Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24851 del 02/05/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 24851 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da : Morini Sergio, n. a Dozza, il 02/12/1958;

avverso la ordinanza del Tribunale di Roma, in data 28/01/2013;

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale M. Fraticelli, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udite le conclusioni dell’Avv. Marafioti, che si è riportato ai motivi;

RITENUTO IN FATTO

1. Morini Sergio propone ricorso nel tonfronti dell’ordinan

del Tribunale del

riesame di Roma con cui è stata rigettata la richiesta di riesame del decreto di
sequestro preventivo per equivalente di beni immobili e di somme di denaro
nonché di beni contenuti nelle cassette di sicurezza e di alcuni conti correnti
bancari fino all’ammontare di euro 613.000 circa per il reato di cui all’art.4 del
d. Igs. n. 74 del 2000.

,

Data Udienza: 02/05/2013

Con un primo motivo lamenta la nullità dell’ordinanza per violazione di legge
processuale in ordine ai presupposti del sequestro preventivo. Premette che il
sequestro ha riguardato beni nella disponibilità del ricorrente, in quanto lo stesso
è indagato per reato posto in essere nella veste di amministratore unico e
rappresentante legale della Eurocar S.r.l. ciò posto, deduce che il Tribunale è
incorso in violazione di legge laddove ha ritenuto che il sequestro preventivo per
di procedere al sequestro rivolto alla confisca diretta. Nel caso di specie l’asserito
profitto derivante da reato consisterebbe unicamente nel omesso versamento
dell’Iva per il periodo di imposta 2009; tale profitto è quindi chiaramente rimasto
in capo alla società la quale è l’unica ad avere beneficiato di tale mancato
versamento, mentre dalle indagini non è emersa alcuna utilità personale riferibile
alla sfera patrimoniale del ricorrente. Nell’ordinanza impugnata, invece, difetta
ogni considerazione sul necessario preliminare presupposto, per poter procedere
al sequestro per equivalente, dell’assenza nelle casse della società delle somme
corrispondenti all’omesso versamento Iva.
Con un secondo motivo lamenta la nullità dell’ordinanza per violazione di legge
in relazione all’individuazione del valore dei beni sottoposti a sequestro. In sede
di riesame si era lamentato che con riguardo ai beni immobili non era stata
effettuata alcuna stima tenendo presente le specifiche caratteristiche costruttive,
il grado di vetustà, di manutenzione, di conservazione, e di ristrutturazione degli
stessi; si era invece operata una mera valutazione da parte dell’agenzia del
territorio sulla base degli atti estrapolati dal servizio di pubblicità immobiliare e
dall’osservatorio del mercato immobiliare. Si era anche evidenziato che la rendita
catastale nulla aveva a che fare con il valore degli immobili. Anche le perizie
redatte dall’architetto Grossi avevano rivelato che il valore totale dei beni
immobili sottoposti a sequestro risultava di euro 868.000 circa e non di euro
481.000 circa come erroneamente indicato nel documento allegato al decreto di
sequestro; a ciò andavano poi aggiunte le disponibilità liquide rinvenute nei tre
conti correnti con un importo complessivo del sequestro pari ad euro 1 milione
circa. E poiché il quantum da confiscare non può mai eccedere l’ammontare
complessivo del profitto, il Tribunale avrebbe dovuto individuare l’esatto valore
dei beni sequestrati, restando pur sempre in capo ai giudici il dovere di
integrare, correggere e modificare il provvedimento impugnato sulla scorta dei
documenti pervenuti, così come affermato dalla giurisprudenza di legittimità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2

equivalente possa essere disposto anche senza previa verifica della impossibilità

2. Il ricorso deve essere rigettato.

Il primo motivo è infondato, giacché nessuna norma impone di perseguire il
patrimonio della persona giuridica beneficiaria dell’utile determinato dal reato,
prima di aggredire il patrimonio del soggetto – persona fisica.
Sez. 3, n. 7138 del 27/01/2011, Mazzitelli, Rv. 249398; Sez.2, n. 10838/07 del
20/12/2006, Napolitano, Rv. 235827), che nei rapporti tra persona fisica, cui è
addebitato il reato e la persona giuridica chiamata a risponderne, non può che
valere lo stesso principio applicabile a più concorrenti nel reato, secondo il quale
a ciascun concorrente devono imputarsi tutte le conseguenze dello stesso; in
relazione a tale specifica situazione si è infatti ritenuto che è legittimo il
sequestro preventivo, funzionale alla confisca, ex art. 322 ter c.p., eseguito in
danno di un concorrente del reato, per l’intero importo relativo al prezzo o
profitto dello stesso reato, nonostante le somme illecite siano state incamerate in
tutto o in parte da altri coindagati, in quanto, da un lato, il principio solidaristico,
che informa la disciplina del concorso di persone nel reato, implica la
imputazione della intera azione delittuosa e dell’effetto conseguente in capo a
ciascun concorrente e comporta solidarietà nella pena, dall’altro, la confisca per
equivalente riveste preminente carattere sanzionatorie e può interessare
ciascuno dei concorrenti, anche per la intera entità del prezzo o profitto
accertato, salvo l’eventuale riparto tra i medesimi concorrenti, che costituisce
fatto interno a questi ultimi e che non ha alcun rilievo penale” (tra le molteplici,
da ultimo, Sez. 5, n. 10810 del 03/02/2010, Perrottelli, Rv. 246364),
Può anzi, dirsi, che, con riferimento in particolare al sequestro per equivalente
che sia operato, come nella specie, con riferimento a reati tributari commessi dal
legale rappresentante di società, la sottoposizione a sequestro dei beni della
persona giuridica sia addirittura inibita, salvo che non si versi in ipotesi in cui la
struttura aziendale costituisca un apparato fittizio utilizzato per commettere gli
illeciti. Va infatti condiviso l’orientamento, da ultimo espresso da Sez.3, n.
1256/13 del 19/09/2012, P.G. in proc. Unicredit, allo stato non massimata, che,
ribadendo e sviluppando le riflessioni già svolte da precedenti pronunce (Sez.3,
n. 25774 del 14/06/2012, P.M. in proc. Amoddio e altro, Rv. 253062; Sez.3, n.
33371 del 04/07/2012, Falli, non massimata), e superando iniziali posizioni di
segno contrario (Sez.3, n. 26389 del 09/06/2011, Occhipinti, non massimata sul
punto, e Sez.3, n. 28731 del 07/06/2011, Burlando, non massimata) ha, da un
lato, sottolineato che gli illeciti penali tributari non figurano nel novero dei reati-

Sul punto questa Corte ha già affermato, in plurime pronunce (vedi, da ultimo,

TIV!,1

presupposto che, commessi da soggetti apicali o subordinati della persona
giuridica, nell’interesse e a vantaggio della stessa, danno luogo a responsabilità
dell’ente da reato ex d. Igs. n.231 del 2001 (circostanza, questa, che
consentirebbe di ricorrere allo strumento della confisca per equivalente per
l’ammontare del prezzo o del profitto del reato sul patrimonio dell’ente collettivo,
ex art. 19 del citato decreto legislativo), e, dall’altro, che in nessun’ altra fonte

di legislazione primaria è prevista una tale responsabilità della persona giuridica,
come invece espressamente stabilito in relazione ai reati a carattere
transnazionale, dalla I. n. 146 del 2006, art. 10.
Né una responsabilità degli enti per i reati tributari potrebbe essere fatta
derivare, si è aggiunto, da quella assegnata alle persone giuridiche nel diritto
tributario. Infatti il sistema del diritto penale tributario deve essere letto ed
interpretato nell’ambito del complessivo sistema del diritto penale e non può
essere ritenuto un mero apparato sanzionatorio di disposizioni tributarie, avente
vita a sé stante ed avulso dal generale sistema punitivo, quasi fosse una sorta di
“sistema speciale”. Non risulta percorribile, infatti, se non a costo di
insormontabili dubbi di legittimità costituzionale, la tesi che un tale “sistema”
troverebbe nella I. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143 la conferma della propria
autosufficienza ed autonomia dal resto delle disposizioni legislative in materia
penale, in particolare avendo a riferimento la previsione della responsabilità da
reato dagli enti.
In conclusione, dunque, del tutto legittima è stata la mancata verifica, anzi
inibita per quanto appena detto, della individuazione di beni “equivalenti” della
persona giuridica da sottoporre a sequestro.
3. Anche il secondo motivo, volto a censurare l’individuazione del valore dei beni

come operata dal Tribunale sulla base di una erronea sottovalutazione in
particolare dei beni immobili, è infondato.
Se infatti non può trascurarsi che questa Corte ha progressivamente ampliato i
limiti cognitivi del giudizio di riesame delle misure cautelari reali, prescrivendo
che il giudice, pur nella considerazione dell’astratta configurabilità del reato
addebitato, non possa prescindere dagli elementi offerti dalla Difesa con i quali
deve necessariamente confrontarsi (cfr. da ultimo, Sez. 3, n. 19594 del
26/01/2011, Cinturino,

non massimata

sul punto; Sez. 3, n. 6656 del

12/01/2010, Calvaruso, Rv. 246185; Sez.3, n. 27715 del 20/05/2010, Barbano,
Rv. 248134), è altresì innegabile che nessuna attività di ordine istruttorio può
essere svolta nel giudizio del riesame (cfr. Sez. 2, n. 6816 del 14/11/2007, P.M.
in proc. Caratozzolo e altro, Rv. 239432); sicché, anche tenuto conto di detto
4

TimprpriTe i’

limite, connaturato alla finalità del giudizio in questione e alla relativa fase
processuale, bene ha fatto il Tribunale, posto di fronte a due differenti valori, ad
attenersi a quello espresso dalla rendita catastale di cui ha correttamente
evidenziato l’oggettività e l’uniformità, a differenza di quello risultante, invece,
dalle consulenze di parte, tanto più in quanto fondato su mere asserzioni e
generiche affermazioni, insuscettibili di un controllo di attendibilità, e

4. Il ricorso va pertanto rigettato. Segue la condanna del ricorrente al

pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 2 maggio 2013
Il Con glier est.

condizionato all’andamento mutevole del “mercato immobiliare”.

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