Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24421 del 09/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 24421 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
1. Calenda Elio
n. il 5.2.1948
2. D’Apuzzo Giuseppe
n. il 30.12.1954
avverso la SENTENZA della Corte di Appello di Salerno
del 20.2.2012
Udita la relazione fatta dal consigliere
PRESTIPINO ANTONIO
Sentito il Procuratore Generale in persona del dr. Luigi Riello,che ha concluso per l’inammissibilità
dei ricorsi

Data Udienza: 09/04/2013

In fatto e in diritto
1. Hanno proposto ricorso per cassazione Calenda Elio e D’Apuzzo Giuseppe, per mezzo dei
rispettivi difensori, avverso la sentenza della Corte di Appello di Salerno del 20.2.20102, che
in riforma della più severa sentenza di condanna pronunciata nei loro confronti dal locale
tribunale il 20.4.2008, per il reato di ricettazione di alcune autovetture, ridusse I pene ad
anni due e mesi due di reclusione ed € 900,00 di multa per ciascuno.
2. Il tribunale aveva ritenuto il concorso dei due ricorrenti nei reati, sulla base anzitutto
delle dichiarazioni di Dorgan Fauzi, giudicato separatamente per gli stessi fatti, che aveva
riferito che il D’Apuzzo, titolare di una carrozzeria, dopo avere acquistato vetture
incidentate, purché “riparabili”, si procurava un’auto rubata dello stesso tipo e. ne utilizzava
le parti occorrenti per le riparazioni; e utilizzava le auto ormai rottamabili trasferendo i loro
dati identificativi su auto rubate. Il Dorgan aveva aggiunto che il Calenda era sodo di fatto
del D’Apuzzo ed era sempre presente nell’officina, assistendo regolarmente al trasporto e
alla custodia delle auto rubate. Secondo i giudici di merito, le dichiarazioni del Dorgan
avevano trovato riscontro negli accertamenti di pg, che avrebbero confermato il rapporto
societario tra i due ricorrenti e portato al rinvenimento, all’interno dell’autocarrozzeria, e al
conseguente sequestro, di materiale per il punzonamento dei numeri di serie dei telai
automobilistici, di targhette di identificazione delle case costruttrici e di numerose targhe di
auto rubate.
3. Il difensore del Calenda, eccepisce il difetto di motivazione della sentenza impugnata in
ordine alla valutazione delle prove sostenendo che la Corte non avrebbe considerato la
totale assenza di riscontri alle dichiarazioni del Dorgan in ordine all’esistenza di una società
di fatto tra i due ricorrenti, essendo il Calenda un semplice dipendente del coimputato..
Dovendosi escludere il rapporto societario, la Corte territoriale avrebbe dovuto chiarire
quale fosse stato in concreto il contributo recato dal Calenda ai fatti criminosi, non
desumibile soltanto dalla sua costante presenza nei locali della carrozzeria. Analoghi vizi
motivazionali si registrerebbero, infine, a proposito della valutazione della sussistenza
dell’elemento soggettivo, considerando anche che oltre all’attività illecita nell’officina si
svolgeva anche un’attività lecita.
3.1. La difesa del D’Apuzzo lamenta il vizio di violazione di legge e il difetto d! moptivazione
della sentenza impugnata in ordine ai criteri seguiti per la valutazione del contributo
collaborativo del Dorgan e della testimonianza del verbalizzante Pistillo, rilevando che le
dichiarazioni predibattimentali del primo, acquisite agli atti per la soprawenuta
irreperibilità dello stesso ex art. 512 bis c.p.p., avrebbero dovuto essere sottoposte, per
espressa previsione normativa, ad un rigoroso vaglio critico con l’individuazione di validi
riscontri, mentre sarebbe mancata in sentenza qualunque approfondimento in questa
direzione di indagine; il m.11o Pistillo, poi, avrebbe reso dichiarazioni ingiustificatamente
apprezzate dai giudici di appello, in quanto in realtà probatoriamente insignificanti.
La Corte di merito non avrebbe inoltre motiva sulla sussistenza del requisito dell’ingiusto
profitto, non considerando che il dolo di ricettazione da parte del ricorrente avrebbe dovuto
essere escluso per la considerazione che lo stesso si sarebbe in definitiva limitato ad
esercitare la propria attività professionale ricevendo i compensi relativi.
Considerato in diritto
I ricorsi sono manifestamente infondati.
1. Le deduzioni di entrambi i ricorrenti finiscono per connotarsi come del tutto generici, o
per meglio dire “evasivi”, rispetto a quello che costituisce il dato di prova fondamentale
nelle valutazioni della Corte di merito, cioè il rinvenimento, all’interno dell’autocarrozzeria
intestata al D’Apuzzo, e al conseguente sequestro, di materiale per il punzonamento dei
numeri di serie di telai automobilistici, di targhette di identificazione delle case costruttrici e
di numerose targhe di auto rubate.; e trascurano che in concreto erano stati accertati
interventi di utaroccamento” su alcune della autovetture presenti nella carrozzeria (vedi,
soprattutto, la sentenza di primo grado).

Si tratta di circostanze “comuni” ad entrambi i ricorrenti, e comunque secondo la Corte di
merito “comunicabili” al Calenda per la sua costante presenza nei locali della carrozzeria,
quale che fosse il suo specifico rapporto di collaborazione lavorativa con il coimputato,
attese anche le notevoli dimensioni dell’attività illecita oltre alla presenza all’interno
dell’autocarrozzeria di strumenti e oggetti chiaramente impiegabili per la contraffazione di
autovetture. Su tale dato di valutazione, però, per quanto assolutamente decisivo nella
motivazione della sentenza impugnata ed in effetti di indiscutibile rilievo probatorio al fine
di dimostrare la “professionalità” dell’attività illecita dei due ricorrenti, entrambi i ricorsi
sono del tutto silenti.
2. Senza dire che anche la
stessa “evidenza” dell’attività criminosa svolta
nell’autocarrozzeria costituisce in definitiva conferma delle dichiarazioni del Dorgan se non
sul rapporto societario tra i due imputati, certamente sulla loro complicità, come sembra in
sostanza ritenere la Corte di merito, perché il D’Apuzzo si sarebbe altrimenti preoccupato di
celare al proprio (presunto) dipendente le sue attività criminali; mentre non è dubbio che
ulteriore e inequivocabile riscontro alle dichiarazioni del Dorgan provenga dall’esito della
perquisizione eseguita all’interno dell’officina, anche sotto questo profilo ignorata dalle
difese.
Alla stregua, delle precedenti considerazioni i
ricorsi vanno pertanto dichiarati
inammissibile, con la condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali e
ciascuno al versamento della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende,
commisurata all’effettivo grado di colpa degli stessi ricorrenti nella determinazione della
causa di inammissibilità.
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali
e ciascuno al versamento della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così de o n Roma, nella camera di consiglio, il 9.4.2013

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