Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24952 del 22/05/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 24952 Anno 2013
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Cipolla Cristian, nato a Palermo il 7.8.1986;
Cipolla Vincenzo, nato a Termini Imerese il 4.2.1957;
avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo, sezione 2^ penale, in
data 4.6.2012.
Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Piercamillo Davigo.
Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, dott. Luigi Riello, il
quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
Udito il difensore, Aw. Cinzia Sperandei in sostituzione dell’Avv. Armando
Zampardi, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso,

Data Udienza: 22/05/2013

,

ritenuto in fatto

Con sentenza del 22.2.2010, il Tribunale di Palermo, fra l’altro, dichiarò
Cipolla Cristian e Cipolla Vincenzo responsabili dei reati di truffa consumata
e tentata unificati sotto il vincolo della continuazione e — concesse le
attenuanti generiche — condannò ciascuno alla pena di anni 2 mesi 2 di

reclusione ed E 800,00 di multa.
Avverso tale pronunzia anche i predetti imputati proposero gravame e
la Corte d’appello di Palermo, con sentenza del 4.6.2012, in parziale riforma
della decisione di primo grado, fra l’altro, concesse a Cipolla Cristian le
attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti, ridusse la pena inflitta al
predetto ad anni 1 mesi 5 di reclusione ed E 500,00 di multa, confermando la
pronunzia del Tribunale per Cipolla Vincenzo.
Ricorre per cassazione il difensore degli imputati menzionati
deducendo:
per Cipolla Cristian:
1. vizio di motivazione in quanto non sarebbe specificato in che cosa sia
consistita la condotta del ricorrente in relazione alle truffe consumate e
tentate dal coimputato Visita Michele ed in particolare rispetto alla
ricezione dei moduli per assegni rubati che Visita, secondo l’accusa,
avrebbe acquistato su indicazione di Cipolla Vincenzo; il ragazzo,
studente universitario, avrebbe coadiuvato il padre nei momenti liberi
dallo studio e non è precisato il suo ruolo nella truffa perpetrata da
Visita in danno di Frittita per procurarsi le prime partite d’olio; Visita ha
parlato solo dell’ultimo tentativo non andato a buon fine come di una
partita d’olio che nelle sue intenzioni era da consegnare a Cipolla
Vincenzo a fronte di un debito; quanto alla ricettazione nessuna
indicazione vi è rispetto a Cipolla Cristian; quanto all’attendibilità di
Visita i motivi per assecondare gli inquirenti sono molteplici, fra cui
l’aspettativa di non assolvere il suo debito;
2. mancanza di motivazione in relazione alla non concessione del
beneficio della sospensione condizionale della pena;

2

per Cipolla Vincenzo:
1. vizio di motivazione in relazione alla ritenuta attendibilità di Visita
ed in assenza di riscontri; sarebbe inverosimile che un soggetto
come costui, condannato per numerosi analoghi episodi dovesse
rivolgersi a Cipolla Vincenzo per sapere chi vendesse moduli per
assegni rubati; sarebbe inverosimile che tali moduli siano stati
pagati 250,00 euro ciascuno; non sarebbe riscontro

individualizzante per Cipolla Vincenzo il fatto che gli assegni
provengano dal medesimo libretto rubato a Nicosia Enrico, anzi
ciò proverebbe che Visita ha utilizzato i primi due moduli per i
suoi scopi che nulla hanno a che fare con il rapporto debitorio
verso Cipolla Vincenzo; approssimativi sarebbero i conteggi;
Visita non fa cenno che due forniture siano stato girate a Cipolla
Vincenzo; non sarebbe riscontro il fatto che Cipolla Cristian
avesse le chiavi del magazzino di via Castelforte dove era stata
depositata la merce;
2. vizio di motivazione in relazione al diniego delle attenuanti
generiche.
Considerato in diritto

Il primo motivo di ricorso proposto nell’interesse di Cipolla Cristian ed il
primo motivo di ricorso proposto nell’interesse di Cipolla Vincenzo sono
manifestamente infondati e svolgono censure di merito.
In punto di attendibilità delle dichiarazioni di Visita Michele la Corte
territoriale ha argomentato sia richiamando la motivazione della sentenza di
primo grado, sia rilevando l’assenza di qualsiasi motivo di astio del predetto
verso i Cipolla. L’aspettativa di non pagare il debito verso Cipolla Vincenzo è
mera congettura del difensore, dal momento che non consta neppure essere
stata allegata dai due Cipolla. L’affermazione di Visita, autore di altri reati
della stessa specie, di aver dovuto ricorrere ad indicazioni di Cipolla
Vincenzo per ottenere i moduli per assegno è stata ritenuta verosimile alla

3

luce della considerazione che per i precedenti fatti era ricorso ad un diverso
fornitore (Baucina Salvatore).
Quanto ai riscontri, oltre a quelli relativi al fatto, la Corte territoriale ha
richiamato nella sentenza impugnata anche quelli individualizzanti ravvisati in
quanto percepito dagli operanti circa la presenza di Cipolla Cristian e
dall’essere stata la versione difensiva dei due Cipolla smentita dal fatto che
le chiavi in posse di Cipolla Cristian non erano quelle di del magazzino sito in

via Mater Dolorosa 44, ma del locale di via Castelforte n. 5.
In tale motivazione non si ravvisa alcuna manifesta illogicità che la
renda sindacabile in questa sede.
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione
non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la
migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la
giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia
compatibile con il senso comune e con “i limiti di una plausibile opinabilità di

apprezzamento”, secondo una formula giurisprudenziale ricorrente. (Cass.
Sez. 5^ sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745, Cass., Sez.
2^ sent. n. 2436 del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).
Del resto va ricordato che il vizio di motivazione implica o la carenza di
motivazione o la sua manifesta illogicità.
Sotto questo secondo profilo la correttezza o meno dei ragionamenti
dipende anzitutto dalla loro struttura logica e questa è indipendente dalla
verità degli enunciati che la compongono.
Il secondo motivo di ricorso proposto nell’interesse di Cipolla Cristian è
manifestamente infondato.
La sospensione condizionale della pena non è stata richiesta nei motivi
di appello ed il giudice di appello non è tenuto a concedere d’ufficio la
sospensione condizionale della pena quando l’interessato non ne formuli
alcuna richiesta di applicazione né nell’atto di impugnazione, né in sede di
discussione, sicché il mancato riconoscimento del beneficio non costituisce
violazione di legge e non configura mancanza di motivazione. (Cass. Sez. 4,
Sentenza n. 43113 del 18/09/2012 Ud. dep. 07/11/2012 Rv. 253641).
Il secondo motivo di ricorso proposto nell’interesse di Cipolla Vincenzo
è manifestamente infondato.
4

Va ricordato che ai fini della concessione o del diniego delle
circostanze attenuanti generiche è sufficiente che il giudice di merito prenda
in esame quello, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., che ritiene
prevalente ed atto a determinare o meno la concessione del beneficio; ed
anche un solo elemento che attiene alla personalità del colpevole o all’entità
del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente per
negare o concedere le attenuanti medesime. (Cass. Sez. 2″ sent. n. 4790

del 16.1.1996 dep. 10.5.1996 rv 204768).
Nel caso di specie tale elemento è stato indicato nella gravità del fatto
e del danno cagionato alla persona offesa oltre che nel ruolo preponderante
svolto nella vicenda di Cipolla Vincenzo e, secondo l’orientamento di questa
Corte condiviso dal Collegio, in tema di diniego della concessione delle
attenuanti generiche, la “ratio” della disposizione di cui all’art. 62 bis cod.
pen. non impone al giudice di merito di scendere alla valutazione di ogni
singola deduzione difensiva, dovendosi, invece, ritenere sufficiente che
questi indichi, nell’ambito del potere discrezionale riconosciutogli dalla
legge, gli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla
concessione delle attenuanti. (Cass. Sez. 4″ sent. n. 08052 del 6.4.1990
dep. 1.6.1990 rv 184544).
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, gli imputati che lo hanno proposto devono
essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché —
ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità — ciascuno al pagamento a favore della Cassa delle
ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione
dei motivi dedotti.

P.Q.M.

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Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno al versamento della somma di euro mille alla
Cassa delle ammende.

Cosi deliberato in data 22.5.2013.

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