Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24904 del 22/03/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 24904 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto dal

Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Ancona

avverso la sentenza del Giudice di pace di Osimo del 15/11/2011, nel procedimento
penale a carico di HELAOUI Anis, nato in Tunisia il 31/12/1985, e di ZEGNANI
Amani, nato in Tunisia il 22/07/1986.

Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
sentita la relazione del consigliere Paolo Antonio BRUNO;
udite le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del Sostituto Mario
Fraticelli, che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
sentito, altresì, l’avv. Giancarlo Luzi, difensore di Segnani Arnani, che ha chiesto
l’inammissibilità o, in subordine, il rigetto del ricorso del P.G.

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 22/03/2013

1. Con la sentenza indicata in epigrafe il Giudice di pace di Osimo dichiarava
non doversi procedere nei confronti di Helaoui Anis e di Zegnani Amani, imputati del
reato di cui agli artt. 110, 610 e 81 cpv cod. pen. (per avere minacciato di un
ingiusto danno Mziou Samir e Ben Salem Ep Mziou Amel, inviando alle rispettive
utenze telefoniche sms dal chiaro tenore intimidatorio per indurli a ritirare una
denuncia nei loro confronti) in quanto il reato loro scritto ed estinto per intervenuta

2.

Avverso la pronuncia anzidetta il P.G. di Ancona ha proposto ricorso per

cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con unico motivo d’impugnazione, il PG ricorrente lamenta incompetenza per
materia del primo giudice, ai sensi dell’art. 21, comma 1, cod. proc. pen., nonché
l’inosservanza od erronea applicazione della legge penale, ai sensi degli artt. 56 e
610 c.p.; 612 e 152 cod. pen., ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc.
pen.
Deduce, in proposito, che il giudicante aveva statuito su reato di competenza del
giudice superiore, in quanto, stante la finalizzazione della condotta minatoria, il
fatto era riconducibile al paradigma del reato di violenza privata, sia pure in forma
tentata. Ed infatti, dalla stessa descrizione della condotta contestata in rubrica,
risultava che le minacce erano intese a costringere le persone offese a ritirare la
denuncia a suo tempo proposta. Pertanto, erroneamente era stato dichiarato non
doversi procedere per intervenuta remissione di querela posto che il reato di tentata
violenza privata è perseguibile d’ufficio e, dunque, non è suscettibile di estinzione
per remissione di querela.

2. – Il ricorso è fondato e merita, pertanto, accoglimento.
Ed infatti, il reato di violenza privata, ancorché nella forma del tentativo, di cui
all’artt. 56 e 610 cod. pen., è perseguibile d’ufficio e non è, dunque, soggetto ad
estinzione per effetto di remissione di querela.
D’altronde, la corretta formulazione del fatto, con la contestata finalizzazione
della condotta minatoria, rendeva il reato in questione di competenza non già del
giudice di pace, ma del tribunale monocratico, ai sensi degli artt. 6 e 33 ter del
codice di rito in rapporto all’art. 4 d.lgs. n. 274/2000.

3. – Per quanto precede, la sentenza impugnata deve essere annullata, nei
termini espressi in dispositivo.
2

remissione di querela.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti
alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ancona.

Così deciso il 22/03/2013

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