Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2472 del 10/10/2014

Penale Sent. Sez. 2 Num. 2472 Anno 2015
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: CERVADORO MIRELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
A.A.
avverso la sentenza n. 4522/2009 CORTE APPELLO di MILANO, del
11/11/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/10/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MIRELLA CERVADORO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 10/10/2014

Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, nella persona della
dr.ssa Maria Giuseppina Fodaroni, la quale ha concluso chiedendo che il

ricorso venga dichiarato inammissibile.

Svolgimento del processo

Con sentenza del’11.11.2013, la Corte d’Appello di Milano confermava
la decisione di primo grado che aveva condannato A.A. alla pena
di anni due di reclusione e € seicento di multa per il reato di ricettazione.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo: 1)
inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (art.178 lett.c
e 179 c.p.p. in relazione all’art.606 co.1 lett c c.p.p., nullità avviso ex art.415
bis c.p.p.p nullità del decreto che dispone il giudizio. La notifica dell’avviso
ex art.415 bis c.p.p. veniva effettuata a mani dello stesso A.A. in data
27.4.2007, ma tale circostanza non poteva corrispondere alla realtà in quanto
l’imputato era ristretto in carcere dal 29.9.2006, e pertanto la firma sulla
cartolina di notifica era apocrifa. La Corte d’Appello erroneamente ha quindi
rigettato la richiesta di nullità del procedimento per nullità dell’avviso ex
art.415 bis, affermando che la stessa non era stata rilevata tempestivamente.
Infatti, l’imputato non ha potuto eccepire la nullità della notifica prima del
deposito dei motivi d’appello, poiché sino a quel momento non ha avuto
contezza del procedimento. Anche la notifica del decreto di citazione a
giudizio è viziata da nullità poiché l’atto risulta ritirato dalla suocera non
convivente e pertanto non legittimata a riceverlo; 2) erronea applicazione
dell’art. 648 c.p. e mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione
ai sensi dell’art.606, co.1, lett.b) ed e) c.p.p. in riferimento all’elemento
psicologico del reato, in quanto il A.A. ha indicato la persona da cui aveva
i

ricevuto l’assegno e chiesto la rinnovazione del dibattimento per escutere la
persona che aveva consegnato l’assegno al A.A..
Chiede pertanto l’annullamento della sentenza.

1. Con ordinanza depositata il 24.9.2013, la Corte d’Appello di Milano
ha rigettato le eccezioni preliminari di nullità della notifica dell’avviso ex
art.415 bis c.p.p., in quanto intempestivamente proposta per la prima volta in
appello, e di quella del decreto di citazione a giudizio, in quanto
l’attestazione presente nella relata di notifica circa la convivenza della
suocera del A.A. non risultava adeguatamente smentita (anche in ragione
del rapporto di affinità) dal certificato anagrafico prodotto, posteriore
peraltro di due anni. Lo stato di detenzione dell’imputato, poi, non era mai
stato dichiarato nel corso del dibattimento di primo grado.
2. Nel caso di imputato detenuto per altra causa, la notificazione di un
atto all’imputato stesso, in forza della disposizione di cui al quarto comma
dell’art. 156 c.p.p., deve essere eseguita nel luogo di detenzione solo ove tale
stato risulti degli atti del procedimento per il quale deve eseguirsi la
notificazione medesima (v.Cass.Sez.II, Sent. n. 19590/2006 Rv. 234202; Sez.II,
Sent. n. 17798/ 2009 Rv. 243952; Sez.II, Sent. n. 32588/2010 Rv. 247980), e
nella fattispecie tale stato agli atti del procedimento non risultava.
3. In materia di notificazione, è giurisprudenza costante di questa Corte
che la presunzione di veridicità, che assiste la relata in cui l’ufficiale
giudiziario attesta che il consegnatario dell’atto è convivente con
l’interessato, può essere da questi contrastata – attesa la libera valutazione
attribuita al giudice – ma solo a condizione che venga fornita una prova
contraria precisa e rigorosa (v.Cass.Sez.II, Sent. n. 24575/2001 Rv. 219640;
Sez.IV, Sent. n. 27549/2008 Rv. 240893). E pertanto, nel caso in cui la

Motivi della decisione

notificazione venga eseguita, ai sensi dell’articolo 157 c.p.p., nel domicilio
dell’imputato mediante consegna a persona diversa dall’imputato e il
consegnatario dell’atto non abbia dichiarato l’ inesistenza del rapporto di
convivenza asserito nella relazione dell’ufficiale giudiziario, spetta
all’interessato che deduca la nullità della notifica, negando tale rapporto o

allegando la sua avvenuta cessazione al momento della notifica, la prova
rigorosa della diversa realtà da lui prospettata (v.Sez.V, Sentenza n. 14108/
/1999 Rv. 215798; Sez.II, Sentenza n. 9776/2012 Rv. 254824). Nel caso
concreto, una prova siffatta non è stata fornita, dal momento che il prodotto
certificato anagrafico (che, tra l’altro, non esclude di per sé la convivenza
anche temporanea di altro familiare o affine v., tra le tante, Cass.Sez.V, Sent.
n. 7399/2009 Rv. 246092) rilasciato a B.B., figlia
dell’imputato, dal Comune di Cornaredo in data 4.5.2009, è di epoca
successiva a quella in cui il decreto di citazione a giudizio venne notificato
presso il domicilio dell’imputato, a mani della suocera dichiaratasi
convivente. Non sussiste pertanto la dedotta violazione di legge, per quel che
attiene alla notificazione del decreto a giudizio.
3. Per quanto concerne, poi, la nullità dell’avviso ex art.415 bis c.p.p.,
assume il ricorrente che dalla relata di notifica risulta che la stessa venne
effettuata a mani dello stesso A.A. in data 27.4.2007, ma che tale circostanza
non può corrispondere alla realtà in quanto l’imputato si trovava ristretto in
carcere dal giorno 29 settembre 2006, ed allega – a dimostrazione di ciò ordine di esecuzione per la carcerazione emesso dal Tribunale di Milano in
data 9.2.2009, nel quale si dispone che la pena di cui alla sentenza definitiva
della corte d’Appello di Milano in data 1.7.2008 decorra dal 29.9.2006. A
prescindere dal fatto che dal predetto ordine di esecuzione non emerge che
alla data del 27.4.2007 l’imputato fosse detenuto in carcere, e non fosse invece
agli arresti domiciliari presso la sua abitazione, la qual cosa ben gli avrebbe
consentito di ricevere la notifica dell’avviso in questione, e che la prova della
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detenzione in carcere alla data in questione ben avrebbe potuto essere
agevolmente fornita tramite produzione di certificazione dell’istituto ove il
A.A. si trovava all’epoca ristretto, rileva il Collegio che correttamente la
Corte d’Appello ha respinto l’eccezione in questione, dal momento che la
dedotta nullità era comunque da ritenersi nullità a regime intermedio, e

come tale eccepibile e rilevabile prima della sentenza di primo grado (v., da
ultimo, Cass.Sez.VI, Sent. n. 45581/2013 Rv. 257807), per cui era da ritenersi
intempestiva.
4. Quanto alle censure concernenti l’affermazione di responsabilità,
esse propongono sostanzialmente una interpretazione degli elementi fattuali
differente da quella ritenuta dal giudice di merito, postulandosi da questa
Corte, in una sorta di giudizio di merito di terzo grado, una inammissibile
rivalutazione del materiale probatorio, già delibato. E la Corte, con
motivazione congrua e priva di evidenti vizi logici, dopo aver rilevato che
l’allegazione difensiva per la citazione del teste Capolongo non aveva avuto
alcun effetto, essendo lo stesso deceduto a Milano il 19.1.2006, ha rilevato che
l’indicazione del Capolongo era avvenuta solo nell’atto di appello, mentre
dal verbale delle dichiarazioni rese dallo stesso A.A. ai Carabinieri di
Bareggio il 27.7.2005 (verbale acquisito agli atti su accordo delle parti)
risultava che lo stesso aveva dichiarato – quanto alla provenienza del titolo di non essere in grado di indicare da chi potesse averlo ricevuto: “avendo
una attività di soccorso stradale, nonché rivendita di autovetture usate, aveva
certamente ricevuto l’assegno in pagamento di un’auto, e si riservava di
comunicare ai carabinieri l’esito dei controlli che avrebbe eseguito allo scopo
di identificare la persona che aveva pagato l’acquisto di un’auto con
quell’assegno” (v.pag.3 della sentenza del Tribunale di Milano), indicazione
che viceversa veniva fornita “ben quattro anni dopo”, con la logica
conseguenza da rendere non credibile l’affermazione del prevenuto di aver
ricevuto l’assegno in buona fede: “se l’assegno era il pagamento di
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un’autovettura usata, e quindi era relativo ad un negozio il cui espletamento
necessita di prescritte formalità, quali la registrazione e l’identificazione
dell’acquirente, non è seriamente pensabile che A.A. non si accertasse
dell’identità del soggetto che aveva dato in pagamento il titolo. In definitiva
lo stesso non ha dato alcuna giustificazione se non dopo quattro anni dopo il

sicuramente strumentali” (v.pag.6 della sentenza impugnata).
Contro tali valutazioni, dal motivo in esame sono formulate mere
contestazioni di veridicità, in un impensabile tentativo di ottenere da questa
Corte di legittimità un revisione di merito delle valutazioni stesse.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa (v.Corte Cost. sent.n.186/ 2000), nella
determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della
Cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata
in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deliberato, il 10.10.2014.
Il C ansi liere estensore

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Il Presidente

Matilde Cammino

fatto. E tali giustificazioni, atteso il decesso della persona, appaiono

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