Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24543 del 20/03/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 24543 Anno 2014
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AMIN MAJDI N. IL 18/11/1985
avverso l’ordinanza n. 3768/2008 TRIBUNALE di BRESCIA, del
23/02/2009
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA,
lette/seMitele conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 20/03/2014

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Ritenuto in fatto
Ricorre per cassazione l’avv. Stefano Ricci, quale difensore di fiducia di Majdi Amin
avverso il provvedimento di rigetto emesso in data 23.2.2009 dal Presidente
delegato del Tribunale di Brescia a seguito di ricorso proposto ex art. 99 dPR
115/2002 avverso il decreto di rigetto dell’istanza di ammissione al patrocinio a
spese dello Stato.
Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale contestando il fatto che la
mancanza di certezza in ordine all’identità dell’imputato (sconosciuto al Consolato

fatta dal cittadino extracomunitario) era stata ostativa del beneficio richiesto,
mentre non lo era stata per l’emissione dell’ordinanza di custodia cautelare in
carcere e dolendosi della circostanza che era stata esclusa l’ipotesi di impossibilità
a sollecitare il rilascio della predetta certificazione così disattendendo la
dichiarazione sostitutiva compilata dal ricorrente (ma che il provvedimento
impugnato indica come del tutto privo di sottoscrizione) e prevista in caso di
impossibilità di ottenere tale certificazione.
Il Procuratore generale in sede, all’esito della requisitoria scritta, ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile.
Invero, ai sensi dell’art. 99, 4 0 comma del dPR n. 115 del 2002 il ricorso per
cassazione avverso l’ordinanza che decide sul ricorso oggi impugnata, può essere
proposta solo per violazione di legge.
Il ricorso in esame, però, mentre rappresenta censure ricondotte nell’ambito anche
della violazione di legge oltre che, espressamente, nel vizio motivazionale,
formula deduzioni che si risolvono in una diversa valutazione delle giustificazioni
poste a base del provvedimento impugnato che dopo aver correttamente rilevato
che la risposta negativa del Consolato algerino implicava che gli estremi
identificativi del ricorrente, quali dichiarati, non corrispondevano alla sua persona
o alla sua reale nazionalità, ha compiutamente spiegato le ragioni per le quali non
poteva essere presa in considerazione dichiarazione sostitutiva prodotta che era
persino sprovvista di sottoscrizione.
Alla declaratoria di inammissibilità segue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna
della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè (trattandosi di causa
di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, della ricorrente: cfr.
Corte Costituzionale, sent. n. 186 del 7 – 13 giugno 2000) al versamento a favore
della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e congruo
determinare in euro 500,00.
P.Q.M.
2

algerino al quale era stata richiesta l’attestazione dei redditi prodotti all’estero

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 500,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 20.3.2014

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