Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24332 del 13/05/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 24332 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: FRANCO AMEDEO

SENTENZA
sul ricorso — erroneamente qualificato come appello — proposto da Donati
Demetrio, nato a Roma il 14.7.1949;
avverso la sentenza emessa il 7 febbraio 2013 dal tribunale di Roma;
udita nella pubblica udienza del 13 maggio 2014 la relazione fatta dal
Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Aldo Policastro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv.Rosario Tarantola;
Svolgimento del processo
Con la sentenza in epigrafe il tribunale di Roma dichiarò Donati Demetrio
colpevole del reato di cui all’art. 5, lett. b), della legge 30 aprile 1962, n. 283,
per avere, quale legale rappresentante di un supermercato, detenuto per la vendita sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione, in particolare per avere trasportato formaggio fresco tipo ricotta mediante automezzo non coibentato
e in promiscuità con prodotti ortofrutticoli, a temperatura superiore a quella di 4
C° indicata in etichetta, e lo condannò alla pena di € 2.000 di ammenda.
L’imputato, a mezzo dell’avv. Rosario Tarantola, propone ricorso per cassazione — erroneamente qualificato come appello — deducendo:
1) assoluzione, almeno sotto il profilo del dubbio, perché il fatto non sussiste, dal momento che non è stata accertata la pericolosità in concreto del prodotto alimentare.
2) assoluzione, almeno sotto il profilo del dubbio, perché il fatto non costituisce reato. Lamenta che nella specie manca una valutazione della colpa, atteso
l’immediato trasferimento del prodotto dal furgone ai locali della ditta.
3) applicazione della attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen. perché il
fatto è di particolare tenuità.

Data Udienza: 13/05/2014

4) applicazione della pena nel minimo previa concessione delle attenuanti
generiche.
5) concessione del beneficio della non menzione della condanna se ne sussistono i presupposti.
Motivi della decisione
I primi due motivi sono infondati. Deve invero ricordarsi che l’art. 51 del
d.P.R. 26 marzo 1980, n. 327 (Regolamento di esecuzione della l. 30 aprile
1962, n. 283, e successive modifìcazioni, in materia di disciplina igienica della
produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande), dispone
che «Il trasporto delle sostanze alimentari elencate nell’allegato C al presente
regolamento deve essere effettuato con modalità atte a garantire il mantenimento delle condizioni di temperatura fissate nell’allegato stesso». L’allegato
C), nella parte II, prescrive appunto che i prodotti lattiero-caseari, fra cui è
compresa la ricotta, devono rispettare durante il trasporto la temperatura da 0°C
a +4°C, specificando alla nota 5 che «Durante il tempo di distribuzione frazionata – da effettuarsi con mezzi aventi caratteristiche tecnico-costruttive idonee
per il trasporto in regime di freddo – che comporti ai fini della consegna agli
esercizi di vendita numerose operazioni di apertura delle porte dei mezzi stessi,
ferme restando in ogni caso le temperature di partenza fissate nel presente allegato, sono tollerati i seguenti valori massimi di temperatura: …. Ricotta:
+9°C».
Nella specie, invece, il giudice del merito ha accertato non solo che la ricotta fu trovata nella fase di scarico ad una temperatura superiore ai 4°C ma anche che essa veniva trasportata con un automezzo privo di refrigeratore (oltre
che in promiscuità con prodotti ortofrutticoli) e quindi con un mezzo non idoneo a garantire il regime di freddo normativamente imposto per quel determinato prodotto alimentare. Questa circostanza, del resto, non viene nemmeno contestata con l’impugnazione. Ne deriva che deve ritenersi del tutto corretto il
giudizio del giudice del merito secondo cui il prodotto si trovava in un cattivo
stato di conservazione.
Gli altri motivi sono palesemente inammissibili perché consistono in censure in punto di fatto e peraltro sono anche del tutto generici, perché non specificano nemmeno in quali errori di diritto o vizi di motivazione sarebbe incorsa
la sentenza impugnata, non indicando nemmeno se le attenuanti e il beneficio
siano stati richiesti e quali sarebbero gli elementi di fatto che ne avrebbero imposto la concessione.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cas,azione, il 13
maggio 2014.

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