Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24942 del 22/05/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 24942 Anno 2013
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA

Sul ricorso proposto dalla parte civile Carro Filippo, nato 1’11/8/1961, in
proprio e nella qualità di legale rappresentante della Società Marconi
Impianti s.r.l. nei confronti di
Costantino Mario, nato a Messina il 14/6/1959,
avverso la sentenza 3/2/2012 della Corte d’appello di Messina, sezione
penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Luigi Riello , che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
udito per la parte civile, l’avv. Salvatore Papa che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;
udito per l’imputato, l’avv. Nicola Giacobbe, che ha concluso per la
conferma della sentenza impugnata;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 3/2/2012, la Corte di appello di Messina,

Data Udienza: 22/05/2013

confermava la sentenza del del Gup presso il Tribunale di Messina (appellata
dall’imputato, dal P.G. e dalla parte civile), in data 8/6/2009, che aveva
assolto Costantino Mario dai reati di appropriazione indebita aggravata in
danno della Marconi Impianti s.r.l. della somma di C.765.700, di truffa, falso,
ricettazione ed esercizio abusivo della professione in concorso con Calarese
Daniela, giudicata separatamente.
La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello

dal P.G. e dalla parte civile, richiamando la motivazione della sentenza di
primo grado, alla quale aderiva in toto, osservando che dopo il 2001, lo
studio di commercialista era stato gestito esclusivamente dalla ex moglie
del prevenuto, la quale aveva riportato condanna per i medesimi fatti in
contestazione in separato giudizio.
3.

Avverso tale sentenza propone ricorso, ai soli effetti civili, la parte

civile, Carro Filippo, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della
Società Marconi Impianti s.r.l. deducendo violazione di legge, illogicità
manifesta e contraddittorietà della motivazione per travisamento della
prova sotto molteplici profili.
Al riguardo si duole che la Corte territoriale non abbia tenuto in alcun conto
le censure sollevate dal P.G. ricorrente e dalla parte civile che indicavano
specifici elementi di prova dai quali si desumeva che il Costantino era a
conoscenza dell’attività professionale abusivamente svolta dalla moglie e
collaborava con la stessa. Inoltre deteneva i libri contabili della società
Marconi Impianti.
Eccepisce che i giudici del merito hanno travisato la prova testimoniale
fornita dalla testimonianza delle impiegate di studio del Costantino, la
Cardea, la Mondello, la De Leo, la Sancì, che hanno confermato che lo
studio era gestito da entrambi i coniugi e che i rapporti si sono interrotti
soltando dal settembre 2005.
Infine si duole che la Corte ha palesemente errato nel ritenere
contraddittori gli elementi di prova a carico del Costantino, giungendo a
travisare completamente le risultanze processuali.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2

2.

1.

Il

ricorso

è

inammissibile

per

carenza

del

requisito

dell’autosufficienza.

2.

Secondo l’insegnamento di questa Corte, il ricorso per cassazione

con cui si lamenta la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità
della motivazione per l’omessa valutazione di circostanze acquisite agli atti
non può limitarsi, pena l’inammissibilità, ad addurre l’esistenza di atti
provvedimento impugnato ovvero non correttamente od adeguatamente
interpretati dal giudicante, ma deve, invece:
a) identificare l’atto processuale cui fa riferimento;
b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto
emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella
sentenza;
c) dare la prova della verità dell’elemento fattuale o del dato probatorio
invocato, nonchè della effettiva esistenza dell’atto processuale su cui tale
prova si fonda;
d) indicare le ragioni per cui l’atto inficia e compromette, in modo decisivo,
la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di
radicale “incompatibilità” all’interno dell’impianto argomentativo del
provvedimento impugnato. (Cass.

Sez. 6, Sentenza n. 45036 del

02/12/2010 Ud. (dep. 22/12/2010) Rv. 249035).

3.

Nel caso di specie la parte civile ricorrente si duole che i giudici del

merito non abbiano valutato una serie di circostanze emerse agli atti, fra le
quali le deposizioni testimoniali delle impiegate dello studio commerciale, e
quindi siano pervenuti a conclusioni contraddittorie rispetto agli elementi
probatori acquisiti che sarebbero stati sostanzialmente omessi o travisati.
Date queste premesse, il ricorso è carente dei requisiti sopra indicati
(soprattutto quello sub c) in quanto gli atti che si assumono travisati o
ignorati non sono stati né allegati, né interamente riprodotti. In assenza di
tali elementi, le censure della parte civile ricorrente postulano un
intervento di questa Corte in sovrapposizione argomentativa rispetto alle
conclusioni assunte dai giudici del merito, come tale inammissibile.

processuali non esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del

4.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

dichiara inammissibile il ricorso, la parte che lo ha proposto deve essere
condannata al pagamento delle spese del procedimento. Nel caso di specie,
non ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, deve escludersi l’ulteriore condanna al pagamento di una

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso, il 22 maggio 2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

somma a favore della Cassa delle ammende.

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