Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24940 del 23/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 24940 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: FIANDANESE FRANCO

SENTENZA
sul ricorso
Jovica,

nato

proposto nell’interesse di

Dinic

in Francia il 26.8.1971, avverso la

sentenza della Corte di Appello di Roma, in data 28
giugno 2012, di conferma della sentenza del
Tribunale di Roma, in data 28 marzo 2007;
Visti gli atti, la sentenza denunziata e il
ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione svolta dal
consigliere dott. Franco Fiandanese;
Udito il pubblico ministero in persona del
sostituto procuratore generale dott.

Carmine

Stabile, che ha concluso per l’inammissibilità del

1

Data Udienza: 23/04/2013

ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Roma, con sentenza in data
28 giugno 2012, confermava la condanna pronunciata

anni uno mesi quattro di reclusione ed euro 800 di
multa nei confronti di Dinic Jovica, dichiarato
colpevole del delitto di ricettazione di un
orologio.
Propone ricorso per cassazione il difensore
dell’imputato, deducendo manifesta illogicità della
motivazione,

in quanto al momento del fatto non vi

era una denuncia di furto o di smarrimento, così
che

non risulterebbe provata la consapevolezza

della provenienza delittuosa del bene. Infatti, la
persona offesa ha dichiarato di avere indossato
l’orologio l’ultima volta nell’aprile 2003 e
l’imputato di averlo ricevuto da un amico nel mese
di febbraio 2003.
MOTIVI DELLA DECISIONE

I motivi del ricorso sono manifestamente infondati
ovvero non consentiti nel giudizio di legittimità e

devono

essere

dichiarati inammissibili: sono

manifestamente infondati per la parte in cui
contestano l’illogicità della giustificazione della

2

il 28 marzo 2007 dal Tribunale di Roma alla pena di

decisione, che, invece, è corrispondente a corretti
criteri di logica; non consentiti per la parte in
cui pretendono di valutare, o rivalutare, gli
elementi processualmente emersi al fine di trarre
proprie conclusioni in contrasto con quelle del

giudice del merito chiedendo alla Corte di
legittimità un giudizio di fatto che non le
compete.
Occorre ribadire, secondo il costante insegnamento
di questa Suprema Corte, che esula dai poteri della
Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli
elementi di fatto posti a fondamento della
decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva,
riservata al giudice di merito, senza che possa
integrare il vizio di legittimità la mera
prospettazione di una diversa, e per il ricorrente
più adeguata, valutazione delle risultanze
processuali (per tutte: Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n.
6402, Dessimone, riv. 207944).
1 motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una
inammissibile ricostruzione dei fatti mediante
criteri di valutazione diversi da quelli adottati
dal giudice di merito, il quale, con motivazione
ampia ed esente da vizi logici e giuridici, ha
espresso il suo convincimento in merito alla non

3

I

credibilità dell’affermazione dell’imputato di
avere avuto in regalo l’orologio da persona non
rintracciabile, non solo per la mancanza di
riscontri, ma anche per il notorio valore di un

impugnata ha rilevata che la suddetta affermazione
si rivela falsa “avendo Abate Antonio dichiarato
nel corso delle indagini preliminari, ed in
particolare nell’escussione avvenuta il l ° aprile
2004, di avere indossato l’orologio Patek Philippe
per l’ultima volta il 30 aprile 2003 e, dunque, in
epoca addirittura successiva al febbraio 2003,
allorché, secondo il Dinic, lo Jovanovic Paulo gli
avrebbe regalato l’orologio medesimo”.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p.,
valutati i profili di colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità emergenti

dal

ricorso, al versamento della somma, che si ritiene
equa, di euro 1000,00 a favore della cassa delle
ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali e

4

orologio Patek Philippe. Inoltre, la sentenza

della somma di euro 1000,00 alla cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma il 23 aprile 2013.

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