Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24840 del 30/01/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 24840 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: FOTI GIACOMO

Data Udienza: 30/01/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GHANMI SABER N. IL 30/04/1988
avverso l’ordinanza n. 1308/2014 TRIB. LIBERTA’ di VENEZIA, del
21/11/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difensor Avv.;

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Ghanmi Saber, indagato ex art. 73 del d.p.r. n. 309/90, per avere ripetutamente e per un
notevole periodo di tempo ceduto, in alcune occasioni in concorso con altri, a numerosi
soggetti sostanze stupefacenti di diversa tipologia (marijuana, hashish, cocaina, eroina),
ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Venezia, del 21
novembre 2014, che ha confeimato il provvedimento di custodia cautelare in carcere emesso
a suo carico dal Gip del Tribunale di Padova il 26 novembre 2014.
Deduce il ricorrente l’erronea applicazione dell’art. 73 del richiamato d.p.r., laddove il
tribunale non ha ritenuto di ricondurre le condotte delittuose contestate nell’ambito della
fattispecie attenuata prevista dal comma 5 dello stesso art. 73. Per pervenire alla impugnata
decisione, il giudice del riesame avrebbe dato rilievo a circostanze in realtà non significative, quali: l’avere commesso i fatti in concorso con altri soggetti, il prolungarsi nel tempo
dell’attività di spaccio, la diversa tipologia di sostanze spacciate.
Considerato in diritto.
Il ricorso è infondato.
Secondo il costante insegnamento di questa Corte, la fattispecie attenuata del fatto di lieve
entità, oggi reato autonomo, prevista dal 5° comma dell’art. 73 del d.p.r. n. 309/90, può
essere riconosciuta solo nei casi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia
dal dato quantitativo e quantitativo della sostanza stupefacente trafficata, sia dagli altri
parametri di riferimento indicati dalla norma (mezzi, modalità, circostanze dell’azione).
Orbene, nel caso di specie il giudice del riesame, uniformandosi ai principi sul punto
affermati dalla giurisprudenza di legittimità, ha del tutto legittimamente ritenuto, partendo
ovviamente, da una valutazione complessiva e non parcellizzata delle condotte ascritte
all’indagato, che gli elementi desumibili allo stato delle indagini non giustificavano l’applicazione della fattispecie invocata. Non le modalità ed i mezzi dell’azione delittuosa, spesso
caratterizzata dalla partecipazione di altri soggetti, cui veniva delegata la consegna dello
stupefacente; non la ripetitività delle condotte illecite e la loro risalenza nel tempo (taluno
dei tossicodipendenti interrogati, ha sostenuto che da circa due anni si riforniva dal
Ghanmi), indicativa della pervicacia e della stabilità della condotta; non la tipologia dello
stupefacente trafficato (anche cocaina ed eroina), non la complessiva quantità della droga
oggetto di cessione.
Il ritratto che dell’indagato emerso dalle indagini era quello, secondo il motivato giudizio
espresso dal tribunale del riesame, di un soggetto stabilmente, pervicacemente e da lungo
tempo dedito allo spaccio di stupefacenti di varia tipologia; di un soggetto, aduso a fornire
nomi e generalità diverse, che dall’attività di spaccio traeva i mezzi del proprio
sostentamento, visto che non svolgeva alcuna forma di lecita attività lavorativa e che in
occasione dell’arresto era stato trovato nell’ingiustificato possesso della somma di 450,00
euro. Così come in una precedente occasione era stato sorpreso a detenere stupefacenti ed
altra non irrilevante somma di euro 535,00. La stessa continuità con la quale l’indagato si
procurava lo stupefacente indica, d’altra parte, la capacità dello stesso di intrattenere stabili
contatti con ambienti del narcotraffico.
Correttamente, dunque, il giudice del riesame ha ritenuto che, sulla base degli elementi in
atto disponibili, non vi fossero le condizioni per ritenere la “lievità” delle condotte
contestate.
Il ricorso deve essere, quindi, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.

2_

Ritenuto in fatto.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2015.

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