Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24908 del 08/02/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 24908 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Morabito Cosimo, nato a Taurianova il 15.11.1987, avverso
l’ordinanza pronunciata in data 27.4.2012 dal tribunale del
riesame di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Gabriele Mazzotta, che ha concluso per il rigetto del
ricorso;
udito per il ricorrente l’avv. Michele Albanese del Foro di Reggio
Calabria, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 08/02/2013

FATTO E DIRITTO
Con ordinanza pronunciata il 27.4.2012 il tribunale del riesame di
Reggio Calabria confermava l’ordinanza di custodia cautelare in

medesimo tribunale in data 16.3.2012 nei confronti di Morabito
Cosimo in relazione ai reati di cui agli artt. 416, c.p.; 7, L.
203/91; 81, cpv. 110, 378, co. 1 e 2, 390, c.p., 7, I. 203/91.
Avverso tale decisione, di cui chiede l’annullamento, ha proposto
ricorso il Morabito, articolando distinti motivi di impugnazione.
Con il primo il ricorrente deduce il vizio di cui all’art. 606, co. 1,
lett. e), c.p.p., anche sotto il profilo del travisamento della prova
in relazione agli artt. 273, c.p.p. e 390, c.p.
In particolare, ad avviso del ricorrente, non sarebbe dimostrato
che il Tegano Bruno, ritenuto il promotore dell’associazione a
delinquere di cui al capo b), abbia utilizzato l’autovettura del
ricorrente, ricevuta da tal Richichi Massimiliano al quale il
Morabito l’aveva prestata, per recarsi ad un incontro con il
latitante Condello Domenico, né risulta dimostrato, in relazione
all’art. 390, c.p., l’esistenza dell’elemento psicologico nei confronti
del ricorrente, del tutto ignaro dell’utilizzazione che sarebbe stata
fatta della propria autovettura.
Il tribunale, inoltre, avrebbe realizzato un vero e proprio
travisamento della prova nella valutazione di alcuni elementi
indiziari ed, in particolare, del contenuto della conversazione
intercettata il 10.11.2010, in quanto confrontando la trascrizione
operata dalla polizia giudiziaria e quella effettuata dalla difesa,
messa a disposizione del tribunale del riesame, si evince che,
contrariamente a quanto affermato in motivazione, il Morabito

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carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il

non ha chiesto al Crisalli notizie del Richichi, né incaricato il Crisalli
stesso di contattare il Richichi, come chiarito dallo stesso Crisalli
in sede di sommarie informazioni testimoniali assunte dalla difesa,
senza che sul punto il Tribunale del riesame abbia fornito alcuna
che il Crisalli, nel corso della menzionata conversazione, ha rivolto
al Morabito la domanda:”con chi ti dovevi vedere?” e non, come
affermato in motivazione, “con chi si doveva vedere?”.
Risulta, inoltre, una evidente contraddizione tra la ricostruzione
dei fatti operata dal giudice per le indagini prelimari e quella del
tribunale del riesame, in quanto per il primo giudice sarebbe stato
il Crisalli a chiedere al Morabito notizie del Richichi, richiesta alla
quale sarebbe seguita una lunga pausa al termine della quale il
Crisalli avrebbe cambiato argomento, laddove per il tribunale del
riesame sarebbe stato il Morabito a chiedere al Crisalli notizie in
merito agli spostamenti del Richichi ed alla risposta evasiva del
Crisalli sul punto non avrebbe più insistito, capendo
immediatamente; ancora, evidenzia il ricorrente, che l’assenza di
collegamenti telefonici tra il Morabito ed il Richichi non costituisce
sintomo di un elevato livello di clandestinità della vicenda, come
sostenuto dal riesame, essendo smentita dall’esistenza di
numerosi contatti telefonici tra il Richichi, il Tegano e numerosi
altri soggetti coinvolti nel procedimento.
Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente deduce il vizio
di cui all’art. 606, co. 1, lett. e), c.p.p., in relazione agli artt. 273,
c.p.p. e 416 bis, c.p., in quanto non può desumersi da un unico
episodio l’inserimento del Morabito nel sodalizio criminoso
coordinato da Tegano Bruno con la funzione di mettere
stabilmente a disposizione dei sodali la propria autovettura ed

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risposta; inoltre risulta dalla trascrizione effettuata dalla difesa

Inoltre non sono stati indicati gli elementi su cui si fonda la
ritenuta sussistenza di tale sodalizio.
Con il terzo motivo di impugnazione il ricorrente deduce i vizi di
cui all’art. 606, co. 1, lett. b) e), c.p.p., in relazione alla

del riesame ha ritenuto sussistente, senza dimostrare il dolo
specifico del Morabito di agevolare non il latitante, ma attraverso
di lui, l’associazione mafiosa di appartenenza.
Con il quarto motivo di impugnazione il ricorrente deduce il vizio
di cui all’art. 606, co. 1, lett. e), c.p.p., per avere il tribunale del
riesame affermato l’esistenza di esigenze cautelar’ sulla base della
presunzione di cui all’art. 275, co. 3, c.p.p., senza prendere in
considerazione gli elementi di segno opposto prospettati dalla
difesa a fondamento della insussistenza di esigenze cautelar’.
Con il quinto motivo, infine, il ricorrente deduce il vizio di cui
all’art. 606, co. 1, lett. e), c.p.p., per avere omesso il tribunale del
riesame ogni valutazione sui risultati delle investigazioni difensive
svolte ai sensi dell’art. 391 bis, c.p.p., e messe a disposizione del
tribunale all’udienza del 26.4.2012, consistenti nella trascrizione
della conversazione del 10.11.2010 e nel verbale di sommarie
informazioni del Crisalli.
Con memoria depositata il 31.1.2013, infine, il difensore del
Morabito, nel reiterare le doglianze in precedenza indicate ed a
sostegno del proprio ricorso, produceva, in allegato, quale nuovo
elemento gli esiti della trascrizione avente ad oggetto
l’intercettazione ambientale del 10.11.2010, effettuata dal
consulente tecnico di parte nominato il 14.11.2012 dallo stesso
difensore, che, tuttavia, non possono essere presi in
considerazione in questa sede di legittimità, dove è preclusa ogni

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circostanza aggravante di cui all’art. 7, I. 203/91, che il tribunale

valutazione di merito su elementi di fatto, per di più ignoti al
giudice che ha emesso il provvedimento oggetto di ricorso.
Tanto premesso il ricorso presentato nell’interesse del Morabito è
fondato e va accolto.

impugnazione.
Il tribunale del riesame ha ritenuto il ricorrente organicamente
inserito nell’associazione a delinquere di cui al capo b), costituita e
promossa, secondo 1″ipotesi accusatoria, da Tegano Bruno
Antonino, al fine di agevolare le attività dell’associazione a
delinquere di stampo mafioso, denominata ‘ndrangheta” ed, in
particolare, la sua articolazione locale nota come “cosca
Condello”, operante nel territorio della provincia di Reggio
Calabria, attraverso la consumazione di una serie indeterminata di
delitti contro l’amministrazione della giustizia e contro l’autorità
delle decisioni giudiziarie, volti in prevalenza a favorire la
ventennale latitanza, consentendone il protrarsi, di Condello
Domenico, capo della omonima cosca, destinatario di numerose
sentenze di condanna passate in giudicato e di diverse ordinanze
applicative della misura cautelare della custodia in carcere rimaste
ineseguite.
In particolare, evidenziano i giudici del riesame, “l’odierno istante
risulta coinvolto in tre episodi e il suo contributo è consistito
principalmente nel prestare la propria autovettura “pulita” per gli
spostamenti e le staffette utilizzate dai sodali per raggiungere il
latitante senza essere scoperti”, il che consente di affermare “la
messa a disposizione del Morabito in favore del pericoloso
latitante Condello Domenico” (cfr. p. 69 dell’impugnata
ordinanza).

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Fondati, in particolare, appaiono il primo ed il quinto motivo di

A tale conclusione i giudici di merito pervengono sulla base, da un
lato dello “ingiustificato prestito della propria autovettura al
Rechici Massimiliano e al Tegano Bruno”, dall’altro “della totale
mancanza di contatti” (telefonici) “con i soggetti appena citati”,

fine dì evitare di lasciare tracce da cui poter collegare l’uno
all’altro” (cfr. pp. 69, 68 dell’impugnata ordinanza).
Decisivo, nel contesto di gravità indiziaria delineato dal tribunale
del riesame, è il contenuto della conversazione ambientale
intercettata il 10.11.2010 all’interno dell’autovettura Fiat 500, in
quel momento utilizzata dal Morabito e dal Crisalli, che consente
di collegare il ricorrente al Rechichi, e, quindi, al Tegano
utilizzatore finale dell’autovettura, in quanto “il Morabito,
chiedendo espressamente al Crisalli se fosse a conoscenza degli
spostamenti del Rechichi Massimiliano – che in quel momento era
in possesso della sua autovettura Smart – dimostra non solo di
conoscere il Rechichi ma anche di sapere il fine per cui aveva
preso in prestito la propria autovettura. E ciò lo si desume dal
fatto che, alla risposta evasiva del Crisalli sul punto, il Morabito
non insista, ma capendo immediatamente, cambi discorso, non
tornando più sull’argomento” (cfr. p. 68 dell’impugnata
ordinanza).
Orbene al riguardo va innanzitutto evidenziata una manifesta
illogicità che inficia il percorso motivazionale, desumibile dal testo
del provvedimento impugnato.
Appare evidente, infatti, come il valore confermativo dell’ipotesi
accusatoria che si vuole attribuire al contenuto della
conversazione intercettata il 10.11.2010, presuppone logicamente
che a rispondere evasivamente alla domanda sulle finalità per cui

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che utilizzavano come trait d’uni«) Crisalli Alessandro, proprio “al

il Rechichi avesse preso in prestito l’autovettura del Morabito
avrebbe dovuto essere quest’ultimo e non il Crisalli, dimostrando,
con tale prudente atteggiamento, la consapevolezza
dell’utilizzazione illecita che sarebbe stata fatta della suddetta

Condello Domenico.
Peraltro, con motivazione palesemente contraddittoria, è lo stesso
tribunale del riesame che, nel commentare in altra parte della
motivazione, la medesima conversazione telefonica, evidenzia
come sia stato “Sandro”, vale a dire il Crisalli Alessandro, a
chiedere al Morabito se quest’ultimo conoscesse gli impegni del
Richichi, richiesta alla quale era “seguita una lunga pausa, al
termine della quale Sandro mutava repentinamente argomento,
preferendo soffermarsi sulle vicende sentimentali di una donna”
(cfr. p. 26 dell’impugnata ordinanza).
Il discordante significato attribuito dal tribunale del riesame alla
menzionata conversazione ambientale tra il Morabito ed il Crisalli
(di cui, peraltro, in motivazione non è stato riportato il
contenuto), proprio per il carattere decisivo che gli stessi giudici di
merito hanno attribuito a tale conversazione nella costruzione del
quadro di gravità indiziaria a carico del ricorrente, soprattutto in
relazione alla ritenuta dimostrazione della sussistenza del dolo
delle fattispecie delittuose oggetto della contestazione provvisoria,
impone necessariamente che si faccia chiarezza sul punto.
Non può non rilevarsi, peraltro, come la difesa del Morabito abbia
anche contestato, in sede di riesame, il contenuto della
conversazione di cui si discute, attraverso il deposito all’udienza
camerale del 26.4.2012 del verbale della trascrizione della
conversazione in questione effettuata dallo stesso difensore, a

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autovettura in relazione al supporto da fornire alla latitanza del

seguito dell’ascolto dei relativi files audio autorizzato dal pubblico
ministero, eccependo che, a differenza di quanto affermato dal
tribunale del riesame, il Crisalli si sarebbe rivolto al Morabito per
chiedergli notizie in ordine ad un incontro cui avrebbe dovuto

in relazione agli spostamenti di una terza persona, da identificarsi,
secondo l’assunto accusatorio, nel Richichi.
A siffatta contestazione il tribunale del riesame non ha fornito
alcuna risposta, incorrendo, di conseguenza, nel vizio di
mancanza di motivazione censurabile in sede di legittimità.
Ed invero, come affermato da un orientamento giurisprudenziale
condiviso dal Collegio, il giudice del riesame, a cui è presentata
dalla difesa dell’imputato una trascrizione delle intercettazioni in
tutto o in parte alternativa rispetto a quella predisposta nel
brogliaccio dalla polizia giudiziaria, ha il dovere di valutare le
contestate discrasie, motivando adeguatamente circa le ragioni
per le quali i rilievi difensivi non possono essere condivisi, essendo
configurabile a suo carico lo specifico obbligo di fornire congrua
motivazione in ordine alle difformità specificamente indicate dalla
parte fra i testi delle conversazioni telefoniche richiamati negli atti
e quelli risultanti dall’ascolto in forma privata dei relativi files
audio (cfr. Cass., sez. VI, 03/04/2012, n. 15701, T., rv. 252595;
Cass., sez. VI, 23/09/2010, n. 37014, D. e altro).
La fondatezza del primo e del quinto motivo di ricorso rende
superfluo l’esame degli altri che vanno considerati in essi
assorbiti.
Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso proposto
nell’interesse di Mora bito Cosimo va, dunque, accolto,
disponendosi l’annullamento dell’impugnata ordinanza con rinvio

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partecipare lo stesso ricorrente (“con chi ti dovevi vedere?”) e non

per nuovo esame al tribunale di Reggio Calabria, che procederà a
colmare le evidenziate mancanze motivazionali attenendosi ai
principi di diritto in precedenza indicati.
P.Q.M.

tribunale di Reggio Calabria.
Così deciso in Roma il 8.2.2013

annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al

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