un deposito di
veicoli, denunciava falsamente ai Carabinieri della Stazione di Nichelino di
avere subito una rapina ad opera di due giovani che si erano impossessati di
un ciclomotore Piaggio per poi allontanarsi con un’autovettura a bordo della
quale vi era anche una ragazza; dalle prime indagini e, in particolare,
dall’esame delle immagini delle telecamere poste nella zona risultava che ad
allontanarsi sul ciclomotore era stato un unico soggetto e che non vi erano
nella strada né altre persone né autovetture; quindi, l’imputato veniva
accusato di simulazione di reato, aggravato ai sensi dell’art. 61 n. 2 c.p.,
nonché del reato di appropriazione indebita, in concorso con persona non
identificata, aggravato ai sensi dell’art. 61 n. 11 c.p.

2. L’avvocato Anna Rossomando, nell’interesse dell’imputato, ha proposto
ricorso per cassazione per i motivi di seguito indicati.
Innanzitutto lamenta la mancanza di motivazione, avendo la sentenza
rinviato per relationem alla dedsione di primo grado, senza esaminare i motivi
di appello.
Inoltre, deduce l’illogicità della motivazione in quanto i giudici di merito
contestano all’imputato di aver reso dichiarazioni contrastanti, pur
riconoscendo che lo stesso, al momento in cui tali dichiarazioni rese, era in
stato di ebbrezza alcolica, situazione che avrebbe dovuto giustificare le
rilevate contraddizioni.
Sotto un profilo collegato al precedente motivo, si insiste sul vizio di
motivazione per avere desunto la responsabilità dello Zea proprio dalla
riscontrata contraddizione delle sue dichiarazioni, in particolare per avere
prima detto che la rapina sarebbe stata posta in essere da giovani albanesi,
dimostrando successivamente di non conoscere la lingua albanese, senza

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61 n. 11 c.p.) e di simulazione di reato (capo B: artt. 367, 61 n. 2 c.p.).

considerare che l’imputato ha fornito tali elementi in forma dubitativa e,
soprattutto, che si trovava in stato di alterazione psichica.
Con un altro motivo si denuncia ancora un vizio di motivazione, rilevando
la carenza di argomentazioni logiche in ordine alla ritenuta responsabilità
concorsuale dell’imputato con il presunto autore non identificato del furto del
ciclomotore, non risultando in atti alcun elemento che faccia supporre un

Inoltre, difetterebbe anche l’elemento soggettivo del reato di
appropriazione indebita.
Con riferimento alla imputazione per simulazione di reato si lamenta la
mancanza di prove in ordine all’elemento soggettivo e, inoltre, si contesta la
sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 2 c.p., in relazione alla quale
manca ogni motivazione.
Infine, si denuncia l’erronea applicazione degli artt. 133 e 62-bis c.p.,
nonché il vizio di motivazione, con riferimento alla mancata applicazione delle
circostanze attenuanti generiche e alla eccessività della pena irrogata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile.

3.1. In primo luogo deve escludersi che la sentenza impugnata non abbia
esaminato i motivi dedotti in appello, in quanto contiene una attenta
rivalutazione dei fatti che tiene conto dei rilievi critici mossi dalla difesa
dell’imputato. Infatti, il rinvio per relationem fatto alla decisione di primo
grado non ha impedito alla Corte territoriale una rivisitazione critica della
vicenda oggetto dell’impugnazione.

3.2. Manifestamente infondati sono i motivi con cui sotto differenti profili
si deduce l’illogicità della motivazione in ordine alla responsabilità
dell’imputato.
La sentenza è pervenuta alla conferma della colpevolezza di Luciano Zea,
per i reati contestatigli, sulla base dell’esame delle immagini registrate dalle
telecamere poste sulla strada, immagini del tutto inconciliabili con le
dichiarazioni rese dall’imputato, secondo cui sarebbe stato vittima di una

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accordo tra i due soggetti.

rapina da parte di due ragazzi, giunti a bordo di una autovettura, che lo
avrebbero minacciato puntandogli una pistola alla testa e si sarebbero
impossessati dei ciclomotori. Infatti, dalle registrazioni non risulta alcuna
autovettura giunta nell’autorimessa dove l’imputato svolgeva il suo turno di
vigilanza notturna, ma solo un individuo che, indisturbato, è uscito
dall’ingresso dell’autorimessa all’apertura del bandone che, una volta passato

fatto dai giudici appare assolutamente logico e coerente nel ritenere che non
vi sia stata alcuna rapina, in quanto le dichiarazioni rese dall’imputato sono
state sconfessate dalle immagini registrate; altrettanto correttamente i giudici
hanno escluso che lo stato di alterazione alcolica potesse giustificare la
condotta dell’imputato, dal momento che questi è stato comunque in grado di
fornire, nell’immediatezza, una serie di elementi anche dettagliati sulla
vicenda, indicando il numero dei presunti rapinatori, l’età, il colore
dell’autovettura, dichiarazioni ripetute, sebbene con alcune contraddizioni,
anche il giorno successivo davanti agli stessi Carabinieri.
Si tratta di una motivazione che non presenta margini di illogicità
manifesta, ma che, anzi, appare supportata da elementi indiziari che
posseggono i caratteri della gravità, precisione e concordanza per affermare
che l’imputato non ha subito alcuna rapina e che la denuncia di furto
presentata ai Carabinieri è da ritenere simulata, perché destinata ad occultare
la sottrazione del ciclomotore avvenuta con la complicità dello stesso Zea.
Conseguentemente, sulla base di tale motivazione, devono ritenersi del
tutto infondate le censure in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo
dei reati in questione, come pure il motivo con cui si contesta l’aggravante di
cui all’art. 61 n. 2 c.p.

3.3. Inammissibili sono anche i motivi con cui si lamenta l’eccessività
della pena e la mancata applicazione delle attenuanti generiche: la sentenza
ha espressamente motivato la scelta in materia sanzionatoria mettendo in
rilievo la quantità e la natura dei precedenti penali dell’imputato, che hanno
imposto una valutazione negativa sulla sua personalità.

4. All’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché a

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il motorino, si è regolarmente richiuso. Per cui il ragionamento deduttivo

versare in favore della cassa delle ammende una somma di denaro, che si
ritiene equo determinare in euro 1.000,00.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento

delle ammende.
Così deciso il 17 aprile 2013

Il Consigli re estensore

Il Presidente

delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa

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