Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24840 del 27/03/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 24840 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: SARNO GIULIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCARPINI FAUSTINO N. IL 01/01/1948
avverso la sentenza n. 3089/2011 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
03/07/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere IDptt. QIULIO SARNO;
1/sentite le conclusioni del PG Dott.
0 § 5i.
– –

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 27/03/2013

1. Scarpini Faustino propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe
con la quale la corte di appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza del
tribunale della medesima città emessa in data 25 marzo 2011, revocava la
concessione delle attenuanti generiche e rideterminava la pena per il reato di cui
all’articolo 4 divo 74/2000.
I fatti concernono la dichiarazione dei redditi presentata nel 2006 dalla Società Cronos
s.p.a. di cui il ricorrente era presidente del consiglio di amministrazione per i redditi
dell’anno 2005 e l’imputazione attiene in particolare alla indicazione di elementi attivi
in misura inferiore a quella effettiva con evasione di imposta sul reddito delle persone
giuridiche, di euro 145.880.
2. Deduce in questa sede il ricorrente:
2.1. la nullità dell’ordinanza contumaciale e della sentenza di appello per omessa
notifica del decreto di citazione dell’imputato presso il domicilio eletto rappresentando
al riguardo che l’atto notificato al difensore a mezzo telefax faceva riferimento
unicamente al decreto di citazione e non all’avviso al difensore.
2.2. la illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine alla ritenuta legittimità
delle testimonianze di accusa per la cui assunzione si sarebbero dovute seguire le
modalità di cui all’articolo 210 del codice di rito, trattandosi degli acquirenti degli
immobili i quali si sarebbero comunque resi responsabili del reato di cui all’articolo
483 del codice penale per avere dichiarato al notaio erogante un prezzo inferiore a
quello effettivamente corrisposto per la vendita.
2.3 l’illogicità e contraddittorietà della motivazione con riferimento al verbale di
constatazione della guardia di finanza richiamato in sentenza a conferma dell’ipotesi
d’accusa essendo tale verbale finalizzato unicamente a constatare la avvenuta
registrazione in contabilità di fatture con importi inferiori a quelli dichiarati dai singoli
compratori nei questionari loro trasmessi dalla polizia tributaria senza alcuna verifica
della avvenuta trasfusione dei suddetti dati contabili nella denuncia fiscale.
2.4. errata applicazione dell’articolo 4 dLgs 74/2000 in assenza di un effettivo
riscontro in ordine alla specifica condotta che lo integra.
2.5. erroneo diniego delle attenuanti generiche.
Considerato in diritto
3. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
3.1 In ordine al primo motivo si rileva che il difensore risulta essere stato presente nel
giudizio di appello e che nulla ha eccepito circa il mancato avviso per l’udienza.
A tutto concedere alla tesi del ricorrente la presenza deve ritenersi sanante della
nullità ai sensi dell’art. 183 lett. a) cpp.
3.2 Il secondo motivo si pone ai limiti dell’inammissibilità.
Come più volte ribadito da questa Corte, infatti, la violazione delle disposizioni di cui
all’art. 210 cod. proc. pen. nell’esame di persona indagata o imputata in un
procedimento connesso non determina la inutilizzabilità delle dichiarazioni nel
procedimento principale, ma una nullità a regime intermedio, ai sensi dell’art. 180
cod proc. pen., che non può essere eccepita dall’imputato del procedimento principale
per assenza di interesse all’osservanza della disposizione violata (Sez. 1, Sentenza n.
8082 del 11/02/2010 Rv. 246329; Sez. 3, Sentenza n. 40196 del 11/10/2007 Rv.
238013).

Ritenuto in fatto

3. Attengono evidentemente al merito della valutazione i rilievi oggetto del terzo e del
quarto motivo. Né il ricorrente ha smentito dinanzi ai giudici di appello la falsità dei
dati trasfusi nella denuncia fiscale.
4. Ugualmente al merito attengono le censure concernenti il diniego delle attenuanti
generiche revocate in accoglimento del’appello del procuratore generale della
Repubblica di Brescia in ragione dell’entità della somma evasa, delle modalità del
fatto e della mancanza di altri elementi favorevoli all’imputato.
Al rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM
La Corte Suprema di Cassazione
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 27.3.2013

Peraltro la risposta dei giudici di merito appare certamente corretta sul punto.
Va anzitutto premesso, infatti, che le Sezioni Unite della Corte pur avendo
puntualizzato che in tema di prova dichiarativa, allorché venga in rilievo la veste che
può assumere il dichiarante, spetta al giudice il potere di verificare in termini
sostanziali, e quindi al di là del riscontro di indici formali, come l’eventuale già
intervenuta iscrizione nominativa nel registro delle notizie di reato, l’attribuibilità allo
stesso della qualità di indagato nel momento in cui le dichiarazioni stesse vengano
rese, e il relativo accertamento si sottrae, se congruamente motivato, al sindacato di
legittimità, hanno tuttavia aggiunto che la questione relativa alla sussistenza ab initio
di indizi di reità a carico dell’interessato costituisce accertamento in punto di fatto che,
in caso di congrua motivazione da parte del giudice di merito, è sottratto al sindacato
di legittimità (Sez. U, Sentenza n. 15208 del 25/02/2010 Rv. 246584).
Ciò posto, appare certamente logica la motivazione che, sulla base degli elementi di
fatto esaminati, ha ritenuto che la fattispecie con cui confrontarsi per la verifica
concernente l’applicazione dell’art. 210 c.p.p. dovesse essere quella indicata all’art. 4
DLvo 74/2000 atteso che la dichiarazione mendace sul prezzo era comunque
preordinata alla successiva attività di elusione fiscale della società per la quale agiva
l’imputato.

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