Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24928 del 25/09/2014


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Penale Ord. Sez. 3 Num. 24928 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CENNI ROMANO N. IL 26/04/1933
BOSI GIUSEPPINA N. IL 06/03/1935
avverso l’ordinanza n. 53/2014 TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA, del
01/04/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA
SAVJNO;
Ipt-tesentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 25/09/2014

Considerato in fatto
Cenni Romano e Bosi Giuseppina hanno proposto ricorso per Cassazione avverso
l’ordinanza n. 53/014 in data 1.4.014 con la quale il Tribunale del riesame di Bologna ha
dichiarato inammissibile l’istanza di riesame proposta dai predetti avverso il decreto in
data 4.2.2014 col quale è stato disposto il sequestro probatorio di messaggi di
supporto di memoria hard disk già in possesso del Nucleo di Polizia Tributaria ed acquisito
in via amministrativa nei confronti della società M. Estate s.p.a..
Il sequestro era stato disposto a seguito di verifica fiscale eseguita nei confronti della
predetta società, nel corso della quale la Polizia Tributaria del nucleo di Bologna aveva
proceduto a copiare su appositi supporti informatici il contenuto degli account di posta
elettronica appartenenti a Cenni Romano, presidente del Consiglio di amministrazione della
M. Estate s.p.a.. ai componenti del cda, oltre che ad altri dirigenti della società,
responsabili dei vari servizi tributari e finanziari. All’esito della verifica fiscale e dell’esame
del materiale acquisito, essendo emersi indizi di reità nei confronti dei ricorrenti per delitti
in materia fiscale in relazione all’operatività in Italia della società GB sa, a loro riferibile,
pur avendo essa la sede in Lussemburgo, il P.M. emetteva il decreto di sequestro probatorio
dei documenti informatici costituiti da corrispondenza, messaggi e comunicazioni varie già
in possesso della PT, acquisiti in via amministrativa, trattandosi di materiale utile ai fini
della conferma dell’ipotesi accusatoria e per dimostrare l’effettiva localizzazione in Italia
dell’attività della società GB s.a..
Avverso il decreto di sequestro probatorio veniva proposta, con separati ricorsi, istanza di
riesame da parte del legale rappresentante della M. Estate spa, Bernasconi Pierluigi,
amministratore delegato della stessa, e da parte del Cenni e dalla Bosi, fondata su plurime
violazioni di legge: 1) con riferimento all’art. 253 c.p.p., mancanza della motivazione del
provvedimento con riguardo alla sussistenza del fumus delicti e in ordine al rapporto di
pertinenzialità del materiale oggetto di sequestro rispetto al reato oggetto di indagine; 2 )
con riferimento agli art. 15 Cost e 220 disp. ali c.p.p. quanto al procedimento di
acquisizione del materiale oggetto di sequestro e in ordine alla utilizzazione dello stesso, in
sede penale, da parte della PG prima ancora che fosse adottato il provvedimento di

corrispondenza e comunicazioni inoltrate per va telematica, presenti all’interno di un

sequestro; 3) con riferimento all’art. 256 co 1 c.p.p. quanto alla natura del materiale
sequestrato.
Il Tribunale del riesame, con ordinanza depositata il 12.3.2014, ritenendo mancante
l’incolpazione provvisoria nel provvedimento, in accoglimento della richiesta di riesame,
annullava il decreto di sequestro nei confronti della M. Estate ordinando la restituzione del
materiale e, con ordinanza in data 1.4.2014 nel procedimento n. 53/2014 R.I.M.C.R.,

dichiarava inammissibile la richiesta di riesame nei confronti del Cenni e della Bosi.
Contestualmente al provvedimento di restituzione della documentazione informatica, il P.M.
emetteva in data 13.3.2014 nuovo decreto di sequestro dello stesso materiale nei confronti
dei predetti Cenni e Bosi contenente, con riferimento al motivo di annullamento del
precedente decreto dedotto dai predetti, l’incolpazione provvisoria con la contestazione del
fatto-reato, che era stata omessa.
Avverso detto decreto hanno proposto nuova istanza di riesame il Cenni e la Bosi,
riproponendo le ulteriori violazioni di legge già dedotte nella prima richiesta di riesame e
sulle quali il Tribunale non si era pronunciato, avendo disposto l’annullamento con riguardo
alla mancata contestazione della condotta addebitata.
Anche tale ricorso veniva dichiarato inammissibile, con ordinanza in data 6.5.2014 nel
procedimento n. 80/2014 R.I.M.C.R., ritenendo i giudici del riesame, con motivazione
sostanzialmente analoga alla precedente ordinanza di rigetto in data 1.4.2014, che i
ricorrenti, pur essendo legittimati a proporla in quanto indagati, difettavano di interesse ad
impugnare poiché non erano loro i soggetti che avevano un concreto interesse alla
restituzione del materiale sequestrato, bensì la M. Estate s.r.1., soggetto individuato dai
giudici del riesame come quello cui i reperti in sequestro andavano restituiti. Avverso detta
ultima ordinanza hanno proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del difensore di fiducia, il
Cenni e la Bosi, deducendo i seguenti motivi.
Violazione di legge con riferimento agli art. 257 e 324 c.p.p.. Assumono i ricorrenti che
l’art. 257 c.p.p.., attribuisce la legittimazione a proporre richiesta di riesame avverso il
decreto di sequestro probatorio “anche nel merito” ai seguenti tre soggetti: ovvero,
nell’ordine, l’imputato, la persona alla quale le cose sono state sequestrate, e quella che
avrebbe diritto alla restituzione; tali posizione non coincidono fra loro in quanto l’interesse
a proporre richiesta di riesame viene riconosciuto dalla suddetta norma non solo a chi può
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vantare un diritto alla restituzione del bene, avendone la titolarità, ma anche all’imputato o
indagato in quanto tali; di conseguenza ritenere che l’interesse a proporre impugnazione
avverso un decreto di sequestro probatorio sia riconoscibile solo in capo a chi possa far
valere un titolo giuridico alla restituzione (di talchè l’indagato potrebbe veder riconosciuto
un suo interesse all’impugnazione solo se nel contempo fosse titolare del bene o comunque
potesse vantare un diritto alla restituzione), oltre ad essere palesamente in contrasto con il

dato letterale della norma in esame, comporterebbe un’interpretazione riduttiva della stessa.
La tesi dei giudici del riesame secondo cui l’interesse spetterebbe solo a chi ha diritto alla
restituzione appare inconciliabile con la previsione dell’art. 257 c.p.p. che riconosce invece
a tre distinte categorie di soggetti la legittimazione a proporre richiesta di riesame avverso il
sequestro probatorio.
Ritiene invece la difesa dei ricorrenti che, proprio in relazione alla finalità pacificamente
riconosciuta di evitare le conseguenze pregiudizievoli per la parte derivanti dal vincolo di
indisponibilità del bene, anche gli indagati abbiano un concreto interesse ad impugnare il
decreto di sequestro coincidente con l’interesse a che venga riconosciuta e dichiarata
l’illegittimità del sequestro con conseguente restituzione del materiale all’avente diritto, in
considerazione della illegittimità del procedimento acquisitivo dei documenti, avvenuto

prima ancora che fosse emesso il decreto di sequestro, in violazione di norme
costituzionali e procedurali. Alla stregua di tali principi, non può dubitarsi, secondo la
difesa dei ricorrenti, dell’interesse degli indagati a che il materiale sequestrato che entri a
far parte del fascicolo del Pubblico Ministero, sul quale potranno fondarsi nuovi
provvedimenti cautelari, e sul quale il PM dovrà operare le sue valutazioni ai fini
dell’esercizio dell’azione penale o meno, sia stato acquisito legittimamente, nel rispetto
delle norme in materia.
Ritenuto in diritto
Il ricorso è infondato.
A norma dell’art. 257 c.p.p., soggetti legittimati a proporre istanza di riesame avverso
decreto di sequestro sono l’imputato, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e
quella che avrebbe diritto alla restituzione del bene, ovvero, quanto a quest’ultima categoria,
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tutti coloro che sono titolari di un diritto di proprietà o altro diritto reale sul bene, o che
vantano una legittima pretesa, pur se nascente da un rapporto obbligatorio e non da un
diritto reale, a conseguirne il possesso o la detenzione.
Tuttavia, per proporre richiesta di riesame del decreto di sequestro, occorre non solo che il
richiedente sia legittimato, ma che vi abbia un interesse, come previsto in generale, per
l’interesse a proporre impugnazione, dall’art. 568 co 4 c.p.p. .

Ora, mentre tale interesse è intrinsecamente connaturato alla qualità di titolare del bene
sequestrato o di avente diritto alla restituzione, lo stesso non può dirsi con riguardo
all’indagato (o imputato), il quale, ove non sia titolare del bene, per poter proporre
richiesta di riesame avverso il provvedimento di sequestro, deve vantare un interesse
concreto ed attuale alla proposizione del gravame, interesse che la giurisprudenza di questa
Corte ha individuato nella menomazione di una qualunque situazione giuridica soggettiva
sulla cosa, apportata con il vincolo impresso dal sequestro.

Sez. 5, Sentenza n. 44036 del 21/10/2008 dep. 25/11/2008)
Rv. 241673,Sez. 3, Sentenza n. 10977 del 27/01/2010 dep. 22/03/2010)

Rv. 246344,

Sez. 5, Sentenza n. 10205 del 18/01/2013dep. 04/03/2013 ) Rv. 255225

Come affermato da questa Corte, “avverso il sequestro preventivo è legittimato a
proporre ricorso per cassazione, oltre al soggetto cui le cose sono state sequestrate o cui
dovrebbero essere restituite, anche l’imputato o l’indagato, sempre che abbia un concreto
interesse alla proposizione del gravame. Ne consegue che, nella ipotesi in cui egli non
sia titolare del bene sottoposto a sequestro, in tanto può impugnare, in quanto il
provvedimento ablativo abbia prodotto una lesione nella sua sfera giuridica, sì che la
eventuale eliminazione o riforma del provvedimento stesso abbia l’effetto di render
possibile il conseguimento di un risultato a lui giuridicamente favorevole.

Sez. 1, Ordinanza n. 36038 del 21/09/2005 Cc. (dep. 05/10/2005 ) Rv. 232254
la difesa dei ricorrenti, partendo dalla finalità pacificamente riconosciuta della procedura
del riesame in presenza di sequestro probatorio, ossia quella di evitare le conseguenze
pregiudizievoli per la parte derivanti dal vincolo di indisponibilità del bene, ritiene che esse
non coincidano con la sussistenza di un interesse giuridicamente tutelato alla restituzione,
bensì con l’interesse a che venga riconosciuta e dichiarata l’illegittimità del sequestro con
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conseguente restituzione del materiale all’avente diritto, in considerazione della illegittimità
del procedimento acquisitivo dei documenti, avvenuto prima ancora che fosse emesso il
decreto di sequestro, in violazione di norme costituzionali e procedurali, quali i rapporti fra
accertamenti e verifiche amministrative ed indagini penali (art. 220 dip att. c.p.p.), in
materia di sequestro di corrispondenza e di documentazione tutelata dal segreto profesionae
( art. 254,254,256 c.p.p.) Sussiste, secondo la difesa dei ricorrenti, un interesse concreto

Ministero, sul quale potranno fondarsi nuovi provvedimenti cautelari, e sul quale il PM
dovrà operare le sue valutazioni ai fini dell’esercizio dell’azione penale o meno, sia stato
acquisito legittimamente, nel rispetto delle norme in materia.
Tale opinione, che porta ad identificare l’interesse ad impugnare il provvedimento ablativo
con l’esigenza di un regolare procedimento di acquisizione delle prove, non è condivisibile.
La giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che l’interesse concreto ed attuale
che deve sussistere ai fini della proposizione dell’istanza di riesame del sequestro non può
essere identificato nell’interesse, non già alla restituzione del bene, bensì ad assicurare il
regolare svolgimento della procedura di acquisizione delle prove, attraverso la verifica che
ogni mezzo diretto alla formazione delle prove sia acquisito regolarmente, nei casi ed entro
i limiti previsti dalla legge.
“È inammissibile, per carenza di interesse, la richiesta di riesame di sequestro probatorio
volta ad ottenere non già la restituzione del bene sequestrato, bensì una pronuncia sulla
legittimità od utilizzabilità della prova acquisita essendo tale ultima valutazione riservata al
solo giudice del processo ed essendo di contro la procedura di riesame destinata unicamente
ad eliminare le conseguenze pregiudizievoli per la parte derivanti dal vincolo
d’indisponibilità del bene. (In applicazione di tale principio la Corte ha dichiarato
inammissibile la richiesta di riesame avverso il sequestro di documentazione custodita nei
computer in uso agli indagati ed eseguito mediante la sola estrazione di copia degli “hard
disks” e, conseguentemente, senza l’asportazione di alcun bene materiale).
Sez. 2, Sentenza n. 24958 del 14/06/2007 dep. 27/06/2007 ) Rv. 236759.
In particolare, deve negarsi che l’incidente cautelare in tema di sequestro probatorio possa
essere utilizzato per ottenere una pronuncia indiretta sulla legittimità dei mezzi di prova, o
sull’utilizzabilità della prova acquisita, che abbia un effetto generale nel procedimento,

degli indagati a che il materiale sequestrato che entri a far parte del fascicolo del Pubblico

poiché tali pronunce sono estranee alle attribuzioni del giudice innanzi al quale viene
impugnato il sequestro (cfr. Cass. sez. 2^, sent. n. 1480 del 30 aprile 1999).
E’ nota al Collegio l’esistenza di un precedente contrario (Cass. sez. 6^, sent. n. 36775 dep.
il 1 luglio 2003), secondo cui è ammissibile l’istanza di riesame di un provvedimento di
sequestro probatorio di documentazione, successivamente restituita dal Pubblico Ministero
previa estrazione di copie, sussistendo l’interesse del richiedente a verificare che l’uso del

dalla legge.
Tale indirizzo non è condivibile poiché un siffatto interresse di natura processuale è privo
del requisito della concretezza che deve caratterizzare l’interesse ad impugnare il sequestro.
Difatti l’eventuale declaratoria di illegittimità del sequestro in sede di riesame non
comporterebbe alcuna conseguenza giuridicamente favorevole per i ricorrenti,non
determinandosi per effetto dell’ annullamento del sequestro, alcuna reintegrazione della loro
sfera giuridica; inoltre gli effetti di una eventuale qualificazione d’illegittimità o
inutilizzabilità indirettamente attribuita alla prova acquisita mediante il sequestro revocato o
mai eseguito sarebbero destinati ad esaurirsi nel procedimento incidentale. Il giudicato
cautelare riguarda infatti il solo provvedimento cautelare, e ordinariamente non produce
alcun effetto diverso, esaurendo completamente la propria efficacia con la pronuncia sul
singolo provvedimento.
Il ricorso deve dunque essere rigettato. Segue per la condanna di ciascun
ricorrente al pagamento delle spese processuali
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 25.9.014

mezzo tendente all’acquisizione della prova sia avvenuto nei casi ed entro i limiti previsti

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