Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24558 del 22/05/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 6 Num. 24558 Anno 2013
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Mezzini Alberto, nato a Bologna il 09/07/1965

avverso l’ordinanza del 23/06/2012 del Tribunale di Bologna;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’indagato l’avv. Aldo Meyer, che ha concluso chiedendo l’annullamento
dell’ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza sopra indicata il Tribunale di Bologna, adito in sede di
riesame ai sensi dartt. 322 e 324 cod. proc. pen., annullava in parte,
limitatamente al capo F) dell’addebito, ordinando il dissequestro di quanto
appreso con riferimento a tale reato, e confermava nel resto il decreto del
04/05/2012, integrato con provvedimento del 18/08/2012, con il quale il Giudice

Data Udienza: 22/05/2013

per le indagini preliminari dello stesso Tribunale aveva disposto nei confronti di
Alberto Mezzini il sequestro preventivo, anche nelle forme per equivalente, di
denaro, titoli, valori, beni mobili e immobili, ed altre utilità nella sua disponibilità
fino alla corrispondenza di euro 1.000.000, pari all’importo utilizzato per la
commissione da parte del Mezzini, in concorso con Claudio Morsenchio e
Alessandro Rapalli, del reato di manipolazione del mercato di cui all’art. 185
cligs. n. 58 del 1998 (capo N), punto I); degli stessi beni e di quelli nella sua
disponibilità anche attraverso società controllate, fino alla corrispondenza di euro

medesimo reato di manipolazione del mercato di cui al predetto art. 185 (capo
N), punto II); nonché degli stessi beni, fino alla concorrenza di euro 10.421.874,
pari ai proventi del reato di abuso di informazioni privilegiate di cui all’art. 184
d.lgs. cit., contestato al Mezzini in concorso con Claudio Morsenchio e Paolo Lelli
(oltre che con Alfonso Marino, deceduto).
Rilevava il Tribunale come i suddetti beni erano stati sottoposti a vincolo per
finalità di confisca ai sensi dell’art. 321 comma 2 cod. proc. pen., anche per
equivalente in ragione della disposizione dettata dall’art. 187 d.lgs. cit., in
relazione ai due reati innanzi delineati, commessi dal Mezzini, tra il 01/01/2006
ed il 30/06/2008, nella veste di amministratore delegato, direttore generale,
socio di maggioranza e reale dominus della Uni Land s.p.a.

2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso il Mezzini, con atto sottoscritto
dai suoi difensori avv. Luigi Stortoni e Aldo Meyer, il quale ha dedotto una
violazione di legge, in relazione all’art. 321 cod. proc. pen., per avere il Tribunale
confermato il decreto genetico della misura cautelare reale:
2.1. benché non potesse essere disposto il sequestro per equivalente, fino alla
concorrenza di euro 1.000.000, beni nella disponibilità del Mezzini per un
Importo asseritamente corrispondente al denaro utilizzato per commettere il
reato di manipolazione del mercato di cui al richiamato art. 185, trattandosi, in
ipotesi, di beni strumentali alla consumazione di quel delitto, dunque non
sequestrabili nella forma per equivalente;
2.2. nonostante non potesse essere disposto il sequestro per equivalente, fino
alla concorrenza di euro 12.967.500, di azioni della Uni Land s.p.a., dato che non
era stato previamente dimostrata l’infruttuoso tentativo di sequestro, a fini di
confisca, direttamente del prodotto o del profitto del reato contestato, nonché
tenuto conto che, in relazione al medesimo reato, era stato già disposto ed
eseguito il sequestro della azioni della Uni Land nella disponibilità della società
Cemlux, con l’effetto di un’inutile duplicazione di vincoli reali, ed era stato pure
ordinato il sequestro della polizza in cui sarebbero confluite le azioni della Uni
2

12.967.500, pari al valore dei beni utilizzati dal Mezzini per la commissione del

Land (aspetto, questo, in ordine al quale il Tribunale aveva omesso di fornire
adeguata motivazione a sostegno della propria decisione);
2.3. benché il sequestro per equivalente di beni fino alla concorrenza di euro
10.421.874 era stato disposto in relazione ad un reato, quello di abuso di
informazioni privilegiate, di cui al capo O), non configurabile nella fattispecie e,
comunque, reato con riferimento al quale l’importo innanzi indicato non poteva
essere considerato il prodotto o il profitto, bensì la conseguenza patrimoniale

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Ritiene la Corte che il ricorso sia inammissibile.

2. Il primo motivo del ricorso è manifestamente infondato.
Il Tribunale di Bologna ha evidenziato che il sequestro preventivo delle azioni
della Uni Land appartenenti (direttamente o indirettamente) al Mezzini era stato
disposto specificamente con riferimento al reato di cui all’art. 185 d.lgs. n. 58 del
1998, contestato al prevenuto nel capo N) dell’imputazione, per avere, in
concorso con altri, compiuto, tra il gennaio del 2006 ed il giugno del 2008, una
serie di atti destinati a provocare una sensibile alterazione del prezzo e del
volume di scambi delle azioni di quella società, quotate nel segmento Star del
Mercato titoli azionari della Borsa Italiana: condotte concretizzatesi, oltre che nel
fornire al pubblico comunicazioni non veritiere, imprecise, parziali, irrilevanti o
fuorvianti in ordine sia ai prezzi di vendita di tali titoli che all’attività e alla
situazione economica della società Uni Land, nell’esecuzione di operazioni di
vendita di quelle azioni con modalità idonee a fornire al mercato segnali decettivi
circa l’esistenza di un forte interesse e di un mercato attivo per i predetti titoli,
nell’effettuazione di cessioni delle medesime azioni fuori mercato a soggetti
dietro ai quali si celava lo stesso Mezzini, nonché nella stipula, per il tramite
dell’interposizione fittizia di una fiduciariarí’una polizza vita collegata alla
gestione di quei titoli, in modo tale da dare impressione al mercato che la società
assicurativa Generali possedesse una rilevante partecipazione in Uni Land.
Elementi, questi, dai quali è possibile agevolmente desumere che le azioni della
Uni Land erano state lo strumento mediante il quale il reato di manipolazione del
mercato era stato commesso. Il vincolo su altri titoli di analogo tipo e natura è,
dunque, giustificato dalla necessità di vincolare beni di valore equivalente a
quelli che sarebbe stato possibile ablare in via diretta, in applicazione della
norma dettata dal più volte citato art. 187 comma 2 d.lgs. n. 58 del 1998:
disposizione che solo con un’arbitraria e non condivisibile lettura è possibile

3

dell’esecuzione di un negozio lecito e consentito.

sostenere essere applicabile solo nei casi in cui non sia possibile la confisca del
prodotto o del profitto del reato, e non anche nei casi in cui non sia possibile la
confisca diretta dei beni che erano stati utilizzati per commettere il reato.
Nello stesso senso si è espressa altra Sezione di questa Corte, per la quale è
manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 187
d.lgs. n. 58 del 1998 per violazione degli artt. 3 e 27 Cost., nella parte in cui
consente la confisca anche per equivalente non solo del profitto, ma altresì dei
beni impiegati per commettere il reato di abuso di informazioni privilegiate (Sez.

3. Anche il secondo motivo del ricorso è manifestamente infondato in quanto
nel decreto genetico della disposta misura cautelare reale – alla cui motivazione
ha fatto indirettamente rinvio il Tribunale che ha respinto la richiesta di riesame
– si legge chiaramente (v. pag. 72), al contrario di quanto asserito dall’odierno
ricorrente, che le azioni che il Mezzini ed i suoi concorrenti avevano utilizzato per
la commissione del reato di market abuse non erano quelle nella disponibilità del
prevenuto, che sono state poi sequestrate, bensì le 66.500.00 azioni della Uni
Land che in precedenza erano state cedute a quattro società off shore, come tali
non più apprensibili e, perciò, non più confiscabili ai sensi dell’art. 187 comma 1
d.lgs. n. 58 del 1998 (secondo cui “in caso di condanna per uno dei reati previsti
dal presente capo è disposta la confisca del prodotto o del profitto conseguito dal
reato e dei beni utilizzati per commetterlo”): e che, per tale ragione, il sequestro
preventivo delle azioni ancora nella disponibilità del Mezzini era stato disposto
per equivalente, a norma del comma 2 del predetto art. 187, per il quale
“qualora non sia possibile eseguire la confisca a norma del comma 1, la stessa
può avere ad oggetto una somma di denaro o beni di valore equivalente”.
Correttamente il Tribunale del riesame ha escluso che fosse configurabile una
ingiustificata duplicazione degli effetti della misura cautelare reale, ed ha
reputato assorbito, tenuto conto dell’assenza di qualsivoglia pregio del motivo
principale, l’esame della questione, posta in via subordinata, di una possibile
riduzione del sequestro solo a parte delle azioni vincolate, tema questo che,
afferendo più che ai presupposti di applicazione della misura del sequestro jalle
modalità della sua esecuzione, va posta all’attenzione del giudice del
procedimento principale.

4. Pure manifestamente infondato è il terzo ed ultimo motivo del ricorso.
Quanto al primo aspetto della doglianza difensiva va ricordato come
costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo
il quale il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro
4

5, n. 28486 del 13/03/2012, Respigo, Rv. 252989).

preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione
dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei
vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a
sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di
coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere
comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (così Sez. U, Sentenza n.
25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692; Sez. U, n. 25933 del 29/05/2008,
Malgioglio, non mass. sul punto).
impugnata non solamente la motivazione non manchi né sia apparente, ma come
la stessa si presenti sufficientemente completa e ragionevole, comunque esente
da vizi manifesti sul piano logico, avendo il Tribunale chiarito come le carte del
procedimento direttamente a carico del Mezzini avessero dimostrato come lo
stesso, quale amministratore delegato e reale dominus della Uni Land s.p.a., allo
scopo di provocare una sensibile alterazione del prezzo delle azioni di tale
società, quotate al Mercato gestito da Borsa Italiana, aveva acquistato, venduto
e indotto altri ad acquistare tali strumenti finanziari, essendo in possesso di
informazioni privilegiate sugli stessi strumenti, in concorso con il Morsenchio ed il
Marino, i quali rivestivano cariche sia nella Uni Land che nel Banco Emiliano
Romagnolo; e con il Lelli, direttore generale della stessa Banca, con la quale il
Mezzini aveva raggiunto un accordo per la compra-vendita delle azioni, intesa
tenuta nascosta al pubblico, in maniera tale che il prezzo della cessione
apparisse sul mercato di molto superiore a quello realmente pagato da una
società off shore della Isole Vergini Britanniche.
Per ciò che concerne, poi, il secondo aspetto delle censure difensive, il
Tribunale del riesame ha compiutamente chiarito che, nella fattispecie, il
prodotto del reato di abuso di informazioni privilegiate, per il quale è stato
riconosciuto il fumus commissi delicti, si identifica, allo stato delle indagini, con
la somma complessiva di euro 10.421.874,00 conseguita dal Mezzini in
conseguenza della effettuazione dell’operazione di compra-vendita di azioni,
compiuta d’intesa e con la collaborazione dei soggetti posti al vertice della Banco
Emiliano Romagnolo: importo, frutto diretto dell’illecito in quanto di gran lunga
superiore a quello che sarebbe stato ottenuto con una normale cessione di quei
titoli, pure determinato al netto delle somme trattenute a titolo di “retrocessione”
dalla società acquirente dei titoli, rispetto al quale è stato correttamente disposto
il sequestro per equivalente sui beni nella disponibilità dei concorrenti nella
consumazione di quel delitto.
Tale soluzione appare conforme all’orientamento seguito dalla giurisprudenza
di questa Corte secondo il quale, ai fini dell’adozione del sequestro preventivo
5

Alla luce di tale regula iuris bisogna prendere atto come nella ordinanza

finalizzato alla confisca, la nozione di profitto del reato coincide con il complesso
dei vantaggi economici tratti dall’illecito e a questo strettamente pertinenti,
senza che ad esso possano essere sottratti i costi sostenuti per la commissione
del reato: indirizzo esegetico per cui il concetto di profitto va inteso non in senso
economicgi come espressione di una sorta di reddito di esercizio, ma “come
complesso dei vantaggi economici tratti dall’illecito e a questo strettamente
pertinenti, dovendosi escludere, per dare concreto significato a tale nozione,
l’utilizzazione di parametri valutativi di tipo aziendalistico …(ciò perché)… il
della proprietà o di altro diritto su un bene e il reo non può, quindi, rifarsi dei
costi affrontati per la realizzazione del reato. Il diverso criterio del profitto netto
finirebbe per riversare sullo Stato… il rischio di esito negativo del reato ed il reo
e, per lui, l’ente di riferimento si sottrarrebbero a qualunque rischio di perdita
economica” (così Sez. U, n. 26654 del 27/03/2008, Fisia Italimpianti Spa e altri,
Rv. 239924; conf., sia pur con diretto riferimento al delitto di manipolazione del
mercato, Sez. 5, n. 44032 del 18/07/2008, Dordoni, Rv. 241671; e Sez. 5, n.
47983 del 18/12/2008, Tamagni, Rv. 242952).
5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento in favore dell’erario
delle spese del presente procedimento ed al pagamento in favore della Cassa
delle ammende di una somma che si stima equo fissare nell’importo indicato nel
dispositivo che segue.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 22/05/2013

crimine non rappresenta, in alcun ordinamento, un legittimo titolo di acquisto

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA