Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24752 del 04/04/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 24752 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: DI SALVO EMANUELE

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CALO’ GIULIANO N. IL 11/11/1979
CORRADO ANGELO N. IL 30/07/1980
PESOLINO VENUTI LUIGIA (INTESA GINA) N. IL 18/03/1963
avverso la sentenza n. 6211/2012 GIP TRIBUNALE di LECCE, del
20/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EMANUELE DI
SALVO;

Data Udienza: 04/04/2013

Calò Giuliano„ Corrado Angelo e Pesolino Venuti Luigia ricorrono per cassazione
avverso la sentenza emessa, ex art 444 cpp, dal Tribunale di Lecce, in data 20-7-12
, per il reato di cui all’art 73 DPR 309/90.
I ricorrenti deducono violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’omessa
applicazione dell’art 129 cpp , pur risultandone i presupposti dagli atti a disposizione
del giudice ; il Corrado inoltre lamenta il diniego dell’attenuante di cui all’art 73 co 5
1. stup. Con memoria depositata il 14 -3-2013, la Pesolino rappresenta l’esigenza di
un nuovo giudizio alla luce della declaratoria d’illegittimità costituzionale dell’art 69
co 4 cp e afferma che la recidiva non avrebbe potuto essere contestata all’imputata,
la quale proviene da un periodo di affidamento in prova al servizio sociale, con esito
positivo , alla luce del dictum di Sez un. 27-10-11 n. 5859.
Per quanto attiene alla doglianza concernente l’art 129 cpp , va rilevato come l’art
581 lett c) richieda l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di
fatto che sorreggono il petitum. Tale requisito difetta nel caso di specie.
I ricorrenti , infatti , pur dolendosi dell’insufficienza delle argomentazioni poste a
base della decisione impugnata, non indicano in alcun modo le ragioni per le quali,
in presenza di una richiesta di applicazione della pena da loro proveniente, il giudice
avrebbe dovuto disattenderla e pervenire ad una decisione di proscioglimento basata
sull’ asserto relativo all’insussistenza del fatto, alla mancata commissione da parte
degli imputati , all’insussistenza dell’elemento soggettivo , alla presenza di cause di
giustificazione, all’irrilevanza penale del fatto o , in genere , alla sua inidoneità ad
integrare gli estremi del reato contestato . Né i ricorrenti indicano in alcun modo
quali sarebbero stati gli atti a disposizione del giudicante da cui sarebbe stato
possibile desumere immediatamente l’applicabilità dell’art 129 cpp .
In ordine alla doglianza inerente al diniego dell’attenuante di cui all’art 73 co 5 1.
stup. , occorre osservare come il giudice abbia statuito conformemente all’accordo
delle parti , essendogli preclusa la concessione di circostanze attenuanti non
contemplate dal predetto accordo, onde la censura è manifestamente infondata.
L’imputata Pesolino non ha poi interesse ad eccepire l’incidenza della declaratoria di
incostituzionalità dell’art 69 co 4 cp poiché , sia pure irritualmente, il giudice ha
applicato un trattamento sanzionatorio che muove proprio dalla pena prevista dall’art
73 co 5 1. stup. D’altronde, al di là delle non corrette modalità di calcolo della pena
, che non hanno formato oggetto di specifico motivo di ricorso , la pena finale è
comunque conforme alla legge.
In ordine alla doglianza concernente la contestazione della recidiva, occorre
osservare come le parti che siano pervenute all’applicazione della pena su richiesta,
non possano proporre in sede di legittimità questioni incompatibili con la richiesta di
patteggiamento formulata per il fatto contestato e per la qualificazione giuridica
risultante dall’imputazione . L’accusa, come giuridicamente qualificata non può
infatti essere più messa in discussione, fuori dai casi di palese incongruenza ( Sez VI
19-2-2004 n. 18385, rv 228047; Cass Sez VI 2-3-99 n. 2815 , rv. 213471 ; Cass Sez
H 29-1-2008 n. 6383, rv 239449 ).E , in ogni caso, la ricorrente non ha interesse

OSSERVA

alla proposizione del motivo poiché il giudice ha applicato la pena da lei stessa
richiesta, in accordo con il pubblico ministero.
I ricorsi vanno dunque dichiarati inammissibili .Consegue alla dichiarazione di
inammissibilità la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1500 , determinata in considerazione della natura del
provvedimento impugnato , in favore della Cassa delle ammende.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro millecinquecento ciascuno in favore della Cassa
delle ammende
Così deciso in Roma, all ‘udienza del

4 + 13.

La Corte

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