Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24335 del 13/05/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 24335 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: FRANCO AMEDEO

Data Udienza: 13/05/2014

SENTENZA
sul ricorso proposto da Sorbo Mirco, nato a Trento il 12.1.1977;
avverso la sentenza emessa il 12 giugno 2013 dalla corte d’appello di Trento;
udita nella pubblica udienza del 13 maggio 2014 la relazione fatta dal
Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Aldo Policastro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Svolgimento de/processo
Con la sentenza in epigrafe la corte d’appello di Trento confermò la sentenza emessa 1’11.4.2012 dal giudice del tribunale di Trento, che aveva condannato Sorbo Mirco alla pena di giorni 10 di reclusione ed € 200 di multa, in
quanto ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 2, comma 1 bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638, per avere
omesso il versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle
retribuzioni corrisposte ai lavoratori dipendenti nei mesi di settembre, novembre
e dicembre 2008 e gennaio 2009, per un ammontare di € 2.161,00.
Osservò la corte d’appello che la prova del versamento delle retribuzioni
risultava dalla presentazione dei modelli DM10, in assenza di elementi di segno
contrario.
L’imputato, a mezzo dell’avv. Lorenzo de Guelmi, propone ricorso per
cassazione deducendo che il fatto è stato desunto dalla presentazione dei modelli DM10 con sistemi automatici. Sennonché, il documento depositato non proviene dall’imputato ma è solo il frutto di una automazione, come recita proprio
l’Inps nelle attestazioni della denuncia contributiva relativa ai periodi 2008 e
2009.La procedura automatizzata implica che essa non sia né voluta né consa-

itu

pevolmente seguita. Gli input provengono automaticamente gder .sli scadenzari
del computer. Del resto i consulenti del lavoro spediscono all’ente ciò che risulta dalle buste paga, indipendentemente dal versamento delle retribuzioni. Quindi, quando i modelli non sono stati redatti né sottoscritti dal datore di lavoro
non possono avere valore ricognitivo del debito.
Motivi della decisione
Ritiene il Collegio che il ricorso si risolva in una censura in punto di fatto
della decisione impugnata, con la quale si richiede una nuova e diversa valutazione delle risultanze processuali riservata al giudice del merito e non consentita in questa sede di legittimità e sia comunque manifestamente infondato, avendo la corte d’appello fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione sulle
ragioni per le quali ha ritenuto provata l’effettivo versamento delle retribuzioni
ai dipendente sulla base dei modelli DM10 trasmessi per via telematica
dall’imputato all’Inps.
Ed invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, «La prova dell’effettiva corresponsione delle retribuzioni nel processo per l’imputazione del delitto
di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, può essere
tratta dai modelli attestanti le retribuzioni corrisposte ai dipendenti e gli obblighi contributivi verso l’istituto previdenziale (cosiddetti modelli DM 10), sempre che non risultino elementi contrari» (Sez. III, 7.10.2009, n. 46451, Carella,
m. 245610); «L’effettiva corresponsione delle retribuzioni ai lavoratori dipendenti, a fronte di un’imputazione di omesso versamento delle relative ritenute
previdenziali ed assistenziali, può essere provata sia mediante il ricorso a prove documentali (nella specie, i cosiddetti modelli DM/10 trasmessi dal datore di
lavoro all’INPS) e testimoniali, sia mediante il ricorso alla prova indiziaria»
(Sez. III, 4.3.2010, n. 14839, Nardiello, m. 246966); «In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, gli appositi modelli attestanti
le retribuzioni corrisposte ai dipendenti e gli obblighi contributivi verso l’istituto previdenziale (cosiddetti modelli DM 10), hanno natura ricognitiva della situazione debitoria del datore di lavoro e la loro presentazione equivale all’attestazione di aver corrisposto le retribuzioni in relazione alle quali è stato omesso il versamento dei contributi» (Sez. III, 10.4.2013, n. 37145, Deiana, m.
256957).
Il fatto che i modelli siano stati trasmessi telematicamente spiega la mancanza di sottoscrizione autografe senza però che ciò possa far dubitare della effettiva provenienza degli stessi dal datore di lavoro, essendovi diverse forme di
certificazione della provenienza elettronica, che nella specie non sono state contestate dal ricorrente.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.
In applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso, al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare k_
in € 1.000,00.

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-3 –

Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 13
maggio 2014.

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