Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 246 del 10/12/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 246 Anno 2016
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: VILLONI ORLANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LEZZI ORONZO N. IL 25/08/1949
avverso la sentenza n. 4061/2014 CORTE APPELLO di MILANO, del
15/12/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ORLANDO VILLONI;

Data Udienza: 10/12/2015

Motivi della decisione
L’imputato Lezzi Oronzo ricorre contro l’indicata sentenza della Corte d’Appello di Milano che,
pronunziando a seguito di annullamento parziale con rinvio disposto da Cassazione Sezione
Seconda del 06/05/2014, a conferma di quella emessa dal locale Tribunale il 13/07/2012, ne
ha ribadito la condanna ivi stabilita alla pena di quattro mesi di reclusione ed C 200,00 di multa
per appropriazione indebita aggravata (artt. 646, 61 n. 7 e 11 cod. pen.).

Il ricorso è manifestamente infondato.
Nel disporre l’annullamento parziale della precedente decisione in grado d’appello, la Seconda
Sezione di questa Corte Suprema ha stabilito che a fronte di precise dichiarazioni testimoniali
favorevoli all’imputato rese dal figlio Lezzi Cristian, il giudice si era trovato di fronte al bivio di
disattenderle motivatamente o di procedere d’ufficio all’esame della parte lesa Arcodia Burriolo
Giuseppe al fine di appurare se quanto riferito dal Lezzi (figlio) fosse o meno vero (pag. 3 sent.
13/07/2012 cit.), avendo, invece, optato per la soluzione, ritenuta illogica, di non tenerne
minimamente conto.
Ebbene, il giudice del rinvio ha adottato la prima opzione, dando motivatamente conto delle
ragioni per cui ha ritenuto le dichiarazioni del testimone oltre modo interessate per vincolo di
parentela e quindi inattendibili e come, invece, quelle della parte lesa (non costituitasi parte
civile) siano, invece, da ritenere maggiormente credibili e coerenti rispetto agli altri elementi di
prova.
Non v’è stata, pertanto, alcuna violazione del disposto dell’art. 627, comma 3 cod. proc. pen.
anche perché, nel disporre il rinvio, questa Corte Suprema non ha stabilito alcun principio di
diritto; il residuo motivo di ricorso è inammissibile perché non dedotto neppure nel precedente
ricorso per cassazione.
Alla dichiarazione d’inammissibilità dell’impugnazione segue, come per legge, la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della
cassa delle ammende, che stimasi equo quantificare in C 1.000,00 (mille).

P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di C 1.000,00 (mille) in favore della cassa delle ammende.
Roma, 10 dicembre 015

Il ricorrente deduce contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nonché violazione
del disposto dell’art. 627, comma 3 cod. proc. pen. e conseguente mancata applicazione della
esimente del caso fortuito o di forza maggiore di cui all’art. 45 cod. pen.

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