Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24275 del 05/06/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 24275 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Migliaccio Michele, nato a Villarica il 30/01/1976;
avverso la sentenza del 24/05/2013 della Corte d’appello di Bari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Oscar
Cedrangolo, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato
inammissibile.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 9.11.2007 il Tribunale di Trani dichiarò Migliaccio
Michele responsabile del reato di ricettazione di 12 scalini di pietra bianca e
chianche in pietra di Trani compendio di furto e – concesse le attenuanti
generiche equivalenti alla recidiva reiterata specifica – lo condannò alla pena di
anni 2 di reclusione ed C 600,00 di multa, pena condonata.
Condannò l’imputato al risarcimento dei danni (da liquidarsi in separato
giudizio) ed alla rifusione delle spese alla parte civile Cassano Francesco.

2. L’imputato propose gravame ma la Corte d’appello di Bari, con sentenza
del 24.5.2013 confermò la pronunzia di primo grado e confermò la pronunzia di
primo grado e condannò l’imputato alla rifusione a favore della parte civile delle
ulteriori spese di giudizio.

3. Ricorre per cassazione l’imputato deducendo:

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Data Udienza: 05/06/2014

1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di
responsabilità basata solo sulle dichiarazioni della persona offesa;
mancherebbe l’elemento soggettivo del reato; non sarebbe dimostrato
che gli scalini e le chianche siano di provenienza furtiva, non avendo
caratteristiche specifiche e non basterebbe il riconoscimento operato dalla
persona offesa; non avrebbe rilievo il trasporto in ora notturna, dal
momento che l’imputato si fermò allorché fu inseguito dai Carabinieri;
2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato
riconoscimenti dell’ipotesi lieve della ricettazione;

riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod.
pen. ed al mancato giudizio di prevalenza delle attenuanti sulle
aggravanti, nonché al trattamento sanzionatorio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato e svolge censure di
merito.
La Corte territoriale, non solo ha dato atto che la persona offesa aveva
riconosciuto il materiale sottratto, ma che l’imputato, inseguito dai Carabinieri
verso le 3.45, si era fermato in salita, lasciando l’autocarro in folle, che era
indietreggiato urtando l’auto dei Carabinieri, era fuggito a piedi ed era stato
bloccato dipo una colluttazione. Inoltre l’imputato, pur affermando di aver
prelevato il materiale da un suo immobile non aveva documentato
l’affermazione. L’elemento soggettivo era stato desunto dal tentativo di fuga.
In tale motivazione non vi è alcuna manifesta illogicità che la renda
sindacabile in questa sede.

2. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso sono manifestamente infondati.
La Corte territoriale ha escluso che il valore di quanto ricettato fosse lieve ed
ha perciò escluso l’attenuante di cui all’art. 648 cpv cod. pen. ed implicitamente
quella di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., peraltro non richiesta in appello (a quanto
sempra dalla sentenza impugnata.
Il giudizio di equivalenza fra attenuanti generiche e recidiva in ragione dei
precedenti penali e pertanto è stato confermato il trattamento sanzionatorio.

3. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa

2

3. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato

nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della
Cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata in
ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.

Così deciso il 05/06/2014.

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