Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24343 del 15/05/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 24343 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
OKPE UCHENNA N. IL 12/07/1973
avverso la sentenza n. 1420/2013 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
05/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO PEZZELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. vit-o b’A-h14co0
che ha concluso per -ì.e.
c;P.QQ. relacreb fieZci~ .

Udito

r la parte civile, l’Avv

Data Udienza: 15/05/2014

RITENUTO IN FATTO
1.

La Corte di Appello di Napoli, pronunciando nei confronti dell’odierno ri-

corrente OKPE UCHENNA, con sentenza del 05.04.2013, in parziale riforma della
sentenza emessa dal GIP del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il
05.12.2012, riduceva la pena inflitta ad anni 1 e mesi 2 di reclusione, confermava nel resto la sentenza.
Il Giudice di primo grado aveva dichiarato, all’esito di giudizio abbreviato,
Okpe Uchenna responsabile per il reato previsto dall’art. 73 comma 1 DPR

cente del tipo eroina e gr. 0,45 del tipo hashish nonché per i reati previsti dagli
artt. 81 co.1 e 337 cod. pen. e dagli artt. 582, 585 e 576 n.1 cod. pen, per aver
opposto tenace resistenza nei confronti dei militari intervenuti per bloccarlo, colpendoli ripetutamente con calci e pugni, cagionando loro lesioni personali refertate, condannandolo alla pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione ed euro 6.000,00
di multa, tenuto conto dell’attenuante di cui al co. 5 del D.P.R. 309/90, oltre al
pagamento delle spese processuali, con confisca di quanto in sequestro e distruzione dello stupefacente.

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, personalmente, OKPE UCHENNA, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti
strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma
1, disp. ad., cod. proc. pen.:
a. inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione alla
esclusione delle attenuanti generiche sulla base del precedente specifico e sul
suo comportamento violento nei confronti degli operanti di P.G., circostanze già
contestate autonomamente in ordine alla recidiva ed agli autonomi capi di imputazione b) e c)
Deduce il ricorrente che sia il Giudice di prime cure che la Corte di appello
avrebbero palesato un’interpretazione della legge penale lesiva del favor rei. Il
primo Giudice avrebbe eliso le circostanze attenuanti sulla base di due circostanze: un precedente specifico, risalente a nove anni prima e il comportamento violento al momento dell’arresto.
Il primo elemento avrebbe già costituito oggetto di valutazione per la contestazione della recidiva, mentre il secondo avrebbe costituito oggetto della contestazione degli autonomi reati di resistenza e lesioni.
L’imputato, quindi, avrebbe riportato la condanna per il reato di detenzione
di stupefacenti aumentata per la recidiva, aumentata ulteriormente per í capi di
imputazioni di resistenza e lesioni, con esclusione delle attenuanti per i prece-

2

309/90, per detenzione con finalità di cessione di gr. 25,61 di sostanza stupefa-

denti, già puniti con la recidiva e per il suo atteggiamento aggressivo e violento,
già punito con la condanna per resistenza e lesioni.
Il Giudice di Appello avrebbe recepito l’impostazione del Tribunale, motivando che la valutazione di una o più ipotesi di reato si porrebbe su un piano diverso
rispetto al vaglio delle concrete modalità del fatto.
b. manifesta illogicità della motivazione in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche, motivata sulla tardiva ammissione degli addebiti in
sede di appello, laddove l’imputato ha fatto ammenda, già dinanzi al Giudice di

Il ricorrente deduce che il Giudice di appello avrebbe erroneamente affermato che la prognosi sulla personalità dell’imputato non poteva essere benevola, in
considerazione della negazione degli addebiti, in sede di convalida e della tardiva ammissione e strumentale ammissione degli stessi in secondo grado.
L’imputato, invece, a suo dire avrebbe ammesso gli addebiti già in sede di
rito abbreviato durante il quale avrebbe reso spontanee dichiarazioni in ordine
alla propria responsabilità.
Tali dichiarazioni confessorie sarebbero indice di un percorso di seria resipiscenza, che unitamente alla tenue entità della sostanza ed alle lesioni lievi cagionate non giustificherebbero l’estremo rigore della sanzione irrogata, a fronte
di una richiesta del Procuratore Generale favorevole alla concessione delle attenuanti equivalenti alla recidiva.
c. inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione alla
esclusione del vincolo di cui all’art. 81, co. 1 e 2, tra il capo a) ed i capi c) e c)
Il ricorrente lamenta la mancata applicazione del vincolo della continuazione nel caso di specie, il nesso psicologico è unico e non si segmenta nel corso
degli eventi. Anche il procurator generale avrebbe chiesto la rideterminazione
della pena sotto il vincolo della continuazione.

Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza con rinvio.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il proposto ricorso si palesa inammissibile.
2. Il ricorrente, infatti, non senza evocare in larga misura censure in fatto
non proponibili in questa sede, si è nella sostanza limitato a riprodurre le stesse
questioni già devolute in appello e da quei giudici puntualmente esaminate e
disattese con motivazione del tutto coerente e adeguata che il ricorrente non ha
in alcun modo sottoposto ad autonoma e argomentata confutazione.

3

primo grado, oltre che dinanzi alla Corte di appello di Napoli

E’ ormai pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema
Corte come debba essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato
su motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate
dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La
mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la
sua generidtà, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di
correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste
a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può

aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591 comma 1, lett. c) cod. proc. pen.,
alla inammissibilità della impugnazione (in tal senso sez. 2, n. 29108 del
15.7.2011, Cannavacduolon non mass.; conf. sez. 5, n. 28011 del 15.2.2013,
Sammarco, rv. 255568; sez. 4, n. 18826 del 9.2.2012, Pezzo, rv. 253849; sez.
2, n. 19951 del 15.5.2008, Lo Piccolo, rv. 240109; sez. 4, n. 34270 del
3.7.2007, Scicchitano, rv. 236945; sez. 1, n. 39598 del 30.9.2004, Burzotta, rv.
230634; sez. 4, n. 15497 del 22.2.2002, Palma, rv. 221693). motivi costituiscono la riproposizione dei motivi di appello.

3. I motivi attengono tutti al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e alla quantificazione della pena, che si lamenta eccessiva in
ragione dell’avvenuta ammissione degli addebiti già operata in primo grado.
Va qui ricordato, per completezza espositiva, che il giudice, nell’esercizio
del suo potere discrezionale, può legittimamente negare la concessione
delle attenuanti generiche e, contemporaneamente, ritenere la recidiva,
valorizzando per entrambe le valutazioni il riferimento ai precedenti penali
dell’imputato o al comportamento tenuto in occasione dei fatti delittuosi addebitatigli, in quanto il principio del “ne bis in idem” sostanziale non preclude la
possibilità di utilizzare più volte lo stesso fattore per giustificare scelte relative ad
elementi la cui determinazione è rimessa al prudente apprezzamento

ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di

dell’Autorità decidente (così sez. 6, n. 47537 del 14.11.2013, Quagliara, rv.
257281).
In altra pronuncia è stato condivisibilmente affermato che ai fini della
determinazione della pena, il giudice può tenere conto di uno stesso elemento
che abbia attitudine a influire su diversi aspetti della valutazione, ben potendo un
dato polivalente essere utilizzato più volte sotto differenti profili per distinti fini
senza che ciò comporti lesione del principio del “ne bis in idem”. (così sez. 6, n.
45623 del 23.10.2013, Testa, rv. 257425, fattispecie in cui, mediante il
riferimento ai precedenti penali, era stato negato il riconoscimento delle

4

i

circostanze attenuanti generiche ed applicata la recidiva; conf. sez. 2, n. 18892
del 5.3.2004, Bufano, rv. 229221).
In altri termini il principio del “ne bis in idem sostanziale”, secondo la
consolidata e risalente giurisprudenza di questa Suprema Corte (cfr. , tra tutte,
sez. 1 n. 8857/1977 Rv. 136409), valido nell’ambito di operatività dell’art. 15
cod. pen., non può essere invece invocato per negare che il giudice, nell’esercizio
del suo potere discrezionale, possa utilizzare più volte lo stesso fattore, per giustificare le scelte operate in ordine agli elementi la cui determinazione è affidata

Ciò che è richiesto, come nel caso di specie, è che il fattore stesso presenti un significato polivalente.

4. Opera pertanto legittimamente il giudice che, attraverso il riferimento
alla gravità del fatto ed alla personalità del reo, neghi la concessione delle attenuanti generiche e, nel contempo, eserciti la facoltà di ritenere la recidiva, applicando, nel quadro della complessiva valutazione della condotta, l’aumento di pena corrispondente, mediante la valorizzazione dei precedenti penali dell’accusato.
Analogamente il giudice del merito può tenere conto delle modalità di
svolgimento del fatto, e nella specie della particolare violenza manifestata nel
corso dello stesso, non solo per ritenere sussistenti quei reati che hanno quale
presupposto la violenza stessa, ma anche per concedere o negare le circostanze
attenuanti generiche e, naturalmente per quantificare la pena.
La Corte d’appello di Napoli ha motivato sul punto in maniera logica e
coerente, e pertanto immune dai denunciati vizi di legittimità, rispondendo
all’osservazione difensiva in ordine all’erronea doppia valutazione delle medesime circostanze in cui sarebbe incorso il giudice di prima cure, evidenziando come
“esaminare una determinata condotta ai fini della contestazione di una o più ipotesi di reato è operazione diversa dalla disamina delle drcostanze delle concrete
modalità del fatto che, come nel caso di specie, destando allarme sociale, possono essere espressione di maggiore pericolosità del reo”.
E’ stato ricordato anche come alla concessione delle circostanze attenuanti generiche ostasse altresì il curriculum criminale dell’imputato.
La corte territoriale, infine, ha motivato in maniera logica e congrua anche
in ordine alla doglianza già proposta in quella sede circa la quantificazione della
pena in ragione dell’ammissione degli addebiti da parte dell’imputato. Al di là del
momento in cui sia intervenuta l’ammissione degli addebiti (in primo o in secondo grado, ma comunque nella fase del giudizio), è stato ricordato, infatti, che nel
corso dell’interrogatorio di garanzia l’imputato aveva dichiarato che la droga era

5

al suo prudente apprezzamento.

stata acquistata per il suo consumo personale e che egli non aveva compiuto atti
di violenza nei confronti dei pubblici ufficiali.
I motivi oggi riproposti, dunque, non paiono idonei a scalfire l’impianto
motivazionale della sentenza impugnata, in cui la Corte territoriale affronta con
argomentazioni esaustive e logicamente plausibili le questioni propostele.

5. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen,
non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di

ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al
pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C mille in favore della Cassa delle Ammende
Così deciso in Roma il 15 maggio 2014
Il C

*gliere est sore

Il Presidente

inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna della

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA