Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24347 del 27/05/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 24347 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
FAVIA Giuseppe, nato a Bari il 31/8/1966
avverso la ordinanza del 17/9/2012 della Corte di appello di Milano che ha
dichiarato inammissibile perché generico l’appello proposto dal sig. Favia nei
confronti della sentenza emessa dal Tribunale di Lecco il giorno 11/1/2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Sante
Spinaci, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 17/9/2012 la Corte di appello di Milano ha dichiarato
inammissibile perché generico l’appello proposto dal sig. Favia nei confronti della
sentenza emessa dal Tribunale di Lecco il giorno 11/1/2012, che aveva
condannato lo stesso alla pena di due mesi di arresto e 400,00 euro di ammenda
perché colpevole del reato previsto dall’art.4 della legge 13 dicembre 1989,
n.401, commesso il 16/d.l. 23 febbraio 2009, n.11, convertito in legge 23 aprile
2009, n.38.

Data Udienza: 27/05/2014

2. Avverso tale decisione il sig. Favia propone ricorso tramite il Difensore in
sintesi lamentando:
errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen., posto che
entrambi i motivi di appello erano supportati da specifica motivazione: il primo,
ribadendo l’insussistenza delle violazione e richiamando il parere del consulente
tecnico di parte circa la regolarità del gioco oggetto di contestazione; il secondo
sollecitando sia una più mite sanzione sia la concessione della sospensione
condizionale della pena a fronte dell’entità della pena inflitta e della

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La Corte ritiene che il ricorso meriti accoglimento. Sarebbe sufficiente
rilevare che i giudici di appello hanno omesso ogni motivazione in ordine alla
richiesta di sospensione condizionale della pena, richiesta che allo stato degli atti
non appare a questa Corte palesemente infondata, per concludere che sussiste
un vizio essenziale dell’ordinanza che ne impone l’annullamento.
2. A ciò si aggiunga che anche la censura mossa alla sentenza del Tribunale
col primo motivo di appello non può essere definita generica e meritevole di un
giudizio di inammissibilità, posto che la natura devolutiva del giudizio di appello
legittima l’imputato a sollecitare una rivisitazione delle conclusioni del primo
giudice qualora, come nel caso di specie, si affermi in modo argomentato che è
stata operata una lettura errata del materiale probatorio e che gli elementi in atti
si prestano a una diversa lettura che il giudici di appello è chiamato a valutare
nel merito.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla
Corte di appello di Milano.
Così deciso il 27/5/2014

incensuratezza dell’imputato.

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