Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24388 del 20/02/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 24388 Anno 2013
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TATTI ANDREA N. IL 03/02/1975
avverso la sentenza n. 2238/2010 CORTE APPELLO di GENOVA, del
22/06/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 20/02/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 22 giugno 2011 la Corte di appello di Genova ha
confermato la sentenza emessa il 25 ottobre 2010 dal Tribunale di Savona,
con la quale Tatti Andrea era stato condannato, con le circostanze
attenuanti generiche, equivalenti alla contestata recidiva specifica, reiterata
delitto di istigazione a delinquere.
Il Tatti è stato riconosciuto responsabile di avere incitato la folla, che si
era radunata in Savona per festeggiare la vittoria della squadra italiana ai
mondiali di calcio, nella sera del 10 luglio 2006, alla violenza, all’ingiuria e
all’aggressione nei confronti dei carabinieri in servizio di ordine pubblico,
indirizzando in modo plateale canzoni e frasi di contenuto volgare e
minaccioso nei confronti dei militari.

2. Ricorre per cassazione l’imputato personalmente, il quale deduce la
violazione di legge e il vizio di motivazione, rappresentando che il reato di
istigazione a delinquere è compatibile con il diritto costituzionale alla libera
manifestazione del pensiero solo nel caso in cui l’agente tenga un
comportamento idoneo a provocare la commissione di delitti, ciò che
sarebbe rimasto escluso nel caso di specie, poiché l’imputazione originaria
comprendeva anche i delitti di violenza ai pubblici ufficiali e lesioni
cagionate al brigadiere Lo Schiavo (capi A e B), dai quali il Tatti era stato
assolto con formula ampia, sicché doveva dedursi che la sua condotta non
aveva istigato a delinquere, come da contestazione di cui al capo C), per la
quale, invece, era stato condannato.
L’istruzione svolta non avrebbe dimostrato, inoltre, il comportamento
oltraggioso del Tatti nei confronti dei carabinieri e, tanto meno, l’invito
emulatorio da esso scaturente, tale da suscitare il pericolo che altri
tenessero analoghi comportamenti illeciti verso i militari; in ogni caso,
stante la depenalizzazione dell’oltraggio, all’epoca del fatto, risultando tale
fattispecie criminosa reintrodotta nel nostro ordinamento, solo con la
successiva legge n. 94 del 2009, non potrebbe configurarsi il reato di
istigazione a delinquere rispetto ad esso.

I

e infraquinquennale, alla pena di anni uno e mesi tre di reclusione, per il

CONSIDERATO in DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché articola censure non consentite nel
giudizio di legittimità laddove tende a promuovere una rivalutazione del
materiale probatorio, già apprezzato dai giudici di merito con motivazione
adeguata e coerente, come tale insindacabile dal giudice di legittimità; e
perché risulta manifestamente infondato nella parte in cui postula come

come reato, mentre nel capo di imputazione, ritenuto provato, è contestata
anche l’istigazione alla violenza e all’aggressione nei confronti dei
rappresentanti delle forze dell’ordine, senza tacere che l’abrogazione
dell’art. 341 cod. pen. non ha legittimato le offese nei confronti dei pubblici
ufficiali, le quali sono ricadute nel generale delitto di ingiuria punibile a
querela di parte e, come tale, anch’esso possibile oggetto di condotta
istigatrice ai sensi del contestato art. 414 cod. pen.
Né l’intervenuta assoluzione del Tatti dai reati di violenza a pubblici
ufficiali e lesioni arrecate ad uno di loro esclude l’istigazione a delinquere
sull’errato presupposto che questa sussisterebbe solo quando provoca
l’effettiva commissione di reati.

2.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue, ai sensi

dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte
Cost., sent. n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento a favore
della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo
determinare, tra il minimo ed il massimo previsti, in euro mille.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 20 febbraio 2013.

oggetto dell’istigazione il solo delitto di oltraggio, all’epoca non previsto

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