Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2476 del 02/12/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 2476 Anno 2016
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BOUSTALA ISMAIL N. IL 24/07/1971
LOUBBIZ ISSAM N. IL 02/10/1978
avverso la sentenza n. 2209/2014 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 16/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 02/12/2015

Motivi della decisione
Boustala Ismail e Loubbiz Issann hanno proposto ricorso per cassazione
avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna in data 16.10.2014, con la
quale, in parziale riforma della sentenza di condanna resa dal Tribunale di Bologna
il 5.02.2014, in riferimento alla violazione dell’art. 73, comma V, d.P.R. n.
309/1990, è stata rideterminata la pena originariamente inflitta.
Con il primo motivo il ricorrente Loubbiz si duole della pronunciata

A sostegno dell’assunto, la parte si sofferma diffusamente sui termini di
fatto della vicenda e sulle dichiarazioni rese dal coimputato, acquisite agli atti; e
sottolinea che non vi è prova della destinazione allo spaccio il pacchetto contenente
cocaina è stato ritrovato in possesso di un terzo soggetto.
Con il secondo motivo il deducente Boustala si duole del mancato
riconoscimento, nei suoi confronti, della fattispecie di cui all’art. 73, comma V,
d.P.R. n. 309/1990.
I ricorsi in esame impongono le considerazioni che seguono.
Il motivo di doglianza dedotto nell’interesse di Loubbiz è inammissibile.
Loubbiz, invero, deduce censure non consentite nel giudizio di legittimità, in
quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto, come pure
l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi alla esclusiva
competenza del giudice di merito, che ha fornito una congrua e adeguata
motivazione, immune da incongruenze di ordine logico. Come è noto la
giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto, pressocchè
costantemente, che “l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606,
comma 1, lett. e) cod. proc. pen., è quella evidente, cioè di spessore tale da
risultare percepibile ictu oculi, in quanto l’indagine di legittimità sul discorso
giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato
demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a
riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di
verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali” (Cass.
24.9.2003 n. 18; conformi, sempre a sezioni unite Cass. n. 12/2000; n. 24/1999;
n. 6402/1997). Più specificamente si è chiarito che “esula dai poteri della Corte di
Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza
che possa integrare il vizio di legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e
per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali” (Cass.
sezioni unite 30.4.1997, Dessinnone). Ed invero, in sede di legittimità non sono
consentite le censure, che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono
nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal

affermazione di responsabilità penale nei suoi confronti.

giudice di merito (ex multis Cass. 23.03.1995, n. 1769, Rv. 201177; Cass. Sez. VI
sentenza n. 22445 in data 8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181).
Del resto, la Corte di Appello ha espressamente considerato che nei confronti
di Loubbiz, che risponde unicamente della fattispecie di cui al capo c), poteva
essere riconosciuta la fattispecie di cui al V comma dell’art. 73, d.P.R. n. 309/1990,
in riferimento alla detenzione della aliquota di cocaina; e che il prevenuto meritava
credito, quando aveva riferito di aver detenuto l’hashish per uso personale. In tali

ascritto, risulta supportato da conferente apparato argomentativo, che non può
essere sindacato in questa sede di legittimità.
Venendo ad esaminare il motivo di ricorso proposto nell’interesse di
Boustala, si osserva che l’impugnazione è affidata a motivi manifestamente
infondati.
Occorre considerare che, in riferimento alle condizioni per l’applicabilità
dell’ipotesi di cui al V comma dell’art. 73, d.P.R. n. 309/1990, secondo il prevalente
orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, ai fini della concedibilità o
del diniego della fattispecie di lieve entità, il giudice è tenuto a complessivamente
valutare tutti gli elementi indicati dalla norma, sia quelli concernenti l’azione
(mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto
materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della
condotta criminosa), dovendo escludere la concedibilità dell’attenuante quando
anche uno solo di questi elementi porti ad escludere che la lesione del bene
giuridico protetto sia di “lieve entità” (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 4948 del
22/01/2010, dep. 04/02/2010, Rv. 246649).
Nel caso di specie, la Corte di Appello ha condiviso la valutazione effettuata
dal primo giudice, tenuto conto del rilevante quantitativo di cocaina codetenuto da
Boustala unitamente a Aboumoussa (ipotesi richiamata al capo a della rubrica) e
degli esiti della perquisizione domiciliare effettuata a carico del Boustala, che
avevano determinato a suo carico l’ulteriore addebito di cui al capo b).
Sulla scorta di tali rilievi, il Collegio ha quindi escluso che la lesione del bene
giuridico protetto potesse considerarsi di “lieve entità”, rispetto alla posizione del
Bousta la .
Orbene, le richiamate valutazioni espresse dal giudice del gravame,
nell’apprezzare la non sussumibilità del fatto nell’ambito applicativo dell’ipotesti di
cui all’art. 73, comma V, d.P.R. n. 309/1990, non presentano aporie di ordine
logico e risultano perciò immuni da censure rilevabili in sede di legittimità. La Corte
territoriale, invero, ha soddisfatto l’obbligo motivazionale afferente alla
qualificazione giuridica dei fatti ed ha giustificato il mancato riconoscimento
dell’ipotesi di lieve entità, sviluppando un percorso argomentativo saldamente

termini, il riconoscimento della penale responsabilità di Loubbiz, per il reato a lui

ancorato agli acquisiti elementi di prova e non manifestamente illogico; e, come
noto, sfugge dalla cognizione della Corte regolatrice la possibilità di procedere ad
una considerazione alternativa degli elementi di fatto, come scrutinati in sede di
merito.
Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della
somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno al versamento della somma di 1.000/turo alla Cassa delle
ammende
Così deciso in Roma, in data 2 dicembre 2015.

P.Q.M.

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