Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24699 del 20/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 24699 Anno 2014
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
Rinella Giuseppe, nato a Canicattì il 28/11/1960

avverso l’ordinanza emessa il 21/01/2014 dal Tribunale di Caltanissetta

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Edoardo Scardaccione, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Caltanissetta, con l’ordinanza indicata in epigrafe, rigettava
la richiesta di riesame presentata ex art. 309 cod. proc. pen. nell’interesse di
Giuseppe Rinella avverso un’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Gela il
17/12/2013, in forza della quale era stata applicata a carico del suddetto misura
custodiale per un addebito di furto aggravato.

Data Udienza: 20/05/2014

Disattese alcune eccezioni in rito, il Tribunale segnalava che l’episodio
riguardava la sottrazione di una busta, contenente la somma di 750,00 euro in
contanti, dalla tasca posteriore dei pantaloni di tale Salvatore Nisselino, da parte
di un uomo del quale la persona offesa aveva dato una descrizione sia quanto
alte caratteristiche somatiche che all’abbigliamento indossato. Visionate alcune
immagini registrate dall’impianto di videosorveglianza di un esercizio
commerciale (il fatto si era verificato lungo una pubblica via, intorno alle 09:30

Rinella, perché noto all’ufficio, un individuo nell’atto di transitare di corsa sotto la
telecamera alle 09:15: sottoposto al Nisselino un

album recante al n. 3 la

fotografia del prevenuto, il denunciante aveva indicato che le fattezze dell’uomo
ritratto nella terza foto corrispondevano quasi certamente a quelle dell’autore del
furto.
I giudici del riesame ritenevano così superati gli elementi offerti in prima
battuta dal derubato, che peraltro aveva segnalato il vestiario del ladro pantaloni corti al ginocchio e maglietta azzurra – in termini sovrapponibili a
quelli che si desumevano dall’immagine del Rinella, come riconosciuto dalle
registrazioni (sulla tinta della maglietta, che dalle riprese risultava blu,
l’ordinanza precisava trattarsi di una difformità non rilevante, essendo «due
diverse tonalità dello stesso colore»). Anche la descrizione fisica era
sostanzialmente coincidente, essendo il prevenuto robusto e con capelli scuri,
non folti e portati all’indietro (dato idoneo a giustificare il particolare di una
“piccola zona di pelata” notato dal Nisselino, e smentito invece dalla difesa): la
discrasia sull’età, visto che il denunciante aveva parlato di un 40enne mentre il
Rinella risultava nato nel 1960, era considerata di non particolare rilievo.
In punto di esigenze cautelari, il Tribunale di Caltanissetta rilevava la
sussistenza del pericolo di recidiva specifica, essendo il Rinella gravato da
numerosi precedenti, anche contro il patrimonio, e recentemente sottoposto alla
misura di prevenzione della sorveglianza speciale.

2. Propone ricorso per cassazione il difensore del Rinella, deducendo carenze
motivazionali e violazione di legge processuale in ordine ai criteri utilizzati per la
valutazione dei presunti indizi di colpevolezza.
Rileva la difesa che il riconoscimento fotografico, eseguito dal Nisselino dopo
8 giorni dal fatto, non potrebbe intendersi collimante con le indicazioni
provenienti dalla persona offesa nell’immediatezza, essendo diverse le fattezze
dell’indagato (a partire dalla sua inesistente calvizie) rispetto a quanto il
derubato aveva dichiarato nel descrivere l’autore del furto. Peraltro, l’immagine
segnalata dalla polizia giudiziaria come ritraente il Rinella si riferiva non già alla

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del mattino dell’11/09/2013), un agente aveva riconosciuto senza dubbi nel

strada lungo la quale era stato commesso il reato, bensì ad una adiacente: ed
era ben possibile che il denunciante fosse stato indotto in errore nel ricordare il
ricorrente come una persona vista quel giorno, associandola all’episodio.
Comunque scorretta sarebbe l’affermazione dei giudici di merito secondo cui
l’indagato risulterebbe da quelle immagini nell’atto di sfilare dai pantaloni del
Nisselino la busta contenente il denaro, atteso che la scena della sottrazione
della busta de qua non venne in alcun modo ripresa, né la circostanza avrebbe

stati versati né I fotogrammi né i supporti contenenti le registrazioni. A
quest’ultimo riguardo, nell’interesse del Rinella si fa notare che la mancata
trasmissione degli atti appena ricordati comporta una ragione di nullità
dell’ordinanza presupposta e dello stesso provvedimento impugnato, che
avrebbe erroneamente rigettato la relativa eccezione difensiva, ritualmente
sollevata; ulteriore ragione di nullità deriverebbe poi dalla circostanza che
«richiesta di riesame il 09/01/2014, gli atti del fascicolo pervenivano in maniera
incompleta il 13/01/2014, e che solo il 15/01/2014, con altra trasmissione di
atti, perveniva l’interrogatorio di garanzia reso dal Rinella (violando il termine di
giorni 5 previsto dall’art. 309 cod. proc. pen.), mentre mai è pervenuto il
dischetto CD o DVD contenente il video di cui si parla nell’ordinanza impugnata,
e neppure i fotogrammi da esso estratti».

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non può trovare accoglimento.
Sulle censure di carattere processuale, deve comunque ricordarsi che il
termine di cinque giorni di cui all’art. 309, comma 5, del codice di rito decorre
non già dalla richiesta di riesame, bensì dall’avviso all’autorità giudiziaria
procedente, con il quale il Tribunale richiede la trasmissione degli atti ex art.
291, comma 1, e di tutte le sopravvenienze favorevoli alla persona attinta dalla
misura.
In ogni caso, quanto all’interrogatorio di garanzia, la giurisprudenza di
questa Corte ha già affermato che per il relativo verbale deve ritenersi imposto
l’obbligo di trasmissione «soltanto quando abbia un contenuto oggettivamente
favorevole all’indagato e non si limiti alla mera contestazione delle accuse; detta
valenza dell’atto – ove si voglia sostenere che dalla sua mancata trasmissione
derivi la caducazione della misura cautelare – deve essere specificatamente
indicata dalla parte nel ricorso al Tribunale del riesame» (Cass., Sez. V, n. 51789
del 30/09/2013, Piazza, Rv 257932). Indicazione specifica che il difensore del

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potuto essere verificata in sede di riesame dal momento che in atti non erano

ricorrente non evidenzia essere stata espressa al Tribunale, e che non risulta
comunque formulata in sede di ricorso per cassazione, al fine di rappresentare la
decisività delle dichiarazioni che il Rinella avrebbe reso in quella occasione.
Analogamente è a dirsi quanto all’omessa trasmissione dei supporti
magnetici od informatici su cui sarebbero state riversate le registrazioni
dell’impianto di videosorveglianza, o dei relativi fotogrammi; a riguardo, la
giurisprudenza di legittimità ha parimenti sostenuto che «in tema di riesame, il

dell’art. 309 cod. proc. pen., i supporti informatici contenenti le video riprese
utilizzate ai fini dell’applicazione della misura, quando gli esiti delle stesse siano
contenuti nell’annotazione di polizia giudiziaria» (Cass., Sez. I, n. 34651 del
27/05/2013, Ficorri, Rv 257440). Principi cui il Tribunale di Caltanissetta si è
correttamente ispirato, facendo altresì presente che il giudice di prime cure non
aveva fondato la sua decisione su quei peculiari atti, bensì sul contenuto
dell’annotazione di p.g. che dava contezza degli elementi tratti dalla visione del
filmato.
Quanto alla gravità della piattaforma indiziarla a carico del Rinella, il
Tribunale ha chiarito, con motivazione congrua ed immune dalle censure
sollevate dalla difesa, non solo l’affidabilità della ricognizione fotografica
espressa dalla persona offesa, ma anche la sostanziale rispondenza – con
l’eccezione di alcuni elementi di rilievo marginale – del risultato di quella
ricognizione rispetto alle dichiarazioni rese dal Nisselino all’atto della prima
descrizione dell’autore del delitto. Deve peraltro essere precisato che
nell’ordinanza impugnata non si afferma, contrariamente a quanto sembra
sostenere il ricorrente, che dalle immagini registrate si vedrebbe il Rinella
nell’atto di commettere il furto: il Tribunale, riprendendo il contenuto
dell’annotazione curata dalla polizia giudiziaria, si limita ad evidenziare che un
uomo, certamente riconosciuto nel Rinella dagli operanti, era ivi ritratto mentre
correva (e ciò alle 09:15, a fronte di una condotta criminosa commessa alle
09:30 o giù di lì, in quella strada od in una immediatamente prossima).
Del tutto ragionevoli si palesano poi le osservazioni dei giudici del riesame
circa la corrispondenza dell’abbigliamento, per tipologia e colori dei capi
indossati, come pure sulla compatibilità della corporatura descritta dal Nisselino
rispetto a quella effettiva dell’indagato; nel contempo, non risultano affatto
manifestamente illogiche le argomentazioni esposte in ordine alla giustificabilità
dell’impressione ricevuta dal derubato quanto alla capigliatura ed all’età di chi gli
sottrasse il denaro.

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pubblico ministero non ha l’obbligo di trasmettere, ai sensi del comma quinto

2. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del Rinella al pagamento delle
spese del presente giudizio di legittimità.
Dal momento che alla presente decisione non consegue la rimesslone in
libertà della ricorrente, dovranno essere curati dalla Cancelleria gli adempimenti
di cui al dispositivo.

Rigetta il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp.
att. cod. proc. pen.

Così deciso il 20/05/2014.

P. Q. M.

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