Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2489 del 05/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 2489 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: ROTUNDO VINCENZO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BUDA FILADELFO N. IL 29/11/1951
avverso la sentenza n. 2700/2006 CORTE APPELLO di CATANIA, del
03/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO
ROTUNDO;

Data Udienza: 05/12/2013

c. c.: 5-12-13

FATTO E DIRITTO
1 Buda Filadelfo ricorre per cassazione avverso la sentenza di cui in epigrafe, con la
quale è stata confermata la condanna pronunciata nei suoi confronti in primo grado per
ilo reato di cui agli artt. 110 e 378 c.p.
Deduce violazione di legge e vizio di motivazione in punto di affermazione della sua
responsabilità, nonché in ordine al diniego delle attenuanti generiche ed alla pena
inflitta, ritenuta eccessiva.
2 .-. Il primo motivo di ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto basato
su doglianze non consentite in sede di giudizio di legittimità. Le censure del ricorrente
attengono invero alla valutazione della prova, che rientra nella facoltà esclusiva del
giudice di merito e non può essere posta in questione in sede di giudizio di legittimità
quando fondata su motivazione congrua e non manifestamente illogica. Nel caso di
specie, i giudici di appello hanno preso in esame tutte le deduzioni difensive e sono
pervenuti alla conferma della sentenza di primo grado attraverso un esame completo ed
approfondito delle risultanze processuali, in nessun modo censurabile sotto il profilo
della congruità e della correttezza logica.
I rilievi relativi al diniego delle attenuanti generiche si traducono in allegazioni di mero
fatto, con le quali viene censurato il potere discrezionale del giudice di merito pur
adeguatamente motivato, nonché carenti della richiesta specificità là dove si lamenta la
mancata considerazione di elementi favorevoli all’imputato semplicemente enunciati,
senza alcuna indicazione della loro decisiva rilevanza. Altrettanto generici quelli
relativi alla pena, ben distante d’altronde dai massimi edittali.
3 .-. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa
delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in
euro mille, non ravvisandosi ragioni per escludere la colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000 (mille) in favore della Cassa delle
Ammende.
C s ì deciso in Roma, in data 5-12-13.

R.G. n. 22925-13

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