Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24320 del 09/04/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 24320 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
BALEANI Marco, nato a Osimo il 2/4/1962
avverso la sentenza del 29/4/2013 della Corte di appello di Ancona, che ha
confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Ancona, sez. dist. di Osimo, in
data 8/10/2009 con la quale è stato condannato, previa concessione delle
circostanze attenuanti generiche, alla pena di un anno e due mesi di reclusione,
oltre pene accessorie, perché colpevole del reato continuato previsto dagli
artt.81 cod. pen., art.8 del d.lgs. 10 marzo 2000, n.74 (capo A) per gli anni
d’imposta 2005 e 2006 e art.2 della medesima legge (capo B) per l’anno
d’imposta 2005;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale,
Gioacchino Izzo, che ha concluso chiedendo annullarsi la sentenza con rinvio per
la determinazione della pena per i fatti successivi al 30/6/2013 essendo estinti
per prescrizione i fatti anteriori.
RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 09/04/2014

1. Con sentenza del 29/4/2013 la Corte di appello di Ancona ha confermato
la sentenza emessa dal Tribunale di Ancona, sez. dist. di Osimo, in data
8/10/2009 con la quale è stato condannato, previa concessione delle circostanze
attenuanti generiche, alla pena di un anno e due mesi di reclusione, oltre pene
accessorie, perché colpevole del reato continuato previsto dagli artt.81 cod.
pen., art.8 del d.lgs. 10 marzo 2000, n.74 (capo A) per gli anni d’imposta 2005 e
2006 e art.2 della medesima legge (capo B) per l’anno d’imposta 2005.
2. La Corte di appello ha respinto i motivi d’impugnazione ritenendo che

collocarsi come mero intermediario fittizio nella triangolazione fra la società
“Putelli Auto S.r.l.” e i suoi fornitori. Tale conclusione è stata raggiunta ritenendo
elementi decisivi l’assenza di strutture commerciali adeguate, gli importi fatturati
soprattutto nell’anno 2006, il pagamento in contanti dei fornitori mediante
denaro messo a disposizione dalla società Putelli, la circostanza che l’importo
corrispondente all’I.v.a. dovuta non veniva corrisposto all’imputato dalla stessa
società Putelli.
3. Avverso tale decisione l’avv. Fabrizio Naspi nell’interesse del sig. Baleani
propone ricorso in sintesi lamentando:
a.

Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. e vizio di
motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. per avere la Corte di
appello trascurato di esaminare le censure concernenti l’elemento oggettivo
del reato, tanto da trascurare la circostanza che non sono mai stati esaminati
i documenti e i movimenti bancari della ditta Baleani e non può essere
smentita la circostanza riferita dall’imputato di avere fatto ricorso a prestiti e
mutui bancari al fine di approvvigionarsi delle somme necessarie per gli
acquisti;

b. Vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. con
riferimento all’elemento soggettivo del reato, difettando la prova
dell’elemento soggettivo del reato che consiste nel dolo specifico e non può
essere integrato da profili di mera superficialità;
c.

Vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. con
riferimento all’assenza di prova circa relazioni tra il ricorrente e i presunti
beneficiari delle operazioni asseritamente illecite e con riferimento all’assenza
di prova della illiceità delle condotte di tali beneficiari.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

L’articolata descrizione dei numerosi profili fattuali oggetto di censura

nell’atto di appello e la puntuale, per quanto sintetica, risposta che la Corte di

2

l’imputato abbia consapevolmente utilizzato la propria ditta individuale al fine di

appello ha offerto in motivazione escludono che possa parlarsi di un vizio di
carenza motivazionale e impongono di verificare se non sussista, piuttosto, un
vizio di illogicità manifesta della motivazione stessa.
2.

Sul punto la Corte osserva che la Corte di appello ha fondato il giudizio di

responsabilità su due circostanze che vengono qualificate come “incontestate” a
pag.10, primo capoverso, della motivazione e che i motivi di ricorso non
affrontano: il ricorso frequente da parte del ricorrente a pagamenti in denaro
contante sulla base di somme anticipategli dai destinatari delle auto, e cioè la

titolo di I.v.a. Tali modalità sono considerate dalla Corte di appello non
rispondenti alle normali prassi commerciali e costituiscono elemento che in modo
non illogico è stato considerato dimostrativo della irregolarità delle operazioni
all’interno del più ampio contesto fattuale descritto alle pagine 8 e 9 della
motivazione e della circostanza che la ditta di Baleani non ha evaso il proprio
debito I.v.a., condotta tipica dell’intermediario fittizio che interviene nei
meccanismi di “triangolazione” fra gli effettivi contraenti e che assume su di sé il
debito d’imposta senza poterlo poi soddisfare.
3.

A fronte di questa ricostruzione il ricorrente lamenta la mancata

valutazione da parte della Corte di appello dell’esistenza di prestiti bancari
utilizzati per lo svolgimenti delle attività di compravendita. Si tratta di
circostanza che il ricorso non supporta con specifiche indicazioni e che in via di
principio non è in grado di contrastare la motivata ricostruzione sopra ricordata,
posto che tale ricostruzione potrebbe essere messa in crisi solamente fornendo la
prova di una operatività aziendale fondata sulla concessione di mutui bancari ipotesi che sul piano commerciale risulta incompatibile, tra l’altro, con il ricorso a
frequenti pagamenti mediante denaro contante e a somme “anticipate” dai
destinatari delle vetture.
4. Una volta che la motivazione della sentenza risulti immune da vizi logici
debbono trovare applicazione i principi interpretativi in tema di limiti del giudizio
di legittimità e di definizione dei concetti di contraddittorietà e manifesta illogicità
della motivazione, nonché in tema di travisamento del fatto che sono contenuti
nelle sentenze delle Sez.Un., n.2120, del 23 novembre 1995-23 febbraio 1996,
Fachini, rv 203767, e n.47289 del 2003, Petrella, rv 226074. In tale prospettiva
di ordine generale va, dunque, seguita la costante affermazione
giurisprudenziale del principio secondo cui è “preclusa al giudice di legittimità la
rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma
adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti” (fra
tutte: Sez.6, sentenza n.22256 del 26 aprile-23 giugno 2006, Bosco, rv
234148).

3

società Putelli; il fatto che dette somme non comprendevano la quota dovuta a

5.

La Corte non può mancare di richiamare, sempre con riferimento alle

“triangolazioni” di cui risulta avere beneficiato la società “Putelli Auto S.r.l.”,
quanto deciso con la sentenza di questa Sezione, n.12337 del 15/1/2014, che ha
concluso per la inammissibilità del ricorso proposto da altro intermediario, il sig.
Caccia, avverso la condanna emessa dalla Corte di appello di Brescia in relazione
al reato ex art.8 della d.lgs. 10 marzo 2000, n.74.
6. Quanto esposto riverbera i suoi effetti anche sulla censura che ha per
oggetto l’elemento soggettivo del reato, apparendo pienamente logica la

contabili come quelle accertate e circa la conseguente esistenza di vantaggi per il
ricorrente che potevano derivare soltanto dall’evasione d’imposta di cui
beneficiavano i destinatari delle fatture per operazioni inesistenti.
7. In conclusione, la Corte ritiene che tutti i motivi di appello abbiano come
contenuto censure di fatto non proponibili in questa sede e come tali meritevoli
di una pronuncia di inammissibilità.
8. Tale conclusione priva di rilevanza il tema della prescrizione del reato.
Considerata la data di commissione dei reati, che per le dichiarazioni infedeli
deve essere collocata al mese di ottobre successivo all’anno d’imposta di
riferimento, i termini prescrizionali massimi sono maturati in un arco di tempo
che va dal mese di giugno 2013 al mese di aprile 2014; in tutti i casi
successivamente alla data di emissione della sentenza di appello. La
giurisprudenza di questa Corte ha infatti stabilito che alla inammissibilità del
ricorso consegue la non rilevanza in questa sede dell’avvenuta maturazione dei
termini massimi di prescrizione del reato in epoca successiva alla sentenza
impugnata (Sez.Un., n.32 del 22 novembre-22 dicembre 2000, rv 217266;
n.33542 del 27 giugno-11 settembre 2001, rv 219531; n.23428 del 22 marzo-22
giugno 2005, rv 231164).
9.

Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere

dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi
dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

4

valutazione dei giudici di merito circa la intenzionalità di condotte commerciali e

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00
alla Cassa delle ammende.
Così deciso il 9/4/2014

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