Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2488 del 02/12/2015


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 2488 Anno 2016
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDItC12229

5s a) t” f -17- 4

sul ricorso proposto da:
COSTANTINO MASSIMO N. IL 22/02/1973
avverso la sentenza n. 235/2013 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del
12/12/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 02/12/2015

Ritenuto in fatto
1. La Corte di Appello di Bologna, con ordinanza del 12 dicembre 2014, ha
dichiarato l’inammissibilità dell’appello proposto nell’interesse di Costantino
Massimo avverso la sentenza del Tribunale di Reggio Emilia in data 11.10.2012, con
la quale è stata affermata la responsabilità dell’imputato in relazione al reato di cui
all’art. 186, comma 2, lett. b), cod. strada, commesso il 27.09.2008.
La Corte territoriale ha rilevato la genericità delle censure dedotte
dall’appellante.

proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore.
L’esponente deduce la violazione di legge, in riferimento agli artt. 581 e 591,
comma 1, lett. c), cod. proc. pen. Osserva che, nel caso di specie, il primo motivo
di appello era volto ad una riconsiderazione della vicenda, rispetto all’affermazione
di responsabilità penale; mentre il secondo impingeva l’entità della pena inflitta.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato.
Procedendo all’esame congiunto dei motivi di doglianza si osserva quanto
segue.
Come noto, l’inammissibilità dell’impugnazione può essere dichiarata nelle
seguenti ipotesi indicate dall’art. 591, comma 1, cod. proc. pen.: a) difetto di
legittimazione o di interesse; b) provvedimento non impugnabile; c) inosservanza
delle disposizioni di cui agli artt. 581, 582, 583, 585, 586, cod. proc. pen.; d)
rinunzia. Per quanto attiene, in particolare, ai casi ora richiamati sub lett. c), preme
evidenziare che l’art. 581, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. stabilisce che
l’impugnazione deve enunciare .
2. Tanto chiarito, occorre peraltro considerare che questa Corte regolatrice
ha da ultimo chiarito che la mancanza di correlazione, tra le ragioni argomentative
poste a fondamento della decisione di primo grado e quelle dedotte con
l’impugnazione, non integra una causa di inammissibilità dell’appello. Al riguardo, si
è osservato che l’appello è ammissibile, una volta che la parte abbia indicato
specificamente i punti della sentenza di primo grado che richiede che siano
riesaminati, indicandone le ragioni (Cass. Sez. 6, Sentenza n.

13449 del

12/02/2014, dep. 21/03/2014, Rv. 259456). La soluzione adottata nella decisione
ora menzionata, che il Collegio condivide, muove dalla considerazione della
diversità strutturale che connota il giudizio di appello rispetto a quello di
cassazione. In tale ambito ricostruttivo, si è osservato che la riproposizione di
questioni già esaminate e disattese dal giudice del provvedimento impugnato non è
causa di genericità del motivo d’appello, perché il giudizio di secondo grado ha per

2. Avverso la richiamata ordinanza della Corte di Appello di Ancona ha

contenuto la rivisitazione integrale del punto “attaccato”, con i medesimi poteri del
primo giudice ed anche a prescindere dalle ragioni dedotte nel motivo.
Diversamente, nel giudizio di cassazione, la censura deve colpire uno dei vizi della
motivazione tassativamente indicati dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e); e una
deduzione che riproponga la censura presentata al giudice d’appello senza
confrontarsi con la risposta da questi argomentata e le sue ragioni, per ciò solo,
esula dalla struttura del giudizio di legittimità. In conclusione, deve quindi ribadirsi

caratterizza per l’omesso confronto argomentativo con la motivazione della
sentenza impugnata, per il giudizio d’appello rileva solo la genericità intrinseca al
motivo stesso, prescindendo da ogni confronto con quanto argomentato dal giudice
del provvedimento impugnato.
2.1 Applicando i richiamati principi di diritto al caso di specie, deve
osservarsi che il provvedimento impugnato risulta effettivamente inficiato dalla
denunciata carenza motivazionale. Invero, la Corte di Appello di Bologna, a fronte
dell’impugnazione dedotta nell’interesse di Costantino – articolata in due distinti
motivi, uno relativo all’apprezzamento delle prove, l’altro sull’eccessività della pena
– ha evidenziato la genericità dei motivi di appello, per difetto di indicazione in
punto di fatto o di diritto, rispetto all’atto aggredito. Come si vede, la valutazione
relativa alla inammissibilità dei motivi di appello, effettuata dalla Corte territoriale,
poggia su dato che non vale ad integrare la aspecificìtà del motivo di gravame di
merito, per le ragioni sopra esposte.
3.

L’ordine di considerazioni che precede conduce all’annullamento

dell’ordinanza impugnata. A questo punto della trattazione, occorre rilevare che il
reato contravvenzionale per cui si procede risulta estinto, essendo maturato il
termine massimo di prescrizione, pari ad anni cinque, rispetto al fatto commesso in
data 27.09.2008.
Si osserva, infine, che non ricorrono le condizioni per una pronuncia
assolutoria di merito, ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen., in considerazione delle
valutazioni rese dal Tribunale di Reggio Emilia, in ordine all’affermazione di penale
responsabilità del ricorrente. Come noto, ai fini della eventuale applicazione della
norma ora citata, occorre che la prova della insussistenza del fatto o della
estraneità ad esso dell’imputato, risulti evidente sulla base degli stessi elementi e
delle medesime valutazioni posti a fondamento della sentenza impugnata; e nella
sentenza richiamata non sono riscontrabili elementi di giudizio indicativi della prova
evidente dell’innocenza dell’imputato.
4. Si impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata
e parimenti della sentenza del Tribunale di Reggio Emilia, in data 11.10.2012,
perché il reato è estinto per prescrizione.

che, mentre per il giudizio di cassazione è generico anche il motivo che si

P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata; nonché la sentenza del Tribunale di
Reggio Emilia, in data 11.10.2012, perché il reato è estinto per prescrizione.

Così deciso in Roma il 2 dicembre 2015.

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