Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24526 del 20/03/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 24526 Anno 2014
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AIRALDI GIORGIO N. IL 11/02/1976
avverso la sentenza n. 3124/2013 CORTE APPELLO di GENOVA, del
22/11/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA
Udito il Procuratore Generale in pelisona del Dott. CIOlcci -ice $M-t
che ha concluso per i s.e
col.”0-2 •

Udito, per la parte civile, ‘ v
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 20/03/2014

Ritenuto in fatto
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Airaldi Giorgio avverso la sentenza
emessa in data 22.11.2013 della Corte di Appello di Genova che, in parziale riforma
della sentenza resa dal Tribunale di Savona in data 24.11.2011 all’esito del giudizio
abbreviato, riduceva la pena condizionalmente sospesa inflitta al predetto per il reato
continuato di cui all’art. 73 comma V dPR 309/1990 (illegale detenzione e cessione di
marijuana e illegale detenzione di hashish e cocaina), con attenuanti generiche, ad un
anno di reclusione ed € 4.000,00 di multa con esclusione della continuazione (tra i 4

sospensione della patente di guida (fatto del 21.9.2006).
Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale in ordine alla ritenuta penale
responsabilità, contestando la valenza probatoria del complesso d’indizi raccolti e
ribadendo la destinazione dello stupefacente rinvenuto ad uso esclusivamente
personale, e alla determinazione della pena.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato onde va respinto.
Quanto alla penale responsabilità, le censure mosse sono sostanzialmente aspecifiche
avendo riproposto in questa sede le medesime doglianze rappresentate dinanzi alla
Corte di appello e da quel giudice respinte con motivazione ampia e congrua nonché
assolutamente plausibile (v. pag. 2 sent., laddove vengono enucleati numerosi indizi,
tutti convergenti sulla destinazione dello stupefacente ad uso non esclusivamente
personale, con ammissione, finanche della cessione di sei dosi a tal Altarini Guido),
che il ricorrente non sembra aver tenuto nella debita considerazione contro
deducendo osservazioni inconsistenti ed inidonee ad inficiarla. Del resto, si tratta, a
ben vedere, di mere censure in fatto che non sono consentite nella presente sede di
legittimità.
Quanto al trattamento sanzionatorio, si rammenta che il giudice del merito, con la
enunciazione, anche sintetica, dell’eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri
indicati nell’art. 133 cod. pen., assolve adeguatamente all’obbligo della motivazione:
tale valutazione, infatti, rientra nella sua discrezionalità e non postula un’analitica
esposizione dei criteri adottati per addivenirvi in concreto (da ultimo, Cass. pen. Sez.
II, del 19.3.2008 n. 12749 Rv. 239754).
Peraltro, nel caso in esame è stata correttamente esclusa la continuazione ritenuta dal
giudice di primo grado e ridotta sensibilmente la pena inflitta: e non può ritenersi
alcuna violazione delle richiamate norme poste a presidio della determinazione della
pena, laddove il giudice, nell’ambito dell’anzidetta sua discrezionalità, abbia dato
conto delle ragioni su cui ha basato la quantificazione della sanzione esplicitandone il
calcolo.
2

diversi fatti reato contestati) e con eliminazione della sanzione accessoria della

Né la novella di cui alla L. 146 del 2013 con la qualificazione di reato autonomo della
fattispecie configurata dall’art. 73 V comma dPR 309/1990, può ritenersi abbia
alterato la congruità della pena inflitta, dal momento che in ogni caso ad essa si è
giunti partendo da una pena base (più contenuta di quella assunta in primo grado ma
che deve ritenersi comprensiva della riduzione per le attenuanti generiche) di poco
superiore al minimo edittale (dalla sentenza impugnata si deduce quella di anni uno e
mesi sei di reclusione ed C 6.000,00 di multa) quale è previsto anche nella nuova
formulazione della norma precitata (da uno a cinque anni di reclusione e da C 3.000 a

concreto sostanzialmente combaciante con il predetto minimo.
Consegue il rigetto del ricorso e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 20.3.2014

26.000 di multa) finendo con l’irrogare, con la riduzione per il rito, una pena in

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