Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24954 del 22/05/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 24954 Anno 2013
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:
Persano Salvatore, nato a Santa Cesarea Terme il 12.9.1966;
Primitivo Caterina, nata a Poggiardo il 16.11.1978;
avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce, sezione 2^ penale, in
data 24.5.2012.
Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Piercamillo Davigo.
Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, Luigi Riello, il quale
ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile,

Data Udienza: 22/05/2013

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ritenuto in fatto
Con sentenza del 15.2.2010, il Tribunale di Lecce, Sezione distaccata
di Maglie, fra l’altro, dichiarò Persano Salvatore e Primitivo Caterina
responsabili del reato di truffa e — concesse le attenuanti generiche —
condannò ciascuno alla pena di anni di anni 1 mesi 4 reclusione ed 600,00
di multa, pena sospesa.
la Corte d’appello di Lecce, con sentenza del 24.5.2012, in parziale riforma
della decisione di primo grado, fra l’altro, ridusse la pena per ciascuno dei
predetti a mesi 6 di reclusione ed E 60,00 di multa, non menzione per la
Primitivo.
Ricorrono per cassazione i difensori degli imputati.
Il difensore di Persano Salvatore deduce:
1. vizio di motivazione in relazione alla ritenuta tempestività della querela; la
Corte di merito ha ritenuto che non sarebbe stata raggiunta la prova in
merito alla data di ricevimento della richiesta di finanziamento datata
17.2.2006 da parte della persona offesa Clericò Peppina sull’assunto non
veritiero che la persona offesa avrebbe dichiarato di aver ricevuto l’atto di
diffida nell’aprile 2006; tale assunto è smentito dal verbale di udienza;
2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di
responsabilità per il reato di truffa di cui mancherebbe l’elemento
oggettivo difettando il danno patrimoniale, quand’anche si dovesse
ammettere l’esistenza dell’induzione in errore, avendo escluso la
persona offesa di aver pagato alcunché;
3. violazione di legge in relazione all’affermazione di responsabilità basata
sulle dichiarazioni della persona offesa non sottoposte ad un rigoroso
vaglio di attendibilità; vi sarebbero contraddizioni ed illogicità e
mancherebbero i riscontri esterni; in particolare vi sarebbe
contraddizione fra l’asserzione di aver firmato ed il disconoscimento delle
firme;
4. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato
riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod.
pen. sull’assunto della rilevanza anche del danno morale.

Avverso tale pronunzia i predetti ed altra imputata proposero gravame e

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Il difensore di Primitivo Caterina deduce violazione di legge e vizio di
motivazione in quanto non sarebbe stata raggiunta la prova del reato
contestato e comunque della concreta e cosciente partecipazione ad esso
dell’imputata; sarebbe sorprendete il disconoscimento delle sottoscrizioni ad
opera della Clericò; in ogni caso avrebbe dovuto essere disposta una perizia

grafica. In ogni caso la Primitivo sarebbe estranea ai fatti.

Considerato in diritto

Il primo motivo di ricorso proposto nell’interesse di Persano Salvatore è
manifestamente infondato ed in parte generico.
L’onere della prova dell’intempestività della querela incombe a chi lo
deduce, sicché l’eventuale situazione di incertezza va risolta a favore del
querelante. (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 35122 del 24/06/2003 dep.
04/09/2003 Rv. 226327. Nella specie non si è ritenuta prova sufficiente alla
dimostrazione della piena conoscenza del fatto da parte del titolare del diritto
di querela l’acquisizione al processo dei tabulati TELECOM relativi a
telefonate che lo avrebbero reso edotto del reato consumato in suo danno).
La Corte territoriale ha fatto riferimento alla esposizione dei fatti
contenuta nella querela stessa al fine di valutarne la tempestività.
Nel ricorso si contesta tale ricostruzione indicando le dichiarazioni della
persona offesa, ma le stesse non sono allegate al ricorso e ciò lo rende
generico.
È infatti inammissibile il ricorso per cassazione che deduca il vizio di
manifesta illogicità della motivazione e, pur richiamando atti specificamente
indicati, non contenga la loro integrale trascrizione o allegazione e non ne
illustri adeguatamente il contenuto, così da rendere lo stesso autosufficiente
con riferimento alle relative doglianze. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 11910 del
22.1.2010 dep. 26.3.2010 rv 246552).
Il secondo ed il terzo motivo di ricorso proposti nell’interesse di Persano
Salvatore ed il ricorso proposto nell’interesse di Primitivo Caterina sono
manifestamente infondati ed in parte sono mera reiterazione dei motivi di

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1.1^

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appello senza adeguata confutazione delle argomentazioni spese dalla Corte
di merito.
La Corte territoriale ha infatti chiarito che ciò che le difese hanno
qualificato come disconoscimento delle firme è in realtà solo la negazione da
parte della persona offesa di una consapevole sottoscrizione del secondo
contratto di acquisto, sicché appariva superflua la perzia grafica richiesta (p.
3 sentenza impugnata).
La Corte d’appello ha peraltro rilevato che il nucleo essenziale del

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racconto della persona offesa è stato confermato dalle stesse dichiarazioni
degli imputati (p. 3 sentenza impugnata).
Peraltro la sentenza impugnata ha ricostruito la condotta di entrambi gli
imputati e l’evento verificatosi, cioè la stipulazione di un contratto oneroso
per la persona offesa a seguito di induzione in errore della stessa.
Il quarto motivo di ricorso proposto nell’interesse di Persano Salvatore è
manifestamente infondato.
A prescindere dal superfluo rilievo al danno morale, vi è il richiamo
all’assunzione da parte della persona offesa dell’obbligo di versare 12 rate
mensili dell’importo di E 259,40, sicché correttamente la Corte d’appello ha
escluso che fosse configurabile un danno patrimoniale di speciale tenuità
I ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibili i ricorsi, gli imputati che li hanno proposti devono
essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonché —
ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità — ciascuno al pagamento a favore della Cassa delle
ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione
dei motivi dedotti.

P.Q.M.

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1

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,

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno al versamento della somma di euro mille alla
Cassa delle ammende.
Così deliberato in data 22.5.2013.

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