Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24771 del 17/04/2013
Penale Sent. Sez. 4 Num. 24771 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: ROMIS VINCENZO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
PERUGIA
nei confronti di:
RIPICCINI FEDERICO N. IL 22/02/1990
avverso la sentenza n. 873/2011 TRIBUNALE di TERNI, del
06/07/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VJNCENZO ROMIS;
lett /seatite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difensor Avv.;
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AP A 5 2 l
Data Udienza: 17/04/2013
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale di Terni applicava a Ripiccini Federico la pena
di anni uno di reclusione ed euro 3.000,00 di multa per violazione della legge sugli
stupefacenti, con l’aggravante di aver commesso il fatto nelle vicinanze di una scuola, ritenuta
la configurabilità dell’ipotesi lieve di cui al comma quinto dell’alt 73 del d.P.R. n. 309/90, e
concesse le attenuanti generiche valutate equivalenti all’aggravante contestata.
sull’asserito rilievo dell’errato giudizio di comparazione tra attenuanti ed aggravante,
costituendo l’ipotesi di cui al quinto comma dell’art. 73 del d.P.R. n. 309/90 circostanza
attenuante e non reato autonomo: il giudicante, avendo ritenuto sussistente detta ipotesi, ed
avendo considerato evidentemente in concreto prevalente tale ipotesi sull’aggravante, ha
evidentemente considerato prevalente la stessa sull’aggravante, con conseguente erroneità del
giudizio di equivalenza tra le attenuanti generiche e l’aggravante posto che avrebbe dovuto
applicare un’ulteriore diminuzione per le concesse attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN
Dnurro
Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni di seguito indicate
In tema di reati concernenti gli stupefacenti, nel caso di ritenuta configurabilità dell’ipotesi di
cui all’art. 73, comma quinto, del d.P.R. n. 309/90, avendo la stessa natura di attenuante,
sussiste l’obbligo per il giudice, ove si ritenga altresì sussistente un’aggravante contestata, di
formulare il giudizio di comparazione. Orbene, nel caso di specie, ai fini della determinazione
della pena da applicare quale concordata tra le parti, il giudice – così come peraltro
prospettato dallo stesso P.G. ricorrente – ha evidentemente ritenuto in concreto l’attenuante
in argomento prevalente sull’aggravante: bisogna quindi por mente, ai fini della legalità della
sanzione finale applicata dal giudice, alla pena edittale stabilita per tale ipotesi, a nulla
rilevando, vedendosi in un caso di sentenza ex art. 444 cod. proc. pen., le erronee valutazioni
nella comparazione tra le circostanze ed i calcoli intermedi (così come condivisibilmente
affermato dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte: “ex plurimis”, Sez. 4, n. 1853 del
17/11/2005 Cc. – dep. 18/01/2006 – Rv. 233185), ed in particolare l’omessa ulteriore
diminuzione di un terzo per le attenuanti generiche come rilevato dal ricorrente P.G. il quale ha
così sostanzialmente prospettato addirittura un danno per l’imputato. La pena finale applicata
al Ripiccini rientra dunque pienamente nell’ambito della cornice sanzionatoria stabilita per
l’ipotesi di cui al quinto comma dell’ad. 73 del d.P.,R. n. 309/90, onde la stessa, pur essendo
stata erroneamente calcolata (per l’omessa ulteriore diminuzione per le attenuanti generiche),
non può considerasi “ex se” illegale e quindi non determina l’invalidità dell’accordo raggiunto in
tali termini tra le parti, e così ratificato dal giudice. Particolarmente significativo, in relazione
Ricorre il Procuratore Generale territorialmente competente denunciando violazione di legge
alla fattispecie che ci occupa, risulta il seguente principio enunciato da questa Corte: “In
materia di patteggiamento, qualora il pubblico ministero abbia prestato il proprio consenso
all’applicazione di un determinato trattamento sanzionatorio, l’impugnazione della sentenza,
che tale accordo abbia recepito, è consentita solo qualora esso si configuri come illegale.
Peraltro, per qualificare illegale la pena non basta eccepire che il giudice non abbia
correttamente esplicato i criteri valutativi che lo hanno indotto ad applicare la pena richiesta,
ma occorre che il risultato finale del calcolo non risulti conforme a legge. (Nella fattispecie la
quinto, L. 309/90, in presenza di accordo fra le parti, benché non risultino specificazioni sui
motivi della concessione dell’attenuante, ne’ in ordine al giudizio di equivalenza o di
prevalenza, non poteva esser sottoposto al vaglio della Corte di cassazione, non risultando il
computo materiale della pena inferiore al minimo edittale)” [Sez. 6, n. 18385 del 19/02/2004
Cc. – dep. 21/04/2004 – Rv. 228047].
D’altra parte, il P.G. ricorrente si è limitato a lamentare la mancata ulteriore riduzione di un
terzo per le attenuanti generiche, dando atto che il giudicante “ha ravvisato l’attenuante di cui
al 5 0 comma dell’art. 73 D.P.R. 309/90 e l’ha in concreto ritenuta prevalente sull’aggravante
contestata, perché ha calcolato la pena sulla base del minimo edittale previsto dal 5 0 comma
citato”: e sul punto è evidente addirittura la mancanza di interesse del ricorrente posto che
solo la pena illegale consente di rimettere in discussione mediante ricorso per cassazione il
consenso prestato dalle parti.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso.
Roma, 17 aprile 2013
Il Presidente
Il Consig re estensore
(Pietro Antonio Sirena)
(Vince zo Romis)
(1)012/0
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
IV Sezione Penale
Corte ha ritenuto che il riconoscimento da parte del giudice dell’attenuante dell’art. 73, comma