Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24847 del 02/05/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 24847 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da Silvestri Gian Andrea, n. a Napoli, il 02/09/1961;

avverso la ordinanza del Tribunale di Salerno, in data 21/12/2012;

visti gli atti, il provvedimento denunziato e li ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale M. Fraticelli, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udite le conclusioni dell’Avv. Ruggiero, che ha chiesto l’accoglimento;

RITENUTO IN FATTO

1. Silvestri Gianandrea prop- one ricorso nei confronti dell’ordinanza del tribunale
di Salerno con cui è stata rigettata l’istanza di riesame avverso il decreto di
sequestro preventivo per equivalente emesso relativamente a immobile e quote
societarie nonché a somme di denaro e valori per il reato di cui all’art. 2, comma
1, del d. Igs. n. 74 del 2000 (per avere, quale depositarlo di scritture contabili
obbligatorie della Hidro Production Sri, registrato nelle stesse una fattura per
operazione oggettivamente inesistente recante la denominazione della

Data Udienza: 02/05/2013

Metalpoint) nonché per concorso nel medesimo reato ex art. 2 sotto il profilo
dell’evasione di imposta, e per concorso nel reato di cui all’art. 8 del d. Igs. cit
per avere emesso la medesima fattura relativa ad un’operazione oggettivamente
inesistente.
Lamenta con un primo motivo l’assoluta mancanza dei presupposti applicativi
della misura. Si duole in particolare della inconsistenza ed inesistenza dei
Tribunale ha omesso di valutare i chiarimenti offerti dall’indagato con riferimento
ai fatti contestatigli, posto che sarebbe stato facile accertare come l’indagato non
avesse mai avuto in consegna i libri contabili della Hidro Production né mai si
fosse interessato della amministrazione della Metalpoint.
Con un secondo motivo si duole della assoluta mancanza di motivazione
relativamente agli elementi presupposti per la applicazione della misura non
essendo rinvenibili circostanze indicanti idonee a dimostrare il pur minimo
contributo materiale o morale prestato; l’indagato è stato coinvolto in
associazione per delinquere per il solo fatto di avere ricoperto il ruolo di
consulente; egli non ha partecipato ad alcuno dei reati fine né ha conosciuto mai
i ritenuti appartenenti al sodalizio. Deduce che egli prestava attività di
consulenza di tipo aziendale e legale relative ai bilanci in favore della Metalpoint;
aggiunge che nel 2006 il suo studio fu depositario dei libri sociali, e non contabili,
come invece affermato nell’ordinanza, della stessa società nonché della Hidro
Production e deduce l’ inconsistenza dell’elemento rappresentato dalla vendita di
un altoforno dalla prima società alla seconda.
Con un terzo motivo si duole della violazione delle regole per vizio di
interpretazione nella individuazione dei presupposti della misura e in particolare
dell’apprezzamento in concreto del collegamento tra il reato e il soggetto nonché
in relazione alla necessità del requisito del periculum in mora.
Con un quarto motivo lamenta la illegittimità della confisca per equivalente del
profitto del reato precedentemente all’entrata in vigore della legge
anticorruzione; in particolare precisa che ai reati tributari si dovrebbe applicare il
solo comma 1 dell’articolo 322 ter c.p. riguardante la confisca dell’ equivalente
del solo prezzo del reato e non anche del profitto; e ciò fino almeno alla data di
entrata in vigore della legge n.190 del 2012 con la quale il detto comma è stato
modellato con l’inserimento, dopo la parola “prezzo”, anche della parola
“profitto”. Nella specie, invece, la confisca per equivalente è stata disposta in
relazione al profitto del reato tributario e non in relazione al prezzo.
Con un ultimo motivo si duole del fatto che il Tribunale, ponendo a fondamento
del fumus del delitto di dichiarazione fraudolenta esclusivamente il dato della

presupposti fattuali assunti dall’ordinanza impugnata, nonché del fatto che il

tenuta delle scritture contabili, avrebbe valorizzato in realtà un’attività del tutto
legittima; tanto più che dal documento di consegna delle scritture del 14 aprile
2010 richiamato dallo stesso Tribunale si ricava che furono restituiti solo i libri
sociali del 2007 e del 2008 a conferma del fatto che le scritture contabili non
sono mai state •detenute dal ricorrente; contesta l’esattezza di alcune delle
fattispecie contestate e lamenta la mancata riduzione in concreto dell’importo

CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso va rigettato.

Va anzitutto ricordato che, seppure la giurisprudenza di questa Corte abbia
progressivamente affermato nel tempo la necessità che il Tribunale del riesame
tenga conto anche delle concrete risultanze processuali e degli elementi forniti
dalla Difesa, con essi avendo l’onere di confrontarsi (da ultimo, Sez. 3, n. 19594
del 26/01/2011, Cinturino, non massimata sul punto; Sez. 3, n. 6656 del
12/01/2010, Calvaruso, Rv. 246185; Sez.3, n. 27715 del 20/05/2010, Barbano,
Rv.248134), il giudizio in ordine alla misura cautelare reale resta pur sempre, in
necessaria coerenza con la fase delle indagini preliminari, che è di delibazione
non piena, ed in assenza del requisito della gravità indiziaria, un giudizio di
apprezzamento della plausibile sussistenza del fatto; si è, in particolare,
specificato che la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare
reale, da parte del tribunale del riesame, non può tradursi in anticipata decisione
della questione di merito concernente la responsabilità del soggetto indagato in
ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di
compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale ipotizzata, mediante una
valutazione prioritaria della antigiuridicità penale del fatto (per tutte, Sez. U. n. 6
del 27/03/1992, Midolini, Rv. 191327; Sez. 5, n. 6252 del 19/11/1998, Pansini,
Rv. 212511).
Allo stesso tempo deve essere ricordato che il ricorso per cassazione contro
ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso
solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli
“errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così
radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del
provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza,
completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile
l’itinerario logico seguito dal giudice (tra le altre, Sez. 5, n. 43068 del
13/10/2009, Bosi, Rv. 245093).
3

dell’ equivalente sequestrato.

Ciò posto, nessuna delle censure mosse dal ricorrente, la cui analisi deve
necessariamente essere “filtrata” alla luce dei principi appena esposti, nonché
mirata ad escludere gli elementi fattuali non rappresentabili in questa sede,
appare fondata.
Così deve dirsi in primo luogo con riferimento alle doglianze inerenti il “fumus”
del reato contenute nei primi tre motivi di ricorso oltre che nel quinto. Circa il
l’ordinanza impugnata ha, in termini del tutto sufficienti ai fini della fase
cautelare in questione, richiamato la dichiarazione resa dal ricorrente di tenuta
delle scritture contabili (tra cui il registro degli acquisti ed il registro delle
fatture) con la sottoscrizione di presa in carico delle stesse, poi restituite in data
14/04/2010, come da relativa documentazione; lo stesso provvedimento
impugnato ha poi aggiunto non avere il ricorrente saputo spiegare, tanto più
avendo egli affermato di non essersi occupato della contabilità, le ragioni di tale
possesso. Va inoltre rilevato, con più specifico riferimento al secondo motivo, che
la misura è stata emessa, oltre che per il reato di cui all’art. 416 c.p., anche,
appunto, per i reati di cui agli artt. 2 e 8 cit. sì che, tra l’altro, l’elemento
dell’apparente vendita del forno sarebbe tutt’altro che irrilevante rappresentando
lo stesso l’operazione inesistente presupposto della falsa fatturazione e, con
riferimento al terzo motivo, che lo stesso è generico risolvendosi nella
affermazione di una serie di principi senza che vengano rapportati
concretamente alla motivazione del provvedimento impugnato, peraltro
aggredibile, come già detto sopra, solo per violazione di legge.
Con riguardo infine al quinto motivo, volto nella sostanza a censurare il profilo
del contributo materiale prestato dall’indagato con riguardo agli illeciti de quibus,
l’ordinanza impugnata ha posto in rilievo che lo schema contabile attraverso il
quale operavano le società, gravitanti nel settore dei rifiuti, esigeva che i
professionisti, tra cui Silvestri, non espletassero una mera attività di consulenza,
ma consentissero, attraverso una concreta attività di ausilio, nelle quale è stata
fatta rientrare anche la registrazione della fattura in oggetto, la realizzazione
degli illeciti, dovendo gli stessi gestire, sul piano contabile, societario e
finanziario, un’impresa di medie dimensioni quale la Hidro Production, che era
risultata interessata da passaggi di quote societarie, avvicendamenti nella carica

di amministratore e trasferimenti di sede, con la conseguenza che i gestori della
società dovevano necessariamente ricorrere ad ausili tecnici per svolgere le
attività illecite; di qui, sempre secondo l’ordinanza, la cui motivazione sul punto
non può certo dirsi apparente, la ritenuta componente fondamentale, in tale
disegno, delle conoscenze tecniche prestate in ragione dell’ingente volume di
4

fatto che l’indagato detenesse le scritture contabili della Hidro Production

operazioni commerciali poste in essere nonché della necessità di individuare una
giustificazione contabile relativamente al conferimento dei rifiuti da parte di
soggetti anonimi nonché una modalità di remunerazione delle forniture tale da
non lasciare tracce.
Va infine precisato come la doglianza volta a lamentare l’insussistenza del
periculum in mora sia del tutto inconferente a fronte di sequestro finalizzato alla

dell’importo in sequestro sia del tutto generica non essendone spiegate in alcun
modo le ragioni.
3. Anche il quarto motivo è del tutto infondato.

Plurime e conformi decisioni di questa Corte hanno statuito che, con riguardo ai
reati tributari considerati dall’art. 1, comma 143, della i. n. 244 del 2007, il
sequestro preventivo, funzionale alla confisca “per equivalente”, può essere
disposto non soltanto per il prezzo, ma anche per il profitto del reato posto che
l’integrale rinvio alle “disposizioni di cui all’articolo 322 ter del codice penale”,
contenuto nell’art. 1, comma 143, della legge n. 244 predetta, consente di
affermare che, con riferimento appunto a detti reati, trova applicazione non solo
il primo ma anche il secondo comma della norma codicistica (tra le altre, Sez. 3,
n. 35807 del 07/07/2010, Bellonzi e altri, Rv. 248618; Sez.3, n. 25890 del
26/05/2010, Molon, Rv. 248058). Né è in alcun modo valorizzabile nel senso
preteso dal ricorrente la modifica dell’art. 322 ter, comma 1, c.p. attuata dall’art.
1, comma 75, lett. o) della legge 6 novembre 2012, n. 190, per effetto della
quale la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità è consentita, per i delitti
previsti dagli articoli da 314 a 320 c.p., per un valore corrispondente non più
solo al prezzo del reato ma anche al profitto di esso. Tale modifica è infatti, con
ogni evidenza, stata introdotta proprio per consentire l’operatività del sequestro
per equivalente del profitto in relazione a quelle ipotesi per le quali l’esclusivo
riferimento al prezzo non consentiva di estendere al di là di esso l’oggetto della
misura reale, in tal modo essendosi adeguato il sistema interno alle indicazioni in
tema di confisca di valore desumibili da una serie di fonti internazionali ed
europee tra cui le decisione quadro 2005/212/GAI del 24 febbraio 2005 del
Consiglio dell’Unione Europea, che all’art. 2 impone agli Stati Membri di adottare
“le misure necessarie per poter procedere alla confisca totale o parziale di
strumenti o proventi di reati punibili con una pena della libertà superiore ad un
anno o di beni il cui valore corrisponda a tali proventi”; è evidente pertanto come
tale modifica, lungi dall’invalidare, come vorrebbe il ricorrente, l’interpretazione
di questa Corte fondata, come detto, sul richiamo all’art. 322 ter c.p. operato
5

confisca per equivalente e come la censura volta a pretendere una riduzione

dall’art. 1, comma 143, della I. n. 244 del 2007, si inserisca, anzi, nella
medesima direttrice volta a sanzionare compiutamente, attraverso lo strumento
della confisca per equivalente, le condotte illecite volte a procurare all’agente
illeciti profitti, senza irragionevoli distinzioni fondate sulla diversa tipologia dei

4. Il ricorso va dunque rigettato con conseguente condanna del ricorrente al

pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 2 maggio 2013
Il Consi

st.

reati posti in essere.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA