Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24522 del 18/02/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 24522 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI BARI
nei confronti di:
ROBERTO MICHELE N. IL 30/04/1953
ROBERTO RICCARDO N. IL 23/03/1978
avverso l’ordinanza n. 1062/2013 TRIB. LIBERTA’ di BARI, del
14/08/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. p . c9, v„.21,;

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Data Udienza: 18/02/2014

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RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa in data 14 agosto 2013 il Tribunale di Bari, costituito ai
sensi dell’art. 309 cod. proc. pen. nel procedimento di riesame introdotto da
Roberto Michele e Roberto Riccardo, annullava per carenza di gravità indiziaria il
titolo cautelare rappresentato dall’ordinanza emessa dal GIP di Bari in data 19
luglio 2013.
La contestazione provvisoria formulata nei confronti di Roberto Michele e Roberto
Riccardo è costruita come ipotesi concorsuale (unitamente a Griner Filippo,
Piarulli Riccardo, Cafieri Giuseppe, Vaccina Vincenzo, Lapenna Alfonso, Roberto
Sabino e Roberto Fabio) ed è relativa alla detenzione e al porto di armi da guerra
clandestine, munizioni ed esplosivi, meglio descritti al capo F del titolo cautelare,
con l’aggravante della finalità di agevolazione mafiosa delle attività del gruppo
capeggiato da Griner Filippo. Fatti accertati in Andria nel mese di novembre
dell’anno 2012.
Nel verificare il fondamento cognitivo del titolo cautelare il Tribunale ripercorre
l’intera vicenda investigativa caratterizzata da alcuni fatti di particolare rilievo :
a) il rinvenimento – in virtù di notizia confidenziale – di numerose armi da guerra,
in ottimo stato di conservazione (tra cui due fucili Kalashnikov e due fucili a
pompa) nonchè di munizioni ed esplosivi, avvenuto il 15 ottobre e 8 novembre
2012 in alcuni appezzamenti di terreno posti in località Abbondanza del comune
di Andria, nei pressi dell’abitazione di Griner Filippo, già sorvegliato speciale di
p.s. . Le armi erano contenute in tubi di plastica occultati all’interno dei campi,
sotto terra. Il Griner veniva tratto in arresto, dopo un breve periodo di latitanza,
in data 8 gennaio 2013 ;
b) la collaborazione prestata da Piarulli Riccardo, soggetto appartenente al
gruppo malavitoso capeggiato dal Griner, verificatasi a partire dal mese di
maggio del 2013. Il Piarulli è lo stesso soggetto che in veste di confidente aveva
fornito le indicazioni per il rinvenimento delle armi alcuni mesi prima. Costui, in
seguito alla collaborazione, consegna agli inquirenti alcune lettere a lui
indirizzate e provenienti dal Griner di interesse investigativo;
c)

la successiva collaborazione di un ulteriore appartenente al gruppo in

questione, tal Cafieri Giuseppe, avvenuta nel mese di luglio 2013.
Per quanto qui rileva, l’ipotesi accusatoria formulata nei confronti degli attuali
ricorrenti Roberto Michele e Roberto Riccardo si appunta, in realtà, su due delle
armi rinvenute nel terreno adiacente la proprietà del Griner, ed in particolare su
uno dei fucili a pompa e su uno dei fucili d’assalto Kalashnikov.
Dette armi, infatti, sarebbero state di pertinenza del Griner in virtù del fatto che
costui se ne sarebbe appropriato nel 2010 in forza della sua comune
2

%

appartenenza ad un altro gruppo criminale di cui facevano parte i Roberto,
soprannominati ranavid . Dopo l’abbandono di tale gruppo il Griner non avrebbe
riconsegnato dette armi ai Roberto (che le avrebbero acquistate in precedenza)
ed in particolare a Roberto Sabino, che pure ne aveva chiesto la restituzione.
Tra l’altro tra Griner Filippo e Roberto Sabino, nel periodo successivo al 2010 non
correva più buon sangue, tanto che alcuni affiliati del Griner avevano già
provveduto ad effettuare un attentato dinamitardo nei confronti del Roberto
facendo esplodere un ordigno nei pressi della sua villa in costruzione ed avevano

Griner vantava come credito.
Nel valutare le fonti dimostrative, essenzialmente rappresentate dalle
dichiarazioni di Piarulli Riccardo, dal contenuto di una delle lettere provenienti dal
Griner e dalle dichiarazioni di Cafieri Giuseppe il Tribunale rileva che pur essendo
i dichiaranti di certo inclusi nel gruppo del Griner e portatori di attendibilità
intrinseca, le loro narrazioni sul punto specifico della «precedente riferibilità»
delle due armi in questione ai Roberto (ed in particolare agli attuali ricorrenti
Michele e Riccardo) non raggiungono il necessario livello di gravità indiziaria
imposto dall’art. 273 comma 1 bis cod.proc.pen. .
Ciò perchè, essenzialmente e ferma restando la complessità argomentativa non
riproducibile in questa sede :
– il Piarulli Riccardo, circa la provenienza specifica delle due armi riferisce
informazioni che avrebbe ricevuto dallo stesso Griner Filippo, dunque è fonte de

relato sul fatto contestato;
– Griner Filippo, che pure in una missiva indirizzata al Piarulli (dopo il
rinvenimento delle armi) rievoca l’appartenenza delle due armi ai Roberto
compie tale affermazione, che peraltro non muta il livello di conoscenza del
Piarulli sul fatto posto a monte, in un contesto non del tutto rassicurante,
trattandosi di uno scritto teso, in larga misura, ad allontanare i sospetti degli
inquirenti circa la propria effettiva disponibilità di tutte le armi rinvenute;
– Cafieri Giuseppe in un primo interrogatorio non faceva riferimento espresso alla
provenienza delle armi dai Roberto e solo in un secondo interrogatorio attribuisce
anch’egli le due armi di cui si discute alla pregressa comune militanza tra il
Griner e i Roberto, in particolare riferendo che Roberto Sabino ne aveva più volte
chiesto la restituzione. Tuttavia il Cafieri non precisa la fonte della sua
conoscenza sul punto e se la stessa era mutuata sempre dal Griner o, almeno in
parte, diretta. In particolare non risultano chiare le affermazioni circa la comune
precedente riferibilità delle armi oltre che al Roberto Sabino (che ne avrenbbe
chiesto la restituzione) anche agli ulteriori soggetti inclusi in tale gruppo, tra cui
gli attuali ricorrenti.
3

l’incarico di farsi consegnare dallo stesso la somma di 30.000,00 euro che il

Ad avviso del Tribunale, al di là della rilevante discrasìa tra i fatti emersi dalle
dichiarazioni dei collaboranti e la formulata contestazione, non essendo
ipotizzabile – pur credendo alle versioni fornite – un concorso dei Roberto nella
detenzione delle armi successiva al 2010 e strumentale alle attività del gruppo
del Griner, dati i forti contrasti insorti tra il Griner medesimo e il Roberto Savino,
mancano i presupposti e le condizioni, allo stato degli atti, per procedere all’a
valutazione di ‘reciproco rafforzamento’ tra le dichiarazioni del Piarulli e quelle
del Cafieri e pertanto mancano i necessari riscontri individualizzanti alla

2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il Pubblico
Ministero presso il Tribunale di Bari, denunziando violazione di legge e vizio di
motivazione. Ad avviso del P.M. impugnante il Tribunale avrebbe valutato le
risultanze istruttorie in modo contraddittorio e non aderente ai canoni normativi
di cui agli artt. 192 e 273 cod.proc.pen. .
La valutazione di piena attendibilità intrinseca dei due dichiaranti è stata
correttamente posta alla base del percorso valutativo ma erroneamente le due
dichiarazioni non sono state ritenute convergenti sul nucleo essenziale del fatto
contestato.
La rilevanza del ruolo svolto dai due – e in particolare dal Cafieri – in seno al
gruppo criminale capeggiato dal Griner li poneva infatti in condizione di
conoscere in modo particolareggiato la provenienza delle armi in dotazione per
l’intero gruppo ed in ciò non potrebbe dirsi rilevante la mancata indicazione da
parte del Cafieri della fonte specifica della sua conoscenza.
Sarebbe, inoltre, stato sottovalutato – nella economia della decisione – l’elemento
consistente nello scritto inviato dal Griner al Parulli ove si conferma la riferibilità
delle armi ai Roberto.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
1.1 D Tribunale del Riesame di Bari, con ampia e articolata motivazione, esprime
con piena coerenza logica i dubbi circa la concreta riferibilità delle due armi in
questione agli indagati Roberto Michele e Roberto Riccardo, peraltro
evidenziando un vizio di origine nella contestazione, di non scarso rilievo.
E’ stata infatti attribuita a costoro la detenzione collettiva delle due armi (parte
di quelle rivenute) con finalità di agevolazione del gruppo Griner, lì dove tale
detenzione sarebbe pregressa ed attuata a diverso fine, date le ostilità in4orte
tra lo stesso Griner e Sabino Roberto.
4

dichiarazione «principale» identificata in quella del Piarulli.

1.2 In ogni caso, pur a voler ipotizzare come possibile un diverso «atteggiarsi»
della contestazione a carico dei Roberto, le critiche mosse nel ricorso appaiono
finalizzate ad ottenere una rivalutazione dei dati istruttori e non evidenziano un
reale vizio argomentativo.
Vi è infatti piena aderenza della valutazione operata dal Tribunale ai principi di
metodo espressi negli articoli 192 e 273 cod.proc.pen. .
Va premessa, sul tema, una precisazione di ordine generale circa il significato
dell’espressione utilizzata dal legislatore nel descrivere il presupposto applicativo

Il legislatore nel prevedere – all’art. 273 cod. proc. pen. – che nessuno può
essere sottoposto a misure cautelari se a suo carico non sussistono «gravi indizi
di colpevolezza» ha inteso utilizzare il termine «indizio» non nel suo connotato
tradizionale di «elemento di prova critico o indiretto» ma ha voluto, invece,
valorizzare il significato dell’intera locuzione (indizi. .di colpevolezza) creando un
doveroso «rapporto» tra la valutazione in materia di libertà ed il prevedibile
esito finale del giudizio (la colpevolezza intesa come affermazione di penale
responsabilità).
In ciò, come è stato più volte chiarito, gli indizi di colpevolezza altro non sono
che gli elementi di prova – siano essi di natura storica/diretta o critica/indiretta sottoposti a valutazione incidentale nell’ambito del subprocedimento cautelare e
presi in considerazione dal giudice chiamato a pronunziarsi nei modi di cui all’art.
292 comma 2 lett. c cod. proc. pen. .
La loro obbligatoria connotazione in termini di «gravità» al fine di rendere
possibile l’applicazione della misura sta a significare che l’esito di tale valutazione
incidentale (sia pure formulata allo stato degli atti) deve essere tale da far
ragionevolmente prevedere, anche in rapporto alle regole di giudizio tipiche della
futura decisione finale, la qualificata probabilità di condanna del soggetto
destinatario della misura.
In ciò è evidente che il giudice chiamato a pronunziarsi in sede cautelare
personale dovrà – per dare corretta attuazione ai contenuti del giudizio
prognostico – confrontarsi :
a)

con la natura e le caratteristiche del singolo elemento sottoposto a

valutazione ( ad es. l’indizio in senso stretto – la narrazione rappresentativa di
natura testimoniale – la chiamata in correità o in reità) ;
b) con le regole prudenziali stabilite dal legislatore in rapporto alla natura del
singolo elemento in questione (si veda, sul punto, quanto affermato da Sez. IV
n. 40061 del 21.6.2012, Tritella, Rv 253723, in tema di elementi di prova critica,
con necessità di tener conto anche in sede cautelare della loro particolare
caratteristica ontologica) ;
5

della misura cautelare di tipo cognitivo (art. 273 cod.proc.pen.) .

c) con le regole di giudizio previste in sede di decisione finale del procedimento
di primo grado, ivi compresa quella espressa dall’art. 533 comma 1 cod. proc.
pen. (norma per cui l’affermazione di colpevolezza può essere pronunziata solo
se il materiale dimostrativo raccolto consente di superare ogni

ragionevole

dubbio in proposito).
Con ciò non si intende dire – ovviamente – che dette regole prudenziali e di
giudizio siano «direttamente» applicabili alla particolare decisione incidentale di
tipo cautelare (tranne i casi espressamente previsti dal legislatore all’art. 273

in via «mediata» posto che un serio giudizio prognostico di «elevata probabilità
di condanna» non può prescindere dalla necessità di proiettare il «valore» degli
elementi di prova acquisiti sulla futura decisione e sulle sue regole normative
tipizzate in tal sede (in tal senso, di recente, Sez. I n. 19759 del 17.5.2011,
Misseri, rv. 250243, ove si è con chiarezza affermato che « .. il giudizio
prognostico in tal senso – ovviamente esteso alle regole per le ipotesi di
incertezza e contraddittorietà considerate dal codice di rito all’art. 530, comma 2
e all’art. 533, comma 1, prima parte – è dunque indispensabile, pur dovendo
essere effettuato non nell’ottica della ricerca di una certezza di responsabilità già
raggiunta, ma nella prospettiva della tenuta del quadro indiziario alla luce di
possibili successive acquisizioni e all’esito del contraddittorio..») .
Da qui la necessità di identificare – da parte del giudice chiamato a pronunziarsi
sulla domanda cautelare – in modo specifico e razionale il significato incriminante
degli elementi raccolti sino al momento della decisione e sottoposti al suo esame,
con convincente attribuzione di significato a detti elementi in chiave prognostica.
In tale chiave, peraltro, il livello di persuasività richiesto dalla norma impone di
realizzare, già in sede cautelare personale, una concreta «prova di resistenza»
del contenuto rappresentativo degli elementi qualificati in termini di «gravi
indizi» .
1.3 G dove, pertanto, le fonti dimostrative siano rappresentate da dichiarazioni
di soggetti coinvolti – a varo titolo – nella dinamica investigativa (nel caso di
specie il Piarulli ed il Cafieri) risulta obbligatoria l’adozione – anche in sede
cautelare – delle regole valutative ‘tipiche’ di cui all’art. 192 co.3 e co.4, come
definitivamente previsto dal legislatore (legge n. 63 del 2001).
Non è un fuor d’opera, pertanto evidenziare gli approdi cui è pervenuta – di
recente – questa Corte, a Sezioni Unite, in punto di valutazione di più fonti
incriminanti de relato con caratteristiche assimilabili a quelle delle chiamate in
reità
Se si pone mente alla ratio della cautela valutativa, imposta circa l’affidabilità
probatoria delle dichiarazioni sottoposte al regime di cui all’art. 192 co.3, si
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comma 1-bis, peraltro espressione di un principio generale) ma di certo lo sono

comprende agevolmente quale sia il rilievo del metodo valutativo da seguire
nell’ipotesi in cui ci si trovi di fronte a più dati istruttori accomunati da tali
caratteristiche ontologiche.
Se infatti è corretto ipotizzare il reciproco incremento probatorio, tra diverse
chiamate in reità de relato, ciò chiama in causa la constatazione di tipo logico
per cui quando più fonti, dotate di piena autonomia sul piano della esperienza
percettiva, finiscono con il riferire fatti tendenzialmente coincidenti nel loro
nucleo essenziale, ciò aumenta oggettivamente le probabilità che i fatti narrati

Ma tale assunto è strettamente correlato alla verifica non solo in punto di
attendibilità generica del dichiarante quanto sul versante della coerenza e
costanza narrativa, nonchè sulla ricorrenza degli ulteriori presupposti messi in
rilievo – da ultimo – nella evocata decisione Sez. U. n. 20804/2013 del
29.11.2012 (rv 255143 – 255145) intervenuta sul tema.
Nella indicata pronunzia (a sua volta punto di approdo di precedenti orientamenti
che risulta superfluo evocare) pur constatandosi l’assenza di una «catalogazione
gerarchica in senso piramidale» dei tipi di prova, sganciata dal concreto contesto
processuale, e pur riaffermandosi, in via generale, il valore e l’immanenza del
principio del libero convincimento, si pone particolare attenzione al rigore
metodologico che deve governare un simile procedimento valutativo e al
correlato «aggravio» dell’onere motivazionale.
In termini generali, la valutazione congiunta delle chiamate risulta significativa a fini di dimostrazione del fatto- lì dove ricorrano :
– la convergenza delle chiamate in ordine al fatto materiale oggetto della
narrazione;

– l’indipendenza delle medesime, intesa come mancanza di pregresse intese
fraudolente o di altri condizionamenti inquinanti;
– la specificità nel senso che la c.d. convergenza del molteplice deve essere
sufficientemente individualizzante e deve riguardare sia il fatto nella sua
oggettività che la riferibilità dello stesso all’incolpato, fermo restando che deve
privilegiarsi l’aspetto sostanziale della concordanza delle plurime dichiarazioni di
accusa sul nucleo centrale e più significativo della questione fattuale da decidere;

– l’autonomia genetica, vale a dire la derivazione non ex unica fonte onde evitare
il rischio della circolarità della notizia, che vanificherebbe la valenza
dell’elemento di riscontro esterno e svuoterebbe di significato lo stesso concetto
di convergenza del molteplice.
1.4 Operata tale premessa, va affermato che nel caso in esame gli elementi
sottoposti a valutazione risultano, come evidenziato dal Tribunale, carenti di tali
attributi.
7

corrispondano al vero.

In particolare, vi è una limitata autonomia della fonte di conoscenza, posto che
sia Piarulli che Cafieri non sono portatori di una conoscenza diretta circa il
possesso delle armi nel periodo in cui le stesse – sino al 2010 – sarebbero state
co-detenute dal Griner e dai Roberto.
Le due fonti, pertanto, sono entrambe de relato e mutuano tale conoscenza dal
Griner, quantomeno in rapporto al periodo antecedente al 2010.
Circa il periodo successivo, entrambi riferiscono di una richiesta di «restituzione»
in particolare operata da Sabino Roberto.

‘compossesso’, tuttavia è pur vero che :
– la richiesta proviene essenzialmente da Sabino Roberto ed è pertanto elemento
privo del requisito della «specificità» nei confronti degli attuali ricorrenti (non
potendosi estenderne la valenza ad altri soggetti in assenza di un elemento certo
di consapevolezza soggettiva circa la disponibilità di armi e circa la loro
inclusione nel ‘gruppo’ dei Roberto-ravanid) ;
– la stessa viene riferita dal Cafieri senza precisare se il Sabino Roberto interloquì
direttamente con lui o con il Griner (ed è un dato che ne affievolisce il rilievo
probatorio).
Va condivisa, pertanto, non apparendo illogica, la valutazione operata dal
Tribunale in rapporto al limitato valore dimostrativo non solo delle due
dichiarazioni (che non riescono ad accrescere l’una il valore dell’altra) ma anche
dello ‘scritto’ proveniente dal Griner e destinato al Piarulli, sia perchè la fonte è
sempre il Griner (dunque vi è sostanziale unicità) sia in rapporto al momento in
cui la lettera è stata inoltrata, con possibile volontà del Griner di allontanare
dalla sua persona i sospetti .
Da quanto sinora detto, ferma restando la valutazione di attendibilità intrinseca
dei dichiaranti, non in discussione, deriva il rigetto del ricorso.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso .
Così deciso il 18 febbraio 2014

Può convenirsi sul fatto che sul piano logico tale richiesta implica un precedente

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