Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24997 del 17/04/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 24997 Anno 2013
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: FIDELBO GIORGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Anna Rita Salvatore, nata a Ripa Teatina (CH) il 24.7.1961
avverso la sentenza del 24 settembre 2010 emessa dalla Corte d’appello
dell’Aquila;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere dott. Giorgio Fidelbo;
udite le richieste del sostituto procuratore generale Tindari Baglione che ha
concluso per il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 17/04/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con la decisione in epigrafe indicata la Corte d’appello dell’Aquila ha
confermato la sentenza dell’E; maggio 2008 con cui il Tribunale di Chieti,
sezione distaccata di Ortona, aveva condannato Anna Rita Salvatore alla pena
di tre anni di reclusione in ordine al reato di calunnia, per avere denunciato

legittimamente a Donato Di Pietro ed emessi a favore della moglie, Maria
Pasetti, in pagamento del canone di locazione per un immobile, in questo
modo accusando indirettamente la Pasetti di ricettazione dei titoli di credito;
con la stessa sentenza l’imputata era stata anche condannata a risarcire il
danno alla parte civile, liquidato in complessivi euro 7.000,00.

2. L’imputata, tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per
cassazione denunciando l’erronea applicazione della legge penale e la
manifesta illogicità della motivazione.
In particolare, con il primo motivo ha dedotto l’erronea applicazione
dell’art. 368 c.p., rilevando che il reato di calunnia non può ritenersi intergrato
con la semplice falsa denuncia di smarrimento, essendo necessaria la
presentazione del titolo di credito all’incasso, in quanto è in quel momento
che si profila la commissione del reato – appropriazione di cose smarrite
ovvero ricettazione – da parte del presentatore. Nella specie, si sostiene, che
dei tre assegni consegnati a Donato Di Pietro questi non abbia mai tentato di
incassarli, ad eccezione di uno solo, che però gli venne immediatamente
restituito dall’impiegato della banca, sicché deve escludersi che si sia mai
ipotizzato a suo carico uno dei reati conseguenti alla falsa denuncia di
smarrimento.
Con il secondo motivo ha denunciato l’insussistenza del reato per
mancanza dell’elemento psicologico: secondo la ricorrente mancherebbe nella
fattispecie concreta la consapevolezza della concreta lesività del fatto e la
volontà di determinare l’inizio di un procedimento penale a carico
dell’accusata. La denuncia sarebbe stata determinata dalla confusa gestione
dei propri affari, non essendosi resa conto di avere emesso quegli assegni in
favore della Pasetti.

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falsamente lo smarrimento di tre assegni bancari, in realtà consegnati

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato.

3.1. Quanto al primo motivo si osserva che il delitto di calunnia è
integrato anche se la falsa denuncia di smarrimento dell’assegno bancario

smarrimento l’autore preavverte l’autorità che la riceve su possibili reati
commessi da chi verrà scoperto a detenerlo. In questo modo essa costituisce
l’espediente per bloccare la circolazione del titolo, in quanto il denunziante è
consapevole di simulare una circostanza idonea a far sì che il soggetto, al
quale ha trasmesso l’assegno e che in buona fede lo girerà o lo porrà
all’incasso, potrà essere perseguito d’ufficio per ricettazione (Sez. VI, 7
febbraio 2008, n. 10400, Carlisi; Sez. VI, 24 settembre 2002, n. 33556,
Bonafede).
Ed è quanto accaduto nel caso di specie, in cui l’imputata ha denunciato
lo smarrimento degli assegni emessi a favore di Maria Pasetti in pagamento
del canone di locazione, che erano stati consegnati al marito di quest’ultima,
Donato Di Pietro. La circostanza evidenziata nel ricorso, secondo cui i
legittimi prenditori dei titoli non li avrebbero posti all’incasso – ad eccezione di
un assegno -, è irrilevante ai fini della sussistenza del reato di calunnia, che si
è consumato con la presentazione della denuncia all’autorità di polizia.

3.2. Infondato è anche l’altro motivo, con cui la ricorrente contesta la
presenza dell’elemento soggettivo della calunnia.
Sul punto le sentenze di merito hanno evidenziato una serie di elementi
che portano ad escludere che la denuncia sia stata presentata per mero
errore: in particolare, la sentenza di primo grado, la cui motivazione integra
quella della decisione oggetto di impugnazione, ha evidenziato che la
Salvatore aveva mostrato sempre maggiori difficoltà nel rispettare le
scadenze di pagamento del canone di locazione in favore della Pasetti, a volte
consegnando assegni bancari di cui chiedeva di non procedere all’incasso
immediato, sicché, nella ricostruzione delle sentenze, la denuncia di
smarrimento costituisce l’ultimo tentativo dell’imputata di sottrarsi al
pagamento dei canoni, nella consapevolezza di non poter chiedere altre

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preceda la negoziazione del titolo, in quanto con la falsa dichiarazione di

dilazioni. Ricostruzione questa che appare del tutto logica e che acquista
maggiore coerenza se si considera che gli assegni in questione sono stati
consegnati al marito della Pasetti nell’agosto del 2006 e che la denuncia di
smarrimento è stata presentata nello stesso mese, in data 24.8.2006: la
coincidenza temporale tra consegna degli assegni e denuncia è un elemento
che i giudici di merito hanno ritenuto rilevante per escludere la buona fede

una situazione di errore ragionevole ovvero di dubbio in ordine alla consegna
degli assegni le sentenza hanno correttamente ritenuto sussistente il dolo nel
delitto di calunnia.

4. L’infondatezza dei motivi dedotti determina il rigetto del ricorso con la
condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 17 aprile 2013

Il Consig e estensore

Il Presidente

ovvero l’errore dell’imputata. Una volta escluso che l’imputata si sia trovata in

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