Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24279 del 15/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 24279 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: IANNELLI ENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI MAMBRO ADOLFO N. IL 28/07/1965
avverso l’ordinanza n. 4619/2013 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
07/08/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENZO IANNELLI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 15/05/2014

I

Di Mambro Adolfo, già condannato, in stato di custodia cautelare, alla pena di anni otto e mesi otto
di reclusione per il reato di associazione a delinquere finalizzato al narcotraffico e altri reati fine con
sentenza della corte di appello di Napoli datata 13.5.2013, ricorre avverso l’ ordinanza 7.8.2013 del
tribunale distrettuale del riesame della stessa città che, in sede di appello avverso il pregresso
provvedimento, datato 3.6.2013, della corte distrettuale, ne confermava la statuizione,di rigetto
dell’ istanza di sostituzione della misura cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari.
Ad avviso della difesa il depotenziamento della pericolosità del prevenuto, dovuto, da un lato, alla
circostanza che tutti i componenti della associazione si trovano in stato di detenzione, dall’altro, al
ridimensionamento della misura della pena in grado di appello da anni dieci ad anni otto,mesi otto
di reclusione, avrebbero consentito la mitigazione della misura coercitiva, esclusa dai giudici di
merito con motivazione generica.
Il ricorso è inammissibile.
Invero la presunzione di adeguatezza della custodia in carcere per il reato di cui all’art. 74 DPR:
9.10.19990,n. 309, divenuta “relativa” per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 231
del 22.7.2011, può essere superata se il giudice individua analiticamente elementi di positiva e
concreta attenuazione del valore sintomatico del fatto. Ma il ricorrente non è in grado di dedurre
elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali possa risultare che le esigenze cautelari
possano essere soddisfatte con altre misure. Non lo sono certo lo stato detentivo dei correi nè tanto
meno la mera riduzione della pena, come inflitta dai primi giudici, ad opera della corte di appello,
assestatasi a livelli sempre di notevole gravità.
La parte privata che ha proposto il ricorso deve essere condannata al pagamento delle spese del
procedimento, nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille euro, così
equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di mille euro alla cassa delle ammende. Si provveda a norma
dell’art. 94 comma 1-ter disp. att. c.p.p..
Così deciso in Roma il 15.5.2014

Letti gli atti, la ordinanza impugnata, il ricorso;
Udite le conclusioni del S. Procuratore generale, Massimo Galli, per il rigetto del ricorso;
Udita la relazione del cons. Enzo Jannelli;

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