Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2489 del 02/12/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 2489 Anno 2016
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
VALERIO SALVATORE N. IL 17/02/1987
avverso la sentenza n. 1909/2014 CORTE APPELLO di GENOVA, del
17/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 02/12/2015

Motivi della decisione
Valerio Salvatore ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza
della Corte di Appello di Genova del 17.10.2014, con la quale, in parziale riforma
della sentenza di condanna resa dal G.i.p. del Tribunale di Genova in data
9.04.2012, in relazione al reato di cui all’art. 73, comma V, d.P.R. n. 309/1990 ed
altro, è stata rideterminata la pena originariamente inflitta.

240, comma 1, cod. pen., in riferimento alla disposta confisca facoltativa della
somma di denaro in sequestro. Osserva che la Corte territoriale ha giustificato la
confisca, ritenendo il denaro profitto dell’attività di spaccio; e sottolinea che tale
attività non risulta né contestata né accertata.
Il ricorso è manifestamente infondato.
Invero, la valutazione posta a fondamento della confisca dell’intera somma
di denaro in sequestro, ai sensi dell’art. 240, comma 1, cod. pen., non risulta
sindacabile in questa sede di legittimità.
Non sfugge che nel caso di specie, come sopra si è evidenziato, è stata
ritenuta l’ipotesi di cui all’art. 73, comma V, d.P.R. n. 309/1990; e che,
conseguentemente, non può trovare applicazione il disposto di cui all’art. 12 sexies,
Legge n. 356/1992, al fine di procedere alla confisca del denaro in sequestro. Non
di meno, le argomentazioni espresse dai giudici di merito soddisfano appieno
l’obbligo motivazionale specifico, rispetto all’applicazione della misura di sicurezza
reale che occupa, ai sensi dell’art. 240, comma 1, cod. pen. Infatti, la Corte
territoriale ha chiarito che la somma in contanti rinvenuta presso l’abitazione di
Valerio Salvatore doveva qualificarsi come profitto dell’attività di spaccio di extasy
o di altre sostanze psicotrope, che il prevenuto effettuava sistematicamente, come
dimostrato dalla disponibilità delle diverse pasticche contenenti extasy e dello
strumentario servente al confezionamento in dosi delle sostanze stupefacenti. Oltre
a ciò, il Collegio ha anche evidenziato che l’imputato non era dedito ad alcuna
attività lavorativa.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in
favore della Cassa delle Ammende.

– 2 –

Con unico motivo la parte denuncia la violazione di legge, rispetto all’art.

■,4

P.Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di 1.000,00 euro in favore della Cassa
delle Ammende.

Così deciso in Roma, in data 2 dicembre 2015.

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