Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24953 del 22/05/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 24953 Anno 2013
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Sala Francesco, nato a Pescara il 25.7.1964,
avverso la sentenza della Corte d’appello dell’Aquila, sezione penale, in data
27.1.2012.
Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Piercamillo Davigo.
Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, dott. Luigi Riello, il
quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
Udito il difensore, Avv. Fernando Rucci, il quale ha concluso per
l’accoglimento del ricorso,

Data Udienza: 22/05/2013

ritenuto in fatto
Con sentenza del 27.4.2006, il G.U.P. del Tribunale di Pescara, fra
l’altro, dichiarò Saia Francesco responsabile dei reati di ricettazione (così
riqualificato il reato di riciclaggio contestato al capo s) e di reimpiego di beni
di provenienza illecita (capo u) e — concesse le attenuanti generiche
equivalenti alla circostanza aggravante di cui all’art. 648 ter comma 2 cod.

pen, con la diminuente per il rito abbreviato — lo condannò alla pena di anni 3
mesi 8 di reclusione ed € 2.400,00 di multa.
Avverso tale pronunzia l’imputato (insieme ad altra imputata) propose
gravame e la Corte d’appello dell’Aquila, con sentenza del 27.1.2012, in
parziale riforma della decisione di primo grado, dichiarò non doversi
procedere in ordine al reato di cui al capo s perché estinto per prescrizione e
determinò la pena nei confronti di Sala per il delitto di cui al capo u in anni 2
mesi 8 di reclusione ed € 2.000,00 di multa, pena condonata.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo:
1. vizio di motivazione in relazione

fin -“rt-irdzior
—A al diniego della

circostanza attenuante di cui all’art. 648 ter comma 3 cod. pen.,
negata sull’assunto che l’episodio si inquadrava in un contesto di
indubbia gravità e che l’imputato era protagonista di una studiata ed
organizzata attività di ricettazione di medicinali di provenienza illecita
da collocare sul mercato; ciò sarebbe in contrasto con l’assoluzione di
Saia da quasi tutti i reati tranne quelli oggetto del giudizio di appello;
quanto alla declaratoria di prescrizione non potrebbe essere ritenuto
provato l’altro reato; non sussisterebbe l’aggravante di aver
commesso il fatto nell’esercizio di un’attività professionale;
2. violazione di legge in relazione all’aver la Corte territoriale affermato
che comunque, pur in presenza della circostanza attenuante esclusa,
il reato non sarebbe stato prescritto né con la vecchia né con la nuova
disciplina.

2

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 606 Gomma 3 cod. proc. pen.
non essendo stata dedotta con i motivi di appello la questione relativa
all’applicabilità della circostanza attenuante di cui all’art. 648 ter comma 3
cod. pen. e perché svolge censure di merito.
seguito di sollecitazione avvenuta ad opera della difesa in sede di
discussione.
È infatti inammissibile il motivo di impugnazione con cui venga dedotta
una violazione di legge che non sia stata eccepita nemmeno con l’atto di
appello, non avendo l’intervenuta trattazione della questione da parte del
giudice di secondo grado efficacia sanante “ex pose’. (Cass. Sez. 3,
Sentenza n. 21920 del 16/05/2012 dep. 07/06/2012 Rv. 252773).
È valutazione di merito la sussistenza di attività professionale da parte
dell’imputato.
La inammissibilità del primo motivo di ricorso rende manifestamente
infondato il secondo motivo, non essendo maturata la prescrizione.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché —
ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità — al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deliberato in data 22.5.2013.

È irrilevante che la Corte territoriale si sia pronunziata sul punto a

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