Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24304 del 29/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 24304 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: IANNELLI ENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI BARI
nei confronti di:
TOLONESE RAFFAELE N. IL 13/09/1959
avverso l’ordinanza n. 1310/2013 TRIB. LIBERTA’ di BARI, del
05/12/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENZO IANNELLI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 29/05/2014

Letti gli atti, la ordinanza impugnata, il ricorso; Udita la relazione del cons. Enzo Jannelli;
Udite le conclusioni del S. Procuratore generale,Giuseppe Volpe, per l’ inammissibilità dei ricorso:
Il PM. presso il tribunale di Bari ricorre per cassazione avverso l’ ordinanza datata 512.2013/16.1.2014 del predetto tribunale che, in sede di appello proposto dallo stesso P.M.,
confermava il pregresso provvedimento del gip. della stessa città, emesso il 5.7.2013, di rigetto
della richiesta di custodia cautelare nei confronti di Tolonese Raffaele in ordine a tre delitti di
tentata estorsione l’uno, gli altri due di estorsione consumata, tutti aggravati, tra l’altro, dalla finalità
di agevolare l’ associazione mafiosa di appartenenza, per la quale il prevenuto è stato attinto nello
stesso procedimento da una ordinanza cautelare per il delitto ex art. 416 bis c.p., peraltro non
impugnata davanti al tribunale del riesame.
Premesso che la richiesta di ordinanza cautelare è stata avanzata con riferimento a più imputati e
che le ordinanze dei giudici di merito hanno anch’ essere riferimento ad una pluralità di indagati, la
ragione di doglianza si sviluppa, con riferimento al solo tentativo di estorsione- capo E-3- lungo il
ragionamento seguente: la condotta estorsiva si indirizzava verso tale Bonalumi
pregiudicato, già condannato in primo grado per un furto commesso il 1.5.2009 al cavau della”
N.P. Service sr.1″ di Foggia, con un danno e conseguente profitto di circa un milione di euro, ed era
stata posta in essere, secondo la ricostruzione dei giudici di appello, da vari esponenti delle
“batterie” — sottogruppi con autonomia decisionale ed operativa, ma federati tra loro – che
costituivano la associazione criminosa ” Famiglia Foggiana” e che pretendevano, in base al
controllo mafioso del territorio nel quale il furto si era verificato, di partecipare alla divisione del
bottino. Ora, se il giudice di appello non ha condiviso la esclusione, affermata dal primo giudice,
nel contesto fattuale, della rapportabilità delle condotte poste in essere dai vari esponenti delle
batterie nei confronti del Bonalumi ai gruppi di appartenenza, ritenendole iniziative individuali, non
coinvolgenti gli interessi della associazione criminale mafiosa, ma se ha condiviso la sua
valutazione del carattere non intimidatorio e minaccioso delle richieste di spartizione del denaro
rubato, il P.M., di contrario avviso, denuncia con i motivi di ricorso la illogicità e contraddittorietà
del ragionamento giudiziale in base alla seguente formulazione espressiva: se, come affermano i
giudici dell’appello, la persona offesa è stata oggetto di un vero e proprio ” accerchiamento” da
parte di esponenti di tutte e tre le batterie storicamente presenti nella società foggiana, risulterebbe
assolutamente illogico e contraddittorio ritenere che la persona offesa non sia stata intimorita” da
una operazione così qualititativamente imponente”.
-3- Il ricorso è inammissibile per genericità ed a-specificità.
Per genericità perchè non presta alcuna attenzione e non riserva alcuna espressione all’ asserito
carattere minaccioso e minatorio delle richieste e dei contesti in cui le richieste si collocano, per aspecificità perchè non riserva ancora una volta alcuna attenzione alla condotta del ricorrente, la cui
responsabilità per i delitti —scopo deve pur agganciarsi ad elementi fattuali che non siano
meramente costitutivi delle condotte partecipative alla associazione.
Ora se è pur vero che la minaccia costitutiva del delitto di estorsione oltre che essere esplicita,
palese e determinata, può essere manifestata anche in maniera indiretta, ovvero implicita ed
indeterminata, esse deve pur essere idonea ad incutere timore ed a coartare la volontà del soggetto
passivo, in relazione alle circostanze concrete, alla personalità dell’agente, alle condizioni
soggettive della vittima ed alle condizioni ambientali in cui opera; parimenti nel tentativo va
considerata la potenzialità della minaccia stessa ad incutere paura, indipendentemente dal fatto che
la vittima ne risulti effettivamente intimita. Sul punto i giudici di merito hanno ritenuto di
escludere la stessa potenzialità di timore, base alle caratteristiche proprie del contesto
esto,^in cui le
condotte si collocano. E sul puto- si ribadisce- il motivo di ricorso si rivela ltit;I’ 407-P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso del P.M. Così deciso in Roma il 29.5.2014.

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