Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24534 del 16/05/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 24534 Anno 2014
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: MARINELLI FELICETTA

Manzi Marco Salvatore osserva la Corte che correttamente
la sentenza impugnata ha riconosciuto il concorso dei due
imputati nel reato di illecita detenzione di sostanza
stupefacente di cui al capo A) della rubrica.
I giudici della Corte territoriale hanno infatti
evidenziato con adeguata e congrua motivazione (cfr pagine
4, 5 e 6 della sentenza impugnata) gli elementi sulla cui
base hanno ritenuto la sussistenza del concorso di tutti
gli imputati nel reato ascritto al capo A) al De Pascali,
evidenziando le dichiarazioni degli agenti verbalizzanti
che avevano condotto le indagini e osservato il
comportamento dei quattro imputati, nonché le
contraddizioni in cui erano caduti gli imputati, da cui
emergeva il ruolo di copertura dell’autovettura del De
Pascali da parte di quella condotta dal Manzi.
Gli stessi devono quindi rispondere del reato di illecita
detenzione di sostanza stupefacente in quanto, ai fini
della configurabilità del concorso di persone nel reato,

Data Udienza: 16/05/2014

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il contributo concorsuale assume rilevanza non solo quando
abbia efficacia causale, ponendosi come condizione
dell’evento lesivo, ma anche quando assuma la forma di
contributo agevolatore, e cioè quando il reato, senza la
condotta di agevolazione, sarebbe ugualmente commesso, ma
con maggiori incertezze di riuscita o difficoltà (Cass.
Sez.4 n. 24895 del 22.5.2007). Sul punto questa Corte,
nella sentenza n.4948 del 22.01.2010, Rv. 246649, emessa
dalla quarta sezione in materia di illecita detenzione di
sostanze stupefacenti, ha ulteriormente precisato la
distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel
reato commesso da altro soggetto, evidenziando che, mentre
la prima postula che l’agente mantenga un comportamento
meramente passivo, privo cioè di qualsivoglia efficacia
causale, il secondo richiede, invece, un contributo
partecipativo positivo, morale o materiale, all’altrui
condotta criminosa, assicurando quindi al concorrente,
anche implicitamente,una collaborazione sulla quale questi
può contare.
Congruamente motivata è poi la sentenza impugnata in
ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche a
tutti e tre gli imputati, in considerazione delle modalità
della condotta, della mancata allegazione di alcun
elemento atto a legittimare tale beneficio e della
presenza di un precedente penale per quanto attiene
all’imputato Puce.
Passando all’esame del ricorso proposto dagli imputati De
Pascali ed Elia si osserva che, contrariamente a quanto
ritenuto dalla difesa, per quanto attiene al capo di
imputazione contrassegnato con la lettera B) contestato al
solo De Pascali, sono state evidenziate, con adeguata
motivazione, le ragioni per cui è stata ritenuta
sussistente l’ipotesi contemplata nell’art.73 comma quinto
d.PR. 309/90 e non già l’uso personale delle sostanze
stupefacenti. I giudici della Corte territoriale hanno
infatti evidenziato sul punto la suddivisione in diversi
involucri, il quantitativo non trascurabile di una delle
due sostanze, il rinvenimento di sostanza di altro tipo
che, per ammissione dello stesso De Pascali, non
costituiva oggetto di uso personale, circostanze tutte che
contrastano con l’uso personale sostenuto dalla difesa.
Ciò rilevato il Collegio non può non tener conto che la
recente disposizione di cui al D.L. n.146 de123.12.2013
(conv. In L. n. 10 del 21.02.2014),nel qualificare il V
comma dell’art. 73 d.P.R. 309/90 quale figura autonoma di
reato, ha rideterminato la pena edittale da uno a cinque
annidi reclusione ed e 3.000,00 a 26.000,00 di multa.
Corte
della
la
sentenza
successiva
è
Di
poco
Costituzionale n. 32 del 2014, depositata il 25.02.2014,
che, per quanto qui rileva, ha dichiarato la illegittimità
costituzionale dell’art. 4 bis della L. 21.02.2006 n. 49,
309/90
nella
d.P.R.
dell’art.
73
testo
cioè
del

(

fi

formulazione di cui alla predetta legge c.d. “FiniGiovanardi”, determinando, come dalla Corte Costituzionale
espressamente affermato, l’applicazione dell’art. 73 del
predetto d.P.R. 309/90 e relative tabelle nella
formulazione originaria (Legge c.d. “Iervolino-Vassalli”).
La Corte Costituzionale ha definito i limiti oggettivi del
proprio intervento in relazione al D.L. 146/2013,
precisando che “trattandosi di
ius superveniens che
riguarda disposizioni non applicabili nel giudizio a quo
lo stesso non poteva esplicare alcuna incidenza sulle
questioni oggetto del giudizio della Corte relative a
disposizioni diverse da quelle oggetto di modifica
normativa e che gli effetti del presente giudizio di
legittimità costituzionale non riguardano in alcun modo la
modifica disposta con il decreto legge n. 146 del
2013,
f in quanto stabilita con disposizione
successiva a quella censurata e indipendente da
quest’ultima”: Ha poi affermato che “rientra nei compiti
del giudice comune individuare quali norme, successive a
quelle impugnate, non siano più applicabili perchè
divenute prive del loro oggetto (in quanto rinviano a
disposizioni caducate) e quali, invece, devono continuare
ad avere applicazione in quanto non presuppongono la
vigenza degli artt. 4 bis e 4 vicies ter, oggetto della
presente decisione”.
Ritiene, però,i1 Collegio che la suddetta sentenza, avendo
dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4
bis e 4 vicies ter della L. 49/2006, abbia travolto
l’intero art. 73 d.P.R. 309/1990, facendo rivivere, almeno
per i reati commessi prima dell’entrata in vigore del D.L.
n. 146 del 2013 anche il precedente testo del comma V con
la ripartizione del trattamento sanzionatorio previsto tra
droghe leggere e droghe pesanti, più favorevole al reo per
quel che concerne le droghe leggere, che prevede una pena
detentiva da sei mesi a quattro anni di reclusione.
Orbene, tornando al caso di specie, si osserva che si deve
ritenuti
ricorrenti,
odierni
gli
per
applicare
responsabili della detenzione al fine di spaccio di sole
droghe leggere (fatta eccezione per il capo B) della
rubrica contestato al solo De Pascali),i1 richiamato
“Iervolinolegge
della
sanzionatorio
trattamento
Vassalli”.
Pertanto,la sentenza impugnata va annullata limitatamente
al trattamento sanzionatorio con rinvio sul punto alla
Corte d’appello di Lecce, precisandosi, ai sensi dell’art.
624 c.p.p., che la statuizione concernente la penale
responsabilità è divenuta irrevocabile.
P.Q.M.
al
limitatamente
impugnata
sentenza
la
Annulla
trattamento sanzionatorio per effetto della sentenza della

m

Corte costituzionale n.32/2014 e rinvia sul punto alla
Corte d’appello di Lecce; rigetta nel resto.

Così deciso in Roma il 16.05.2014

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