Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24850 del 02/05/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 24850 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da : Gobbi Cavanna Paola, n. a Piacenza, il 26/06/1960;

avverso la ordinanza del Tribunale di Piacenza, in data 03/01/2013;

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale M. Fraticelli, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udite le conclusioni dell’Avv. Fiori, che ha chiesto l’accoglimento;

RITENUTO IN FATTO

1. Gobbi Cavanna Paola ha proposto ricorso nei confronti dell’ordinanza del
Tribunale del riesame di Piacenza con cui è stata rigettata la richiesta di riesame
del decreto di sequestro preventivo per equivalente di beni ricondotti alla
disponibilità di Fagioli Marco, ivi compresa l’abitazione di via Faggi 8, sino alla
concorrenza di 7 milioni di euro circa, ovvero di un importo pari al profitto del
reato di cui all’art.2 del d.igs. n. 74 del 2000 allo stesso addebitato.

Data Udienza: 02/05/2013

2. Con un unico motivo lamenta la violazione degli artt. 321 e 324 c.p.p. per

essere stato disposto il sequestro di bene immobile ancorché di proprietà
esclusiva di Gobbi Paola sull’erroneo ed indimostrato presupposto della proprietà
sullo stesso dell’imputato e coniuge Fagioli Marco. Infatti, nonostante la
titolarità, discendente dall’atto di acquisto e dalla relativa trascrizione, del bene
In capo alla donna, l’immobile è stato ritenuto di proprietà del marito, essendo
questo. Tuttavia contesta che le argomentazioni del Tribunale, ovvero l’acquisto
nel 2003 per il prezzo di C 450.000, con contestuale accensione di un mutuo
ipotecario in relazione alla somma erogata di C 743.500 da parte dei coniugi
Fagioli/Gobbi Cavanna, nonché la regolarizzazione del piano d’ammortamento
avvenuta con addebito delle rate mensili su conto corrente integralmente
riconducibili al solo Fagioli siano logicamente probanti di un diritto di proprietà
dello stesso sull’immobile. Sotto un primo profilo tali considerazioni si
riferirebbero non tanto alle somme utilizzate per l’acquisto ma a quelle
successivamente pagate per l’estinzione del mutuo e per lavori di
ristrutturazione; sotto un secondo profilo il Tribunale avrebbe inoltre
completamente trascurato le produzioni effettuate della difesa e segnatamente
l’atto di compravendita immobiliare ed il precedente contratto preliminare da cui
risulta il pagamento effettuato personalmente da Paola Gobbi al precedente
proprietario di due acconti rispettivamente di C 23.000 e di C 150.000. Peraltro,
ove anche si assuma che la residua parte del prezzo di acquisto sia stata pagata
da Fagioli, tale esborso, con l’intestazione del bene immobile acquistato alla sola
Paola Gobbi, non implicherebbe che una donazione in favore di lei. In altri
termini, non sarebbe la provenienza del denaro utilizzato per l’acquisto ad essere
decisiva per la questione della proprietà dell’immobile, bensì l’evidenza cartolare
dell’atto d’acquisto a nome esclusivo della ricorrente, incontroversa nella
fattispecie; di qui, dunque, la esclusiva proprietà dell’immobile in capo a Paola
Gobbi. Né nella specie è stata data dimostrazione dell’assunto di una presunta
Interposizione fittizia in favore della donna né dei motivi di essa, posto che tutti i
reati a lui contestati si assumono commessi in epoca di molto successiva sia alla
data del preliminare d’acquisto sia alla data del rogito, sicché non vi era alcun
motivo per il quale il Fagioli negli anni 2000 e 2003, ovvero al momento
dell’acquisto dell’immobile, dovesse realizzare un’interposizione fittizia. Né,
infine, si è minimamente argomentato nell’ordinanza circa il potere di fatto di
Fagioli sul bene e quindi circa la disponibilità di esso; l’uomo non è residente
nell’immobile e, quand’anche lo si volesse considerare domiciliato in quanto

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stato, secondo il Gip e anche secondo il Tribunale, acquistato con denari di

coniuge, ciò non dimostrerebbe l’assunto di un potere di fatto o di un potere di
disposizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO

Il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente è stato, nella
specie, applicato, come consentito dall’art. 322 ter c.p., su un bene che, benché
formalmente intestato ad un terzo (ovvero colei che ha poi proposto dapprima
richiesta di riesame e, successivamente, il presente ricorso), è stato ritenuto
rientrare nella disponibilità dell’indagato.
Ciò posto, questa Corte ha ripetutamente affermato che nella nozione di
“disponibilità” (nozione, evidentemente, atecnica di cui non è dato rinvenire una
definizione normativa) devono ritenersi rientrare tutte quelle situazioni nelle
quali i beni stessi ricadano nella sfera degli interessi economici del reo, ancorché
il potere dispositivo su di essi venga esercitato per Il tramite di terzi (per tutte,
Sez. 3, n. 15210 del 08/03/2012, Costagliola e altri, Rv, 252378). Può anzi qui
aggiungersi che l’utilizzazione da parte della norma processuale di un termine di
latitudine sì ampia sia stata il frutto della precisa volontà del legislatore di non
ancorare l’operatività del sequestro alle categorie civilistiche espressamente
codificate ma di consentirne l’adattamento, chiaramente e ragionevolmente
finalizzato ad attribuire la massima efficacia alla misura cautelare in questione,
alle più svariate situazioni di fatto; ciò che conta è, in altre parole, che i beni
“aggredibili” dal sequestro siano riconducibili in termini essenzialmente
economici alla persona dell’indagato.
E tale è, in definitiva, il presupposto da cui ha correttamente preso le mosse il
Tribunale allorché ha valorizzato, al di là della formale intestazione del bene, e
secondo una prospettiva di valutazione dei fatti e del loro significato
necessariamente influenzata anche dalla natura della fase processuale in
questione, ben diversa da quella del giudizio, la provenienza della
movimentazione necessaria per far fronte al mutuo acceso per l’acquisto
dell’immobile. Sotto tale, legittimo, profilo ha correttamente posto in rilievo la
riconducibilità di tali somme ad un conto corrente, che, seppure cointestato,
viene motivatamente rapportato, sulla base delle specifiche indicazioni operate
alle pagg. 3 e 4 dell’ordinanza, alla esclusiva titolarità dell’indagato di qui
attribuendo, secondo un ragionamento certamente non meramente apparente

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3. Il ricorso è infondato.

(in tal modo fuoriuscendosi dal perimetro delle censure sollevabili in tema di
provvedimenti cautelari), la disponibilità economica del bene a Fagioli.
A ciò ha aggiunto come nessun versamento sul predetto conto risulti effettuato,
nel periodo dal 01/01/2007 al 10/10/2011, da parte della ricorrente.
Di contro, l’opzione interpretativa suggerita dal ricorrente allorquando lo stesso
collega a dette movimentazioni di denaro e alla loro fonte nessun altro
effettuata in realtà dall’indagato in favore della moglie, si colloca, a ben vedere,
nel solo solco di una lettura alternativa inidonea, tanto più in relazione alla fase
cautelare in cui si versa, ad integrare il vizio della violazione di legge.
4. Il ricorso è pertanto infondato, seguendo al rigetto la condanna della

ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma li 2 maggio 2013

DEPOSITATA IN CANCELLERIA

significato se non quello di altrettanti effetti di una donazione dell’immobile

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