Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24334 del 13/05/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 24334 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BONI ENEA N. IL 15/02/1943
ZAVALLONI ORNELLA N. IL 01/03/1945
avverso la sentenza n. 452/2013 TRIB.SEZ.DIST. di CESENA, del
24/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 1L 02-cc..eArLD
che ha concluso per

i

9t90 togc•4 gtm.A-s`Vie._

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

V-

1,91,c. Atm • F-

Data Udienza: 13/05/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Forlì – Sezione Distaccata di Cesena, con sentenza del
24.5.2013 ha affermato la penale responsabilità di

Enea BONI e Ornella

ZAVALLONI, che ha condannato alla pena dell’ammenda, in ordine al reato di cui
all’art. 279, comma 2 d.lgs. 152\06 perché, nella loro qualità i legali

prescrizioni contenute nell’autorizzazione provinciale e relative alle emissioni in
atmosfera derivanti dall’assemblaggio di motori marini, essendo risultati
sprovvisti dell’obbligatorio registro vidimato per l’annotazione dei consumi di
prodotto verniciato ( Cesenatico, 20.7.2010).
Avverso tale pronuncia i predetti propongono congiuntamente ricorso per
cassazione tramite il proprio difensore di fiducia.

2. Con un unico motivo di ricorso deducono la violazione di legge ed il vizio
di motivazione, rilevando di essere stati condannati per una violazione
meramente formale, atteso che risulterebbe dimostrato che non vi sarebbe stato
il superamento dei limiti di prodotto verniciante imposti dall’autorizzazione,
stravolgendo così la ratio della norma incriminatrice, chiaramente finalizzata ad
impedire il superamento effettivo dei limiti di consumo, rispetto ai quali la tenuta
del registro è solo funzionale ad evitare che tale superamento venga in concreto
effettuato.
Aggiungono che il controllo dei consumi sarebbe stato comunque possibile
sulla base della documentazione fiscale regolarmente tenuta dagli imputati,
come dichiarato da un teste escusso nel corso dell’istruzione dibattimentale.
Insistono, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile.
L’art. 279, comma 2 d.lgs. 152\06, nell’attuale formulazione, sanziona, con
pena alternativa (arresto o ammenda), la violazione dei valori limite di emissione
o le prescrizioni stabiliti dall’autorizzazione, dagli Allegati I, Il, III o V alla parte
quinta, dai piani e dai programmi o dalla normativa di cui all’art. 271 o le
prescrizioni altrimenti imposte dall’autorità competente ai sensi del Titolo Primo.
Se i valori limite o le prescrizioni violati sono contenuti nell’autorizzazione

rappresentanti della «NUOVA MOTONAUTICA di BONI Enea & C.», violavano le

integrata ambientale si applicano le sanzioni previste dalla normativa che
disciplina tale autorizzazione.
Nella originaria stesura, vigente all’epoca dei fatti e fino al 25.8.2010, la
fattispecie considerata era identica per ciò che concerne l’inosservanza delle
prescrizioni, mancando il riferimento, poi inserito, ad alcuni Allegati ed
all’autorizzazione integrata ambientale.
La disposizione si pone, del tutto pacificamente, per ciò che qui rileva, in
posizione di continuità rispetto alla previgente disciplina in materia di

prevedendo, nell’articolo 24, comma 4, la sanzione penale per chi, nell’esercizio
di un nuovo impianto, non osservava le prescrizioni dell’autorizzazione o quelle
imposte dalla autorità competente nell’ambito dei poteri ad essa spettanti.
Tale continuità è stata già riconosciuta dalla giurisprudenza di questa Corte
(v. Sez. III n. 18774, 18 maggio 2010; Sez. III n. 4536, 29 gennaio 2008; Sez. III
n. 47081, 19 dicembre 2007).

4. Questa Corte si è altresì pronunciata sulla tipologia delle prescrizioni
contemplate dalla norma in esame, facendo rilevare come il riferimento alle
prescrizioni dell’autorizzazione non contenga alcuna specificazione, con la
conseguenza che esse possono avere il contenuto più ampio, con la precisazione
che il provvedimento non deve comunque risultare affetto da eccesso di potere,
come nel caso in cui la prescrizione non sia in alcun modo ricollegabile alle
esigenze di precauzione e di controllo sottese all’investitura del potere
autorizzatorio in capo all’amministrazione pubblica (così, con riferimento all’art.
24, comma 4 d.P.R. 203\88, Sez. III n. 4514, 3 febbraio 2006. In senso conforme,
relativamente a fatti rientranti nell’attuale disciplina, Sez. III n. 29967, 27 luglio
2011).

5.

Ciò posto, deve rilevarsi che la contravvenzione in esame ha

pacificamente natura di reato formale di pericolo.
Lo scopo del legislatore, come si deduce dal tenore complessivo dell’art.
279, è infatti non soltanto quello di assicurare il rispetto dei valori limite di
emissione e di qualità dell’aria, ma anche quello di consentire alle autorità
preposte, attraverso il rilascio del titolo abilitativo e l’imposizione di specifiche
prescrizioni e di obblighi di comunicazione, un controllo adeguato finalizzato ad
una efficace tutela dell’ambiente e della salute che l’espletamento di
determinate attività può, anche potenzialmente, porre in pericolo.
Tale affermazione non può peraltro prescindere dall’ulteriore considerazione
che una previsione così ampia di limitazioni all’esercizio di un impianto, la cui

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inquinamento atmosferico regolata dal d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203,

imposizione è possibile anche attraverso specifiche prescrizioni inserite nel titolo
abilitativo, è ampiamente giustificato non soltanto dalla natura del bene tutelato,
di cui si è già detto, ma anche dalla necessità di conformare alla disciplina
generale situazioni tra loro diverse e relative ad impianti ed insediamenti
complessi.
Si tratta, a ben vedere, di un discorso estensibile a tutte le tipologie di
attività potenzialmente incidenti sull’ambiente e sulla salute delle persone,
poiché dette attività (si pensi, ad esempio, tanto per rimanere nell’ambito del

operazioni eterogenee, effettuate in strutture talvolta ampiamente articolate, con
il coinvolgimento di più soggetti e che implicano la soluzione di problemi tecnici
complessi.
Di ciò si è reso dunque conto il legislatore, lasciando ai soggetti preposti al
rilascio dei titoli abilitativi un ampio margine di discrezionalità che, sebbene non
possa – ovviamente – sconfinare nell’arbitrio, richiede misure adeguate per
assicurare l’osservanza di quanto imposto nell’atto amministrativo autorizzatorio.
Tale situazione è peraltro più facilmente intuibile con riferimento, ad
esempio, all’autorizzazione integrata ambientale (AIA), rispetto alla quale,
facendo ricorso al principio dell’«approccio integrato», di derivazione comunitaria
e superando il sistema «settoriale», si è venuta ad operare una valutazione
complessiva e coordinata degli impatti ambientali di un insediamento, anche al
fine di evitare le conseguenze di fenomeni complessi dovuti al contestuale
rilascio di più agenti inquinanti, il che pure giustifica il ricorso a prescrizioni
estremamente dettagliate e l’esigenza di un puntuale rispetto delle stesse.

6. Non si tratta, dunque, di meri formalismi, inopportunamente sottoposti a
sanzione penale, bensì di imposizioni impartite al fine di assicurare un completo
ed efficace controllo di situazioni potenzialmente incidenti su beni collettivi di
preminente rilievo.
Il bene giuridico tutelato dalle disposizioni in precedenza richiamate è,
evidentemente, l’ambiente, la cui integrità viene tuttavia assicurata non soltanto
attraverso la previsione di sanzioni per condotte produttive di effetti negativi
concreti o determinanti situazioni di pericolo, ma anche attraverso un articolato
sistema di autorizzazioni e controlli finalizzato al monitoraggio, al contenimento
ed alla regolamentazione dei fenomeni inquinanti.
Anche tali ultime attività sono, pertanto, certamente funzionali alla tutela
dell’ambiente, cosicché non può validamente sostenersi che sia priva di
offensività una condotta astrattamente idonea ad impedire o rendere meno
agevole, attraverso l’inosservanza di una specifica disposizione imposta con

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d.lgs. 152\06, alle acque ed ai rifiuti) sono caratterizzate dallo svolgimento di

l’autorizzazione,

l’espletamento

dei

compiti

attribuiti

alla

pubblica

amministrazione.

7. L’ampio ambito di operatività della disposizione in esame sembra possa
inoltre trovare ulteriore conferma in quanto disposto dall’art. 278 d.lgs. 152\06 in
tema di potere di ordinanza.
La disposizione, infatti, prevede l’esercizio di tale potere, da parte delle
autorità competenti, in caso di inosservanza delle prescrizioni contenute

279 e delle misure cautelari disposte dall’autorità giudiziaria» e, nel calibrare gli
interventi secondo la gravità dell’infrazione, non si riferisce soltanto ad ipotesi in
cui si manifestino (lett. b) o si determinino (lett. c) situazioni di pericolo per la
salute o per l’ambiente, ma anche (lett. a) alle mere irregolarità, prevedendo, in
tali casi, la diffida e l’assegnazione di un termine entro il quale eliminarle.

8. Venendo al caso in esame, si osserva che lo stesso riguarda l’omessa
tenuta di un registro vidimato obbligatorio, richiesto dall’autorizzazione per
l’annotazione dei consumi di prodotto verniciante al fine di poter valutare il
rispetto dei limiti di consumo previsti dall’autorizzazione (così è precisato nella
sentenza impugnata e riconosciuto dagli stessi ricorrenti nell’atto di
impugnazione).
E’ evidente che lo scopo di tali annotazioni è quello di consentire, anche
attraverso il confronto di dati diversi, un agevole controllo delle condizioni di
operatività dell’impianto e, conseguentemente, il raggiungimento di quelle
finalità di prevenzione e contenimento dell’inquinamento che la normativa di
settore si prefigge.
La mancata istituzione del registro non può conseguentemente considerarsi
quale mera inosservanza di una prescrizione formale del tutto priva di
conseguenze, perché direttamente incidente sulle funzioni di controllo attribuite
alla pubblica amministrazione.
Va poi aggiunto che, avuto riguardo a quanto appena rilevato, non rileva la
circostanza, addotta dai ricorrenti che il controllo dei consumi sarebbe stato
comunque effettuato sulla base della documentazione fiscale tenuta dagli
imputati poiché, in disparte la circostanza che il riferimento riguarda un dato
fattuale non verificabile in questa sede, stante la preclusione dell’accesso agli
atti del processo (nella specie, il verbale delle dichiarazioni testimoniali rese al
dibattimento) al giudice di legittimità, detta evenienza rappresenterebbe una
fortuita coincidenza che non sottrae rilievo alla astratta idoneità della condotta
ad incidere sulle attività di controllo demandate alle autorità competenti e

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nell’autorizzazione «ferma restando l’applicazione delle sanzioni di cui all’articolo

strumentali alla tutela dell’ambiente.

9. Va dunque affermato il principio secondo il quale, il reato di cui all’art.
279, comma 2 d.lgs. 152106, relativo all’inosservanza delle prescrizioni
imposte con l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera, è reato
formale e di pericolo che si perfeziona anche mediante comportamenti
incidenti negativamente sul complesso sistema di autorizzazioni e
controlli previsto dalla normativa di settore, che è comunque funzionale

regolamentazione, il contenimento ed il monitoraggio di attività
potenzialmente inquinanti.

10.

Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e

alla declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia
ascrivibile a colpa dei ricorrenti (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in
favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro
1.000,00 per ciascuno di essi.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa
delle ammende.
Così deciso in data 13.5.2014

alla tutela dell’ambiente, la quale è assicurata anche attraverso la

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