Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24927 del 18/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 24927 Anno 2013
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: GENTILE DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FONTEBASSO MASSIMO N. IL 28/03/1962
avverso la sentenza n. 2544/2009 CORTE APPELLO di ANCONA, del
23/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. DOMENICO GENTILE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte vile, l’Avv
Udit i dif•or Avv.

Data Udienza: 18/04/2013

Udito il Sostituto Procuratore Generale dott, Viola Alfredo che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso ;
Letti il ricorso ed i motivi proposti.

FONTEBASSO MASSIMO
1.1)-ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona
in data 23.01.12 che aveva confermato la decisione presa in primo grado dal
Tribunale di Ascoli Piceno in data in data 03.02.2009 di condanna per i reati di
cui agli artt. 81, 640, 477, 494 CP fatti denunciati con querela del 22.03.2005;
MOTIVI ex art. 606 ,1° co , lett. c) e) c.p.p.
2.1)-Nullità della sentenza per travisamento della prova per avere ritenuto che la
carta di identità allegata in atti sia quella rinvenuta in casa dell’imputato mentre,
in realtà, si tratta della carta di identità prodotta dalla Banca del Credito
Cooperativo di Teramo ed Ascoli;
2.2)-Nullità della sentenza per avere fondato la prova sulla testimonianza
dell’ufficiale di PG De Angelis Gabriele che, però, era inutilizzabile perché -de
relato” , senza che si sia proceduto ad escutere il soggetto che era la fonte delle
notizie;
2.3)-Nullità della sentenza per avere fondato la decisione sui riconoscimenti
fotografici effettuati dagli impiegati di banca che, però, non erano utilizzabili
atteso che tali impiegati non erano stati sentiti in dibattimento, sicché i
riconoscimenti restavano utili solo per fini investigativi ma non per la formazione
della prova;
CHIEDE l’annullamento della sentenza impugnata
CONSIDERATO IN DIRITTO
3.1)-Il ricorrente ripropone in questa sede motivi di impugnazione già avanzati in
sede di appello, lamentando la insufficiente risposta motivazionale della Corte
territoriale
In realtà la Corte di appello ha richiamato l’articolata e puntuale motivazione
della sentenza di primo grado, sicché appare del tutto legittima la sintetica
motivazione stesa al riguardo. Cassazione penale sez. IV. 12 giugno 2008. n.
35319
Per altro, la Corte di appello non si è sottratta all’esame ed alla motivazione sugli
specifici motivi di impugnazione, avendo correttamente sottolineato che la prova
della penale responsabilità del Fontebasso rinveniva: a- dall’acquisizione della
carta di identità autentica della persona offesa Cosimi e di quella contraffatta
usata dall’imputato recante la sua foto ma con il nome del Cosimi , nonché; bdal riconoscimento fotografico effettuato dall’impiegata di banca Giovannozzi
Mara.

1

CONSIDERATO IN FATTO

3.2)-Tale motivazione risulta del tutto congrua perché fondata su valutazioni in
fatto corrette ed esenti da illogicità , sicché non è censurabile in questa sede di
legittimità.

a)-sul travisamento della prova riguardo al luogo in cui sarebbero state rinvenute
le carte di identità, posto che la Corte di appello ha sottolineato che dal confronto
delle due carte in atti emergeva evidente la contraffazione operata dall’imputato
mediante la sostituzione della fotografia, senza trarre alcun elemento di
convincimento dal luogo in cui i documenti erano stati rinvenuti, sicché tale
questione resta del tutto marginale e non risulta rilevante ai fini della decisione e
del vizio dedotto, che ricorre solo ove il “travisamento della prova”, riguardi
un’informazione rilevante che non esiste nel processo oppure quando si omette la
valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia. Cassazione penale, sez.
11, 28 maggio 2008, n. 25883
b)-sulla inutilizzabilità a fini di prova del riconoscimento fotografico, posto che,
contrariamente a quanto affermato nel ricorso, la Corte di appello ha valorizzato il
riconoscimento fotografico effettuato dalla impiegata Giovannozzi in quanto
confermato in dibattimento dalla medesima teste, restando pertanto irrilevanti gli
altri ulteriori riconoscimenti non seguiti da esame del teste; va ricordato che il
riconoscimento fotografico operato in sede di indagini di P.G. e non regolato dal
codice di rito, costituisce un accertamento di fatto e, come tale, è utilizzabile nel
giudizio in base al principio della non tassatività dei mezzi di prova ed a quello
del libero convincimento del giudice, ( Cassazione penale, sez. 1, 13/01/2009, n.
8315 ) specie ove confermato in dibattimento , giacché in tal caso la certezza
della prova non discende dal riconoscimento come strumento probatorio, ma
dall’attendibilità accordata alla deposizione di chi si dica certo dell’individuazione.
(Cassazione penale, sez. V, 10/02/2009, n. 22612)
c)-sulla inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal maresciallo De Angelis
riguardo alle indagini compiute dai carabinieri di Venezia, posto che il divieto di
testimonianza indiretta previsto per gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria
dall’art. 195, comma 4, c.p.p. non si applica nell’ipotesi in cui il verbalizzante
riferisca sulle attività di indagine svolte da altri ufficiali o agenti di p.g. nello
stesso contesto investigativo.( Cassazione penale, sez. Il, 21/09/2010, n. 36286 )
Ed invero, i limiti di operatività del divieto prescritto dall’art. 195 c.p.p., comma 4,
risultano chiaramente dal riferimento ai “testimoni” e alle modalità di
verbalizzazione di cui all’art. 351 c.p.p., e art. 357 c.p.p., comma 2, riferimento
che non avrebbe alcun senso estendere ai rapporti tra investigatori.
La diversa rilevanza delle due situazioni, è stata anzi affermata dalla
giurisprudenza di legittimità anche con riguardo all’ipotesi di ufficiali o agenti di
polizia che riferiscano di informazioni trasmesse da organi di polizia stranieri (cfr.
Corte di Cassazione Sez. Feriale, nr. 34180 del 18/08/2009)

2

3.3)-Del tutto infondati sono poi i motivi :

L’inammissibilità dei motivi proposti in diritto ed in fatto riverbera i suoi effetti
anche riguardo al motivo relativo alla dedotta prescrizione del reato, atteso che
l’inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla manifesta
infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di
impugnazione e preclude la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non
punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. ivi compreso l’eventuale decorso del
termine di prescrizione nelle more del procedimento di legittimità. (Cassazione
penale. sez. IL 21 aprile 2006, n. 19578)
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. , con il provvedimento che dichiara inammissibile il
ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento
delle spese del procedimento , nonché —ravvisandosi profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità— al pagamento a favore della
Cassa delle Ammende, della somma di E.1000,00 , così equitativamente fissata in
ragione dei motivi dedotti.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di E 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deliberato in Roma il 18 aprile 2013

3.4)- La motivazione impugnata risulta pertanto corretta ed incensurabile sia in
fatto che in diritto, sicché i motivi di ricorso articolati collidono con il precetto
dell’art. 606 lett.e) c.p.p. in quanto trascurano di prendere in considerazione
aspetti sostanziali e decisivi della motivazione del provvedimento impugnato ,
proponendo valutazioni giuridiche totalmente contrarie alla Giurisprudenza di
legittimità, sicché sono da ritenersi inammissibili.

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