Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24935 del 23/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 24935 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: FIANDANESE FRANCO

SENTENZA
sul ricorso proposto da Sciarrino Giuseppe, nato a
Napoli il 31.7.1978, avverso la sentenza della
Corte di Appello di Milano, in data 2 marzo 2012,
di conferma della sentenza del G.U.P. del Tribunale
di Milano, in data 21 giugno 2011;
Visti gli atti, la sentenza denunziata e il
ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione svolta dal
consigliere dott. Franco Fiandanese;
Udito il pubblico ministero in persona del
sostituto procuratore generale dott.

Carmine

Stabile, che ha concluso per l’inammissibilità del

Data Udienza: 23/04/2013

r

ricorso.
Udito il difensore, avv. Giuseppe Lombardo, che ha
chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

2 marzo 2012, confermava la condanna pronunciata il
21 giugno 2011 dal G.U.P. del Tribunale di Milano
alla pena di anni quattro mesi quattro di
reclusione ed euro 2.400 di multa nei confronti di
Sciarrillo Giuseppe, dichiarato colpevole dei
delitti di rapina aggravata e ricettazione.
Propone

ricorso

l’imputato

personalmente,

deducendo:

1) Violazione dell’art. 420 ter c.p.p. in relazione
agli artt. 127, 441, 599 c.p.p. e agli artt. 177,
178, lett. C), e 179 c.p.p.

Il ricorrente lamenta il rigetto dell’istanza

di

rinvio per legittimo impedimento del difensore
all’udienza del 2 marzo 2012 davanti alla Corte di
Appello nelle forme dell’art. 599 c.p.p., ritenendo
che sia contrario ai principi del giusto processo
ritenere irrilevante tale impedimento e che il
suddetto rigetto abbia

violato l’art. 420 ter

c.p.p., ponendo in essere una nullità di ordine
generale assoluta e insanabile.

2

La Corte di Appello di Milano, con sentenza in data

2)

violazione dell’art. 360 c.p.p. in

relazione

agli artt. 189 e 191 c.p.p., nonché mancanza

e

illogicità della motivazione.
Il ricorrente sostiene la inutilizzabilità degli
accertamenti dattiloscopici effettuati da un agente

necessario dare avviso all’indagato e al suo
difensore sia perché gli inquirenti avrebbero
dovuto nominare un consulente tecnico o il giudice
del merito avrebbe dovuto nominare un perito. Il
ricorrente sottolinea che la eccezione di
inutilizzabilità era stata dedotta prima della
scelta del rito abbreviato.
3)

violazione di legge e difetto di motivazione in

relazione alla mancata

riqualificazione del fatto

nel delitto di cui all’art. 624 bis c.p.
Il ricorrente afferma che l’orologio era stato
sottratto alla persona offesa strappandolo dal
polso senza produrre lesioni fisiche alla stessa.

moTrvi DELLA DECISIONE
I motivi del ricorso sono infondati e devono essere
rigettati.
Il motivo di ricorso con il quale si deduce la
inosservanza di norme processuali è infondato alla
luce della costante giurisprudenza di questa

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della polizia scientifica, sia perché sarebbe stato

Suprema Corte, la quale ha affermato il seguente
principio di diritto, che il collegio condivide:
“Al procedimento camerale del giudizio abbreviato
di appello non si applica l’art. 420-ter, comma

procedimento in caso di impedimento del difensore.
(In motivazione la Corte ha chiarito che, nella
menzionata udienza camerale, la presenza delle
parti è facoltativa e solo per l’imputato è
espressamente previsto, dall’art. 599 comma
secondo, cod. proc. pen., che, ove abbia
manifestato la volontà di presenziare alla udienza,
questa deve essere rinviata in caso di suo
legittimo impedimento) (da ultimo: Sez. l, n. 6907
del 24/11/2011 – 22/02/2012, Ganceanu, Rv. 252401).
Anche il motivo di ricorso concernente la dedotta
inutilizzabilità degli accertamenti dattiloscopici
è infondato, in applicazione dei seguenti pacifici
principi giurisprudenziali: L’attività di
individuazione

e

rilevamento

delle

impronte

dattiloscopico-papillari, risolvendosi in
operazioni urgenti non ripetibili di natura
meramente materiale, rientra nella disciplina di
cui all’art. 354, comma 2, cod proc. pen. e non in
quella concernente gli accertamenti tecnici non

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quinto, cod. proc. pen., che impone il rinvio del

ripetibili di cui agli artt. 359 e 360 cod. proc.
pen., i quali presuppongono attività di carattere
valutativo su base tecnico-scientifica ed impongono
il rispetto del contraddittorio e delle correlate
garanzie difensive (Sez. 2, n. 5779 del 27/10/1998

del 17/03/2004, Puce, Rv. 228864; Sez. l, n. 28848
del 11/06/2009, Dedej, Rv. 244295); La comparazione
delle impronte prelevate con quelle già in possesso
della polizia giudiziaria non richiede particolari
cognizioni tecnico-scientifiche e si risolve in un
mero accertamento di dati obiettivi, ai sensi
dell’art. 354 cod. proc. pen., sicché il suo
svolgimento non postula il rispetto delle formalità
previste dall’art. 360 cod. proc. pen.. Ne consegue
che, qualora colui che abbia svolto attività di
comparazione sia sentito in dibattimento e
riferisca in ordine alla medesima, il giudice non è
tenuto a disporre perizia, potendosi attenere alle
emergenze esposte dal dichiarante (Sez. 5, n. 16959
del 09/02/2010, Costache, Rv. 246872).
Il motivo di ricorso con il quale si lamenta la
mancata riqualificazione del fatto ai sensi
dell’art. 624 bis c.p. è manifestamente infondato
per la parte in cui contesta l’esistenza di un

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– 07/05/1999, Bettio, Rv. 213311; Sez. 5, n. 23319

apparato giustificativo della decisione, che invece
esiste; non consentito per la parte in cui pretende
di valutare, o rivalutare, il materiale in atti al
fine di trarre proprie conclusioni in contrasto con

di legittimità un giudizio di fatto che non le
compete. La sentenza impugnata, infatti, ha
chiarito che il possessore dell’orologio “è stato
afferrato per il collo e che nel frangente
l’asporto dell’orologio è stato possibile perché è
stato con forza strappato dal braccio del guidatore
che cercava di difendersi”.
Il ricorso, dunque, deve essere rigettato, con la
conseguenza della condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 23 aprile 2013.

quelle del giudice del merito chiedendo alla Corte

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