Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24524 del 18/02/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 24524 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GRINER FILIPPO N. IL 08/01/1982
avverso l’ordinanza n. 882/2013 TRIB. LIBERTA’ di BARI, del
19/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. p..

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Data Udienza: 18/02/2014

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RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza emessa in data 19 luglio 2013 il Tribunale di Bari, costituito ai
sensi dell’art. 309 cod. proc. pen. nel procedimento di riesame introdotto da
Griner Filippo, confermava il titolo cautelare rappresentato dall’ordinanza emessa
dal GIP di Bari in data 28 giugno 2013 con la sola esclusione – in rapporto al
reato di rapina – della circostanza aggravante di cui all’art. 7 legge n.203 del
1991 .
Giova precisare che il Griner risulta raggiunto da contestazione cautelare per

– rapina aggravata dall’uso di armi, e dal numero delle persone, commessa in
data 30 maggio 2012 e meglio descritta al capo A del titolo cautelare;
– detenzione e porto di più armi da guerra, munizioni ed esplosivi meglio descritti
al capo F.
Entrambe dette contestazioni risultano, secondo l’originaria formulazione,
aggravate dall’art. 7 legge n.203 del 1991 sotto il duplice profilo dell’avvalersi
delle condizioni e di agevolare le finalità dell’associazione di stampo mafioso
capeggiata dal Griner medesimo.
Nell’atto introduttivo della procedura di riesame il Griner limitava le sue
doglianze :
– alla richiesta di annullamento dell’ordinanza emessa dal GIP per radicale
assenza di motivazione ;
– ove tale eccezione fosse stata disattesa, alla richiesta di elisione della
circostanza aggravante di cui all’art. 7 legge 203 del 1991.
Veniva operata pertanto richiesta di sostituzione della misura carceraria con
quella degli arresti domiciliari.
Tale delimitazione dell’oggetto del procedimento di riesame portava il Tribunale
ad affermare che :
a) non poteva dirsi sussistente alcuna nullità del titolo genetico, pur se adottato
con tecnica di massiva importazione dei contenuti della richiesta cautelare,
perchè contenente nel suo complesso autonome valutazioni da parte del GIP. In
ogni caso, l’eventuale assenza di autonoma motivazione non avrebbe potuto dar
luogo al richiesto annullamento, in virtù della natura integralmente devolutiva
del mezzo azionato dal soggetto impugnante;
b) le attività investigative compiute a far data dal 15 ottobre 2012, data in cui
veniva rinvenuta su segnalazione confidenziale (attribuita successivamente al
Piarulli Riccardo) una notevole quantità di armi da guerra e relativo
munizionamento in un terreno adiacente la proprietà del Griner consentivano di
ritenere sussistente, nell’attuale fase procedimentale, l’aggravante di cui all’art.

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distinte ipotesi di reato:

7 legge n.203 del 1991 con esclusivo riferimento alla detenzione e porto delle
armi rinvenute.
Nel motivare la decisione il Tribunale si soffermava sull’analisi della tipologìa e
quantità delle armi rinvenute (anche due fucili d’assalto kalashnikov e due fucili
a pompa), delle dichiarazioni rese da Piarulli Riccardo e Cafieri Giuseppe
(collaboratori di giustizia intranei al gruppo), di ulteriori elementi reputati idonei
a dimostrare l’esistenza del potere di condizionamento e intimidazione
riconducibile al gruppo malavitoso capeggiato dal Griner.

– è possibile identificare, sia pure in via incidentale e indiziarla, i caratteri di una
associazione per delinquere di stampo mafioso con a capo il Griner ;
– il delitto di rapina oggetto di contestazione non può, tuttavia, definirsi
aggravato ai sensi dell’art. 7 legge n.203 del 1991 posto che risulta commesso
con metodo ‘ordinario’ (senza evocare la particolare capacità intimidatoria
dell’ente) e con finalità di recare vantaggio patrimoniale ai soli concorrenti (dal
che mancherebbe una concreta finalità agevolatrice del gruppo criminoso in
quanto tale);
– viceversa i reati correlati al possesso delle armi esprimono una valenza diversa
e ricomprendono la circostanza aggravante in parola dato che il possesso delle
armi è strettamente funzionale ad imporre l’egemonia criminale del
g ru ppo(du nque il Tribunale

ritiene sussistente la

gravità

indiziaria

essenzialmente nella componente agevolatrice descritta nel testo della norma).
Giova precisare sul punto che il Tribunale nell’indicare gli indici rivelatori della
connotazione di stampo mafioso del gruppo Griner fa riferimento a :
– rigidi rituali di affiliazione e di progressione nella struttura in cui è articolato il
gruppo, descritti in modo chiaro e convergente dai due dichiaranti Piarulli e
Cafieri;
– ampiezza del programma criminoso (estorsioni, rapine, traffico di stupefacenti),
sempre in rapporto ai contenuti narrativi in atti, e coinvolgimento di una pluralità
di soggetti ;
– disponibilità concreta delle armi micidiali e degli esplosivi rinvenuti, utilizzati
anche per recare minaccia ad un esponente di gruppo diverso;
– precedente affiliazione del Griner alla associazione di stampo mafioso
denominata Sacra Corona Unita (sempre sulla base delle convergenti indicazioni
dei collaboranti) ;
– assistenza economica agli associati durante i periodi di detenzione (anch’essa
riferita dal Piarulli e dal Cafieri) ;
– constatazione di atteggiamento omertoso tenuto dai proprietari dei fondi,
confinanti alla proprietà del Griner, che non avevano sporto denunzia per la
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La tesi sostenuta è pertanto che :

presenza di armi nei loro terreni, pure a fronte di un casuale rinvenimento
antecedente al sequestro, nè avevano denunziato il fatto che Griner si fosse in
realtà impossessato, almeno in parte, dei loro terreni;
– analogo atteggiamento omertoso tenuto durante le indagini sul rinvenimento
delle armi da parte del commerciante che aveva venduto a persone collegate al
Griner i tubi in plastica idonei alla conservazione delle armi;
– conferma circa la frequentazione dell’abitazione del Griner, peraltro sottoposto
a sorveglianza speciale di p.s., da parte di numerosi altri soggetti pregiudicati,

installato.
Ciò posto, il Tribunale concludeva per la parziale ricorrenza – come si è detto dell’aggravante, per la sussistenza di rilevanti esigenze cautelari (in relazione a
tutte le ipotesi previste dall’art. 274 cod.proc.pen.) e per l’adeguatezza della
misura in atto.

2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione – a mezzo
dei difensori di fiducia – Griner Filippo, articolando distinti motivi.
Con il primo motivo si solleva questione di nullità relativa alle modalità di
svolgtimento della procedura incidentale ai sensi dell’art. 309 comma 8
cod.proc.pen. .
L’indagato – all’epoca ristretto nel carcere di Secondigliano – sostiene di aver
inoltrato richiesta di audizione nell’ambito della procedura camerate in tempi utili
per l’udienza del 18 luglio 2013 e non vi sarebbe stata audizione alcuna da parte
del Magistrato di Sorveglianza. Ne sarebbe derivata la nullità della procedura per
violazione del contraddittorio e del diritto di difesa.
Con il secondo motivo veniva riproposta la questione di nullità afferente il titolo
genetico emesso dal GIP.
Il titolo genetico era da ritenersi nullo perchè il GIP, senza compiere autonome
valutazioni, aveva integralmente riprodotto i contenuti della richiesta del
Pubblico Ministero (a sua volta riproduttiva degli atti di polizia giudiziaria). A
fronte di tale dato non poteva il Tribunale evitare la declaratoria di nullità
attraverso una attività di integrazione motivazionale, essendo tale integrazione
consentita solo in presenza di una prima decisione non affetta dal vizio di totale
carenza motivazionale.
Con il terzo motivo si denunziava vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta
sussistenza – sia pure solo in rapporto ai reati di cui al capo F – della circostanza
aggravante di cui all’art. 7 legge n.203 del 1991.

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ottenuta tramite la estrapolazione dei dati da un sistema di videosorveglianza ivi

Si lamenta un caso di motivazione apparente, posto che non sarebbe stata
correttamente individuata e motivata l’esistenza del gruppo associativo posto a
monte, con le specifiche catatteristiche imposte dalla norma.
In particolare si contesta la valenza dell’affermazione secondo cui il Griner
sarebbe stato affiliato alla Sacra Corona Unita, posto che tale circostanza di fatto
non è mai emersa nei numerosi processi già celebrati.
Inoltre i descritti rituali di affiliazione non sarebbero stati riscontrati, essendo
solo basata la loro ricorrenza sulle dichiarazioni del Piarulli e del Cafieri.

Cafueri, sprovvisti di adeguato approfondimento investigativo, non sarebbe stato
ricostruito il ruolo concretamento svolto dal Griner nè sarebbero stati ricostruiti
in modo pieno episodi da cui poter dedurre la carica intimidatoria.
Con il quarto motivo si deduce vizio di motivazione per mancata osservanza delle
previsioni di legge di cui agli artt. 273 e 192 cod.proc.pen. .
Risulterebbe violato, da parte del Tribunale, il procedimento di verifica
dell’attendibilità intrinseca ed estrinseca dei due dichiaranti Piarulli e Cafieri, e
dunque non potrebbero dirsi sussistenti i gravi indizi di colpevolezza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato.
1.1 Conviene sgombrare il campo dalle doglianze contenute nel primo e nel
quarto motivo, da ritenersi inammissibili.
Quanto alla regolarità della procedura incidentale (primo motivo), rilievo
assorbente ha la consultazione della richiesta inoltrata dal Griner in data 15
luglio 2013 al Magistrato di Sorveglianza (allegata al ricorso).
A fronte della intervenuta fissazione dell’udienza camerale innanzi al Tribunale
del Riesame di Bari (per il giorno 18 luglio) il Griner non indirizza alcuna richiesta
di partecipazione a detta udienza al Tribunale (autorità procedente) ma chiede al
Magistrato di Sorveglianza del luogo di detenzione di conferire «per motivi di
giustizia».
Nessun riferimento viene operato in detta – generica – richiesta alla procedura
incidentale di riesame nè i difensori – in sede di udienza camerale ex art. 309 hanno in tal sede rappresentato la volontà del Griner di partecipare o comunque
di rendere dichiarazioni.
Risulta pretestuoso oltre che impossibile ricollegare ex post l’invio della richiesta
del Griner ad una diversa autorità (Mag. Sorveglianza) ad una sua pretesa
volontà partecipativa al procedimento de libertate, in realtà mai espressa, e non

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L’intera motivazione sarebbe basata sui contenuti narrativi del Piarulli e del

può dirsi, pertanto, prodottosi alcun vizio della procedura incidentale di riesame
per difetto di contraddittorio.
In altre parole, la richiesta di partecipazione dell’indagato (art. 127 co. 3
cod.proc.pen.) per aver effetto, deve essere inequivoca (ossia correlata in modo
specifico alla procedura incidentale in atto) nonchè rivolta alla autorità
procedente, pur potendo essere – se del caso – manifestata anche attraverso il
difensore (in tal senso Sez. IV n. 39878 del 3.10.2007, rv 237839), il che nel
caso in esame non è avvenuto.

inammissibili in ragione del limitato oggetto della procedura incidentale trattata
innanzi al Tribunale.
In tal sede, infatti, la difesa aveva eccepito la nullità dell’ordinanza emessa dal
GIP (questione qui riproposta al secondo motivo) e, in ipotesi di diniego, aveva
limitato il gravame alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui
all’art. 71.n.203 del 1991.
Non può pertanto, in sede di ricorso per cassazione, riemergere una doglianza su
altro ‘punto’ dell’ordinanza genetica (qui i gravi indizi di colpevolezza) non
oggetto di contestazione in sede di riesame, alla luce dei principi generali del
sistema (espressi, tra l’altro, dalla disposizione di cui all’art. 606 co.3
cod . p roc. pen.).
1.2 Ciò posto, possono essere esaminati gli ulteriori motivi di ricorso.
Le doglianze contenute nel secondo motivo sono infondate.
Va qui evidenziato che l’oggetto della verifica di legittimità non è rappresentato
dal provvedimento emesso dal GIP ma dall’ordinanza emessa ai sensi dell’art.
309 cod.proc.pen. dal Tribunale.
Da ciò deriva la impossibilità di operare diretta verifica sul fatto – affermato dal
ricorrente – rappresentato dalla mera «riproduzione» da parte del GIP nel titolo
genetico dei contenuti investigativi, senza alcuna valutazione critica.
In ogni caso, se ciò fosse – in ipotesi – avvenuto, il Tribunale avrebbe dovuto
comunque esercitare i suoi poteri valutativi di merito (e non limitarsi a dichiarare
la nullità dell’ordinanza) come di recente affermato da Sez. H n. 30696 del
20.4.2012, rv 253326, decisione da ritenersi del tutto condivisibile.
In tale arresto, questa Corte di legittimità ha valorizzato la natura autonoma del
giudizio spettante al Tribunale del Riesame in un contesto normativo (art. 309
cod.proc.pen.) che da un lato ‘svincola’ la peculiare impugnazione de qua dalla
necessaria indicazione dei motivi (effetto integralmente devolutivo) dall’altro
trasferisce sull’istante anche il rischio di una diversa argomentazione posta a
sostegno del titolo genetico (il Tribunale può confermare il provvedimento anche
per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del medesimo).
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Quanto alle doglianze manifestate nel quarto motivo, le stesse risultano

Dunque in presenza di una ordinanza cautelare che, seppur recependo in modo
acritico l’impostazione di accusa, riporti i dati oggetto di valutazione ed esprima
le conseguenze di tale ‘adesione’, non risulta possibile per il Tribunale emettere
un provvedimento di ‘annullamento’ (che residua per i soli casi di totale
mancanza

dell’iter

argomentativo) del titolo cautelare, proprio in virtù

dell’ampiezza dei poteri/doveri che a tale organo sono attribuiti.
Del resto, tale orientamento – oltre a tradurre in realtà applicativa i contenuti
precettivi dell’art. 309 cod.proc.pen. – risulta condivisibile anche sul piano della

di una ‘ampia condivisione’ da parte del GIP dei contenuti di un atto di parte
(quale è la richiesta cautelare) se tale condivisione sia espressiva di un maturato
convincimento (espresso in termini sintetici e adesivi alle opzione dell’accusa) o
di una trascuratezza comportamentale ed etica (che si ipotizza lì dove si afferma
che la scelta di adesione del GIP sia ascrivibile a mera comodità e risparmio di
tempi) .
Gli indici rivelatori circa la ricorrenza della prima o della seconda ipotesi
(presenza di un rigetto con argomentazioni necessariamente diverse, nell’ambito
di titolo cumulativo) ben possono essere in realtà fallaci (il rigetto di una delle
richieste non esclude la passiva accettazione delle altre) e pertanto, non
potendosi esplorare il percorso interiore seguito dall’estensore monocratico, ciò
che rileva – a ben vedere – è la capacità di resistenza e tenuta logica
dell’apparato motivazionale, per come espresso, di fronte alle critiche della
parte, formulate innanzi a un giudice ‘per definizione’ diverso e che alimenta la
sua decisione dal contraddittorio (il Tribunale).
In tal senso, lo strumento del riesame è – di per sè – sanante di qualsiasi forma
di pigrizia espressiva del primo giudice, risultando strutturato come seconda
valutazione di merito sulla valenza dimostrativa degli elementi raccolti e posti a
sostegno della limitazione di libertà.
Nel caso in esame, peraltro, il Tribunale (a pag. 4) non soltanto ha escluso
l’acritica ricezione dei contenuti della richiesta del P.M. da parte del GIP ma – ciò
che più conta – ha autonomamente rielaborato i dati dimostrativi ed ha formulato
le sue valutazioni rispondendo alle critiche mosse dall’attuale ricorrente.
In ciò si è dato luogo ad una ‘rinnovata motivazione’ che non manifesta alcun
vizio in tema di nullità, per quanto sinora detto.
1.3 Parimenti infondate sono le doglianze espresse nel terzo motivo di ricorso,
relative alla ricorrenza dell’aggravante di cui all’art. 7 legge n.203 del 1991.
Il Tribunale, infatti, con motivazione non illogica e saldamente ancorata ai dati
processuali, ha ritenuto tale aggravante – nella sua componente di tipo

7

k)

logica dimostrativa, non apparendo possibile individuare in concreto, in presenza

agevolativo e finalistico – sussistente in riferimento al delitto di detenzione e
porto di numerose armi e ordgni esplosivi.
Nel fare ciò, si è realizzata valutazione incidentale – allo stato degli atti – di
sussistenza di una compagine associativa capeggiata dal Griner ed avente le
caratteristiche di cui all’art. 416 bis cod.pen., agevolata dalla disponibilità del
rinvenuto arsenale.
Tale modus operandi, contestato dalla difesa, non è vietato da alcuna norma, nel
senso che l’avvenuta contestazione anche della sola circostanza aggravante

processuali gli elementi oggettivi della sua sussistenza, tra cui la necessaria
‘esistenza a monte’ del gruppo agevolato, e ciò pur in assenza di contestazione
espressa del delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen. da parte del Pubblico
Ministero (in caso analogo Sez. 11 n.13504 del 28.2.2013, rv 254909).
In effetti, tale operazione logica non viola il principio del ne procedat iudex ex

officio in rapporto al fatto che il ‘tema’ è stato comunque introdotto dall’organo
dell’accusa con la contestazione dell’aggravante e rappresenta – a ben vedere la conseguenza dell’assenza di «pregiudizialità penale» nel nostro sistema
processuale (ad esclusione dei casi previsti dall’art. 371 bis co. 2 c.p. e 207 co.2
c.p.p. in tema di prova dichiarativa) , per cui il giudice del singolo procedimento
ben può risolvere qualunque questione incidentale di tipo penalistico strumentale
alla decisione da adottare (essendo le uniche ipotesi di pregiudizialità quelle
previste dagli artt. 3 e 479 cod.proc.pen. in punto di questioni civili, nonchè
quelle previste in tema di pregiudiziale costituzionale e comunitaria).
Del resto, anche in presenza di sentenza irrevocabile che attesti l’esistenza di un
gruppo criminale (ex art. 238 bis) non esiste vincolo alcuno neanche in positivo ,
quanto un semplice criterio di semplificazione probatoria (essendo richiamata la
previsione di cui all’art. 192 co.3 cod.proc.pen.) dovendo il giudice asseverare
tale approdo attraverso «altri elementi di prova» confermativi e potendo,
pertanto, anche pervenire a soluzione diversa.
Dunque, ciò che rileva è la struttura della norma che contiene l’aggravante.
Sul punto, è ormai pacifica la considerazione della esistenza, nell’ambito della
norma in parola (art. 7 I. 203 del ’91), di una duplice «direzione» dei contenuti
precettivi .
Da un lato si valorizza – in negativo – una particolare modalità commissiva del
delitto, rappresentata dall’ essersi gli agenti avvalsi delle condizioni di cui all’art.
416 bis cod.pen.
Tali condizioni sono, per dettato normativo, rappresentate dalla

forza di

intimidazione del vincolo associativo e dalla condizione di assogettamento ed
omertà che ne deriva tra i consociati.
8

‘speciale’ (art. 7) facoltizza pienamente il giudice a rinvenire (o meno) negli atti

Si è ritenuto, sul punto che tale ‘corno’ dell’aggravante incrimini essenzialmente
le condotte degli associati, espressive in concreto di una maggior valenza
intimidatoria, o anche dei soggetti non associati (o comunque del cui inserimento
nel gruppo non vi sia prova, si veda Sez. I n. 33245 del 9.5.2013, rv 256990
nonchè Sez. H n. 38094 del 5.6.2013, rv 257065) lì dove venga espressamente
evocata o comunque sfruttata in modo evidente come fattore di semplificazione
della condotta illecita (per la correlata riduzione dei poteri di reazione della
vittima) la capacità intimidatoria di un gruppo criminoso.

ritenere integrata la fattispecie in parola (l’avvalersi delle condizioni) non è
sufficiente il mero collegamento con con contesti di criminalità organizzata o la
mera ‘caratura mafiosa’ degli autori del fatto, occorrendo invece

l’effettivo

utilizzo del metodo mafioso e dunque l’impiego della forza di intimidazione
derivante dal vincolo associativo (in tal senso, tra le altre, Sez. H n. 28861 del
14.6.2013, rv 256740 e Sez. VI n. 27666 del 4.7.2011 rv 250357; ritiene
tuttavia possibile l’ utilizzo implicito della forza di intimidazione Sez. H n. 37516
del 11.6.2013 rv 256659).
Dall’altro lato la previsione di legge incrementa la connotazione di gravità della
condotta lì dove la stessa sia stata commessa al fine di agevolare l’attività delle
associazioni previste nel medesimo art. 416 bis cod.pen.
Si richiede pertanto, sia una particolare consistenza e direzione dell’elemento
volitivo (cosciente e univoca finalizzazione agevolatrice del sodalizio,

come

ritenuto da Sez. VI n. 31437 del 12.7.2012) che una concreta strumentalità del
reato commesso rispetto alle finalità perseguite dal gruppo criminoso di
riferimento (che in tal caso deve essere individuato, secondo quanto precisato da
Sez. Il n. 41003 del 20.9.2013, rv 257240).
Tuttavia, per le ragioni dette in precedenza, tale individuazione del gruppo
criminoso agevolato (con caratteristiche tali da ricadere nel perimetro disegnato
dall’art. 416 bis) può anche essere realizzata – in via incidentale – nel medesimo
procedimento e prescinde dalla contestazione «aggiuntiva» del reato principale.
1.4 Chiarita tale pre-condizione in diritto, va affermato che anche nella
individuazione dei «tratti caratterizzanti» la consorteria criminosa agevolata gruppo Griner – il Tribunale ha operato corretta applicazione dei principali
«indicatori» che, da anni, sono ritenuti idonei, nella interpretazione del dato
normativo di riferimento (art. 416 bis).
Tali indicatori (rituali di affiliazione, ambito del programma criminoso, assistenza
economica ai membri del gruppo) sono stati desunti da convergenti e autonome
fonti dimostrative (i collaboranti Piarulli e Cafieri) e si uniscono alle concrete
ricadute del potere di intimidazione ricollegabile, in particolare, alla persona del
9

In particolare, si è di recente affermato – in modo del tutto condivisibile – che per

Griner (valutazione della condotta dei proprietari dei fondi e del rivenditore dei
contenitori delle armi).
A fronte di ciò, le critiche esposte nel ricorso appaiono meramente di tipo
valutativo e si risolvono in una richiesta di nuovo apprezzamento delle fonti di
prova, operazione non consentita nella presente sede di legittimità.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
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Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al

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direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p. comma 1

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Così deciso il 18 febbraio 2014

P.Q.M.

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