Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24423 del 09/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 24423 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
Cerquetti Massimilano
avverso la SENTENZA della Corte di Appello di Ancona
del 7.2.2012
Udita la relazione fatta dal consigliere
PRESTIPINO ANTONIO
Sentito il Procuratore Generale, in persona del dr. Luigi Ridio, che ha concluso per
l’inammissibilitù del ricorso

1

Data Udienza: 09/04/2013

In fatto e in diritto
1. Ha proposto ricorso Cerquetti Massilliano per mezzo del proprio difensore avverso la
sentenza della Corte di Appello di Ancona del 7.2.20102, che in riforma della sentenza di
condanna alla pena di anni due e mesi sei di reclusione ed euro 3.000,00 di multa
pronunciata nei suoi confronti dal tribunale di Macerata, sez. distaccata di Civitanova,
1’8.6.2010, per il reato di ricettazione di due titoli bancari, ridusse la pena a mesi nove di
reclusione ed euro 300,00 di multa previa concessione dell’attenuante di cui all’art. 648 co
2 c.p., prevalente sulla contestata recidiva.
2. Deduce in sostanza la difesa l’assoluto difetto di motivazione della sentenza in odine alla
conferma del giudizio di responsabilità del ricorrente; la Corte di merito avrebbe senz’altro
“ratificato” la sentenza di primo grado senza scendere nel dettaglio dei motivi di appello,
con i quali la difesa aveva tra l’altro sottolineato l’ambiguità della posizione del titolare del
conto corrente di riferimento dei titoli in questione, Paladino Mario, mostratosi incerto sulla
paternità della propria sottoscrizione figurante sui titoli e verosimilmente autore di un
prestito al ricorrente, al quale era legato da rapporti di familiarità.
Considerato in diritto
Il ricorso è manifestamente infondato.
1. Il lamentato appiattimento dei giudici di appello sulle motivazioni della sentenza di primo
grado, è in un certa misura inevitabile in qualunque giudizio di conferma di una precedente
decisione, salvo il caso che l’impugnazione imponga al giudice che ne sia investito,
autonome valutazioni su questioni specifiche (cfr. Cass. Sez. IV Pen, n. 6980/1997 secondo
cui deve ritenersi legittimo, nella piena coincidenza di due giudizi di merito, anche un rinvio
del giudice sovraordinato agli argomenti esposti dalla pronuncia di prime cure, a meno che
con i motivi di appello non siano state poste specifiche questioni per le quali l’apparato
argomentativo della sentenza del giudice dell’impugnazione deve essere autonomo ed
autosufficiente),II confronto tra la sentenza di appello e quello di primo grado evidenzia poi
che i ricorrenti hanno sostanzialmente riproposto le stesse questioni già dedotte davanti al
Tribunale, restando quindi la Corte di merito “libera” di fare interamente proprie le
argomentazioni della sentenza impugnata.
2. In ogni caso, rispetto al tema fondamentale dell’accusa, costituito dal possesso, da parte
del ricorrente, di due moduli di assegno (di cui uno già compilato per l’importo di euro
4.000,00) , oggetto di precedente denuncia di furto, poco rileva la presunta ambiguità della
posizione del Paladino, non essendo chiaro cosa cambierebbe se lo stesso prima di subire il
furto, avesse già in tutto o in parte compilato i titoli. Ma si deve ancora sottolineare che le
deduzioni difensive sul “prestito” che il Paladino avrebbe concesso al ricorrente
consegnandogli i titoli in questione, sono all’evidenza del tutto congetturali, a parte che si
tratta di ipotesi formulate dal difensore, non di giustificazioni personalmente addotte dal
ricorrente, che ben diversamente se ne sarebbe allora assunto la responsabilità.
2.1. Per il resto, il ricorso contiene astratte enunciazioni di principio sull’obbligo di
motivazione del giudice dell’impugnazione, condivisibili in linea teorica, irrilevanti in
concreto; o rileva vanamente la presunta implausibilità logica della condotta del Cerquetti,
che non avrebbe cercato di rassicurare i prenditorí dei titoli se ne avesse conosciuto l’illecita
provenienza, argomentazione che implica la generalizzazione di una sorta di presunzione di
assenza di dolo da parte di chi negozi titoli bancari di provenienza illecita, e negoziandoli
non può che anche implicitamente affermare la regolarità della loro circolazione e la
propria legittimazione.
Alla stregua delle precedenti considerazioni il ricorso va dichiarato inammissibile, con la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro
1000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso
ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

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Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 29,52005
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