Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24273 del 05/06/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 24273 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
Etzi Pierluigi, nato a Gioia Tauro il 18/01/1978;
Etzi Rosaria, nata a Taurianova il 05/10/1971;
Fascetti Leandro, nato a Ludwisburg (Germania) il 11/09/1981;
Isabella Alessandro, nato a Cosenza il 14/05/1978;
Malvaggio Michele, nato a Lamezia Terme il 10/02/1961;
Musso Barbara, nata a Genova il 12/01/1976;
Pasqualone Fortunato Teodoro, nato a Taurianova il 23/12/1966;
Pasqualone Massimiliano, nato a Taurianova il 16/01/1971;
Pasqualone Rocco, nato a Taurianova il 03/10/1969;
Perre Rocco, nato a Platì il il 30/11/1976;
Perri Emilio, nato in Canada il 13/10/1973;
Ruffo Giuseppe, nato a Gioia Tauro il 27/05/1981
Spanò Adriano, nato a St. Wendel (Germania) il 18/09/1979;
avverso la sentenza del 14/03/2012 della Corte d’appello di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Oscar
Cedrangolo, che ha concluso chiedendo che i ricorsi siano dichiarati
inammissibili;
uditi per gli imputati: l’Avv. Ortensio Mendicino per Fascetti, Malvagio e Spanò,
nonché in sostituzione dell’Avv. Giuseppe Bruno per Isabella e Perri; l’Avv.
Renato Vigna per i Pasqualone, Musso ed Etzi Rosaria; i quali hanno concluso
chiedendo l’accoglimento dei ricorsi.

Data Udienza: 05/06/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza n. 20525 del 21.5.2010 dep. 28.5.2010, la Corte Suprema
di cassazione, Sez. 6^, a seguito di ricorsi proposti dai predetti e da altri
imputati contro la sentenza 17.7.2008 della Corte d’Appello di Reggio Calabria,
fra l’altro:
annullò la sentenza impugnata nei confronti di Etzi Pierluigi con rinvio per nuovo
giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello di Reggio Calabria;
annullò la stessa sentenza nei confronti di tutti gli altri imputati, limitatamente

sezione della stessa Corte d’Appello per nuovo giudizio;
rigettò nel resto i ricorsi di Pasqualone Fortunato Teodoro, Pasqualone
Massimiliano, Pasqualone Rocco, Perre, Sardanelli, Etzi Rosaria, Fascetti, Spanò,
Malvaggio, Isabella, Perri e Ruffo Giuseppe.
La sentenza di annullamento aveva rilevato che la Corte d’Appello di
Reggio Calabria si era pronunziata su un’associazione per delinquere finalizzata
all’importazione e alla commercializzazione di cocaina, attiva in Gioia Tauro nel
2004 e facente capo ai fratelli Fortunato Teodoro, Rocco e Massimiliano
Pasqualone, nonché su singoli reati di spaccio a tale associazione collegati. La
sentenza di appello, escluso il carattere armato dell’associazione e meglio definiti
alcuni episodi di spaccio, aveva rideterminato le pene inflitte in primo grado a
Etzi Pierluigi, Etzi Rosaria, Fascetti Leandro, Isabella Alessandro, Malvaggio
Michele, Pasqualone Fortunato Teodoro, Pasqualone Massimiliano, Pasqualone
Rocco, Perre Rocco, Ruffo Giuseppe, Sardanelli Domenico, Spanò Adriano, Perri
Emilio, ed ha tenuto ferme quelle di Ruffo Domenico, Musso Barbara e Sorrenti
Alessandro, confermando nel resto la decisione del G.U.P. del Tribunale di Reggio
Calabria del 23.3.2007.
La Corte di legittimità respingeva l’eccezione di nullità della sentenza,
dedotta dai fratelli Pasqualone nei motivi aggiunti in tesi derivante dal carattere
incomprensibile del dispositivo della pronunzia di primo grado, oggetto di
abnorme correzione.
La sentenza di appello veniva annullata con rinvio nei confronti di Pierluigi
Etzi e di Sorrenti Alessandro, ritenuti responsabili degli episodi di spaccio di cui ai
capi Z2 e Z3 dell’imputazione, perché la Corte d’Appello si era limitata a
riprodurre testualmente il brano della pronunzia di primo grado riguardante
entrambi i ricorrenti, pronunzia che a sua volta richiamava in larga parte la
motivazione del Tribunale della Libertà, al quale ultimo era dunque dovuta
l’interpretazione del senso delle conversazioni intercettate che i giudici di merito
hanno ritenuto di condividere e in base al quale si è pervenuti alla condanna,
senza che il giudice di appello, nei limiti della devoluzione, dimostrasse di aver
2

all’imputazione di cui al capo A (art. 74 D.P.R. 309/1990), con rinvio ad altra

operato una lettura propria degli elementi probatori e non soltanto di aver
valutato la completezza, la ragionevolezza e la coerenza della precedente
decisione, quasi fosse a lui commesso esclusivamente un controllo di legittimità
del provvedimento emesso nella prima istanza. Non erano state confutate le
deduzioni degli imputati, se non con un rinvio a quanto già altrove deciso e ciò
senza nemmeno specificare a quali passi della sentenza del Tribunale si faccia
riferimento e per di più riassumendosi in maniera sommaria e generica i motivi
di impugnazione.

altri ricorrenti riguardanti l’imputazione del reato associativo di cui sono stati
ritenuti responsabili (capo A). Infatti, a parte una iniziale trattazione generale
che è valsa ad escludere il carattere armato dell’associazione ed a respingere in
maniera condivisibile le questioni sull’inutilizzabilità delle intercettazioni, anche
per le singole posizioni nell’ambito di tale associazione la Corte d’Appello ha
ritenuto di poter limitarsi a riprodurre testualmente i brani della sentenza di
primo grado, questi sovente riproduttivi di pronunzie emesse in sede cautelare, a
tanto aggiungendo notazioni apodittiche e stereotipate e a volte identiche, pur
trattandosi di posizioni diverse (vedi per esempio le considerazioni su Etzi
Rosalia e Musso Barbara). Si era eluso in tal modo un vero giudizio in ordine alla
partecipazione individuale al sodalizio criminale e ai ruoli effettivamente svolti
dagli imputati, oggetto di specifiche censure avanzate con gli atti di appello.
Tanto definiva i ricorsi di Barbara Musso e di Ruffo Domenico che sono
stati ritenuti responsabili esclusivamente del reato di cui al capo A.
Sono stati invece respinti i ricorsi degli altri ricorrenti nella parte in cui
questi lamentano di essere stati ritenuti responsabili di singoli specifici episodi di
spaccio.
È stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale mossa all’art. 405 cod. proc. pen., comma 1 bis a seguito della
sentenza 121 del 2009 della Corte Costituzionale, e sono state ritenute prive di
specificità le doglianze sulle intercettazioni, per alcuni di costoro alla generica
affermazione di innocenza non corrisponde poi alcun argomento diretto a
contrastare gli elementi probatori che attestano l’avvenuto commercio (Rosaria
Etzi, Leandro Fascetti, Adriano Spanò, Michele Malvagio, fratelli Pasqualone,
Rocco Perre, Perri Emilio). Per altri poi i motivi sono soltanto affermazioni
apodittiche sull’uso personale o sulla lieve entità del fatto (Alessandro Isabella,
Giuseppe Ruffo, Sardanelli Domenico, Danilo Vena).
2. La Corte d’appello di Reggio Calabria, quale giudice di rinvio, con
sentenza 14.3.2012, fra l’altro:
esclusa l’aggravante dell’essere l’associazione armata, ferme le precedenti
statuizioni, ha ridotto le pene inflitte a:

3

Per le medesime considerazioni sono state accolte le censure di tutti gli

Pasqualone Fortunato Teodoro ad anni 14 di reclusione;
Pasqualone Massimiliano ad anni 13 mesi 10 di reclusione;
Pasqualone Rocco ad anni 13 mesi 8 di reclusione;
Ruffo Giuseppe ad anni 8 mesi 2 di reclusione;
esclusa l’aggravante di cui all’art. 74 comma 3 D.P.R. 309/1990 e ferme le
precedenti statuizioni, ha ridotto le pene inflitte a:
Etzi Rosaria ad anni 5 di reclusione;
Fascetti Leandro ad anni 6 mesi 2 di reclusione;
Isabella Alessandro ad anni 4 mesi 8 di reclusione;

Musso Barbara ad anni 4 mesi 6 di reclusione;
Perre Rocco ad anni 5 mesi 2 di reclusione;
Perri Emilio ad anni 4 mesi 8 di reclusione;
Sardanelli Domenico ad anni 5 mesi 6 di reclusione;
Spanò Adriano ad anni 6 mesi 4 di reclusione;
ferme le attenuanti già concesse ridusse la pena a Etzi Pierluigi ad anni 3 mesi
10 di reclusione ed C 20.000,00 di multa.

3. Ricorrono per cassazione gli imputati sopra indicati.

3.1. Etzi Pierluigi deduce violazione di legge e vizio di motivazione in quanto
il giudice di rinvio avrebbe ripreso la decisione del primo giudice trascurando le
doglianze svolte nei motivi di appello, violando gli artt. 62 e 63 comma 2 e 192
cod. proc. pen. Era possibile una diversa ricostruzione dei fatti, che avrebbe
dovuto condurre ad una pronunzia ai sensi dell’art. 530 comma 2 cod. proc. pen.

3.2. Etzi Rosaria, Musso Barbara, Pasqualone Fortunato Teodoro,
Pasqualone Massimiliano e Pasqualone Rocco, tramite il difensore, con unico
atto, deducono violazione di legge e vizio di motivazione in quanto la Corte di
rinvio (in relazione alla cui composizione si svolgono critiche) si sarebbe limitata
a recepire come ovvie le conclusioni alle quali il primo giudice era pervenuto,
senza rispondere alle doglianze difensive. Sono stati richiamati in modo astratto
gli elementi costitutivi del reato associativo senza una compiuta valutazione delle
condotte dei singoli imputati, disattendendo le stesse premesse della sentenza
impugnata. Non sarebbe stata operata una verifica minima dei caratteri della
struttura minima e delle dinamiche fattuali e psicologiche delle condotte di
ciascuno dei fratelli Pasqualone. La Corte territoriale ammette l’insussistenza di
disponibilità economiche pur assumendo che ciò non sarebbe incompatibile con il
contesto associativo. Ognuno dei fratelli Pasqualone avrebbe perseguito finalità
proprie anche in concorso con terze persone (sconosciute agli altri componenti
4

__

Malvagio Michele ad anni 4 mesi 8 di reclusione;

della famiglia) ponendo in essere una o più azioni delittuose. I proventi
dell’attività posta in essere da Pasqualone Fortunato Teodoro in concorso con
Russo Giuseppe ed altri non sarebbero mai stati destinati ad una suddivisione tra
i ritenuti associati. Non sono motivati la protrazione nel tempo del sodalizio ed i
singoli contributi. Le intercettazioni provano solo l’autonoma tendenza alla
consumazione di reati della stessa specie. Pasqualone Rocco non ha mai
stipulato alcun proficuo accordo con il suo interlocutore e non vi è prova della
serietà dell’offerta. Non vi era la disponibilità di denaro per l’acquisto. Per le due
donne la responsabilità si fonda solo sull’essere mogli di due soggetti propensi al

Con note di udienza depositate il 26.5.2014 il difensore dei predetti
ricorrenti ha sviluppato ulteriori argomenti a sostegno del ricorso proposto.

3.3. Fascetti Leandro e Spanò Adriano, tramite il difensore, con unico atto,
deducono:
1. violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di cui
all’art. 74 D.P.R. 309/1990 in quanto è essenziale la consapevolezza della
partecipazione in capo ai singoli; la partecipazione non può essere
desunta dalle singole attività di spaccio in mancanza della volontà
dell’imputato di far parte dell’associazione; l’accordo associativo deve
permanere oltre l’eventuale commissione dei reati fine; deve essere
provata l’esistenza di un accordo associativo che crei un vincolo
permanente; nel caso in esame tali requisiti difettano, poiché la volontà
dei singoli era diretta solo alla commissione dei singoli reati; le carenze
investigative ed il breve lasso temporale che ha visto operare i soggetti fa
escludere l’esistenza di una struttura; sarebbe irrilevante l’argomento
relativo al mancato conseguimento degli obiettivi ambiziosi perseguiti;
manca anche l’indeterminatezza del programma criminoso;
2. vizio di motivazione in punto di prova dell’esistenza di una struttura
associata ed al travisamento dei risultati delle investigazioni ove la Corte
territoriale ha affermato che gli stessi avrebbero dimostrato l’assetto
accusatorio; nessuna osservazione era mai stata effettuata nel territorio
di Cleto e Campora San Giovanni; l’impugnazione aveva espressamente
denunziato l’assenza di tale contesto investigativo; i riscontri indicati
come accertati sono invece inesistenti; l’intercettazione dalla quale la
Corte territoriale ha desunto la fiducia riposta dai Pasqualone nei
confronti dei cugini Fascetti e Spanò dimostrerebbe invece la
indipendenza e la esclusone di rapporti subalterni in capo a tali imputati;

5

\_-

traffico di droga e nulla sapevano del denaro.

3. mancanza di motivazione in ordine alle doglianze difensive relative
all’inesistenza del reato associativo in capo agli imputati; il soggetto che
perseguendo per suo interesse il fine delittuoso viene a contatto con
un’associazione non ne diviene per ciò solo partecipe (Cass. Sez. 6 n.
8267 del 22.3.1996); Fascetti e Spanò erano meri acquirenti; il venditore
al minuto è coinvolto nell’associazione solo se si avvale consapevolmente
delle risorse dell’organizzazione (Cass. Sez. 6 n. 23798 del 7.4.2003) e
nell’interesse della stessa (Cass. Sez. 6 n. 17348 del 22.3.2003 ed altre);
4. violazione di legge in relazione alla confusione fra reato associativo e

3.4. Isabella Alessandro e Perri Emilio, tramite il difensore, con unico atto,
deducono violazione dell’art. 627 cod. proc. pen. e vizio di motivazione in quanto
il giudice di rinvio non si è attenuto alle indicazione della sentenza di
annullamento ed ha ripercorso lo stesso errore della sentenza annullata. La
motivazione sui ricorrenti sarebbe assente. La Corte territoriale ha ritenuto che
Isabella e Perri avessero spacciato droga per conto della presunta associazione
sulla scorta di alcune intercettazioni, dalle quali sarebbe desumibile solo il
concorso di persone nei reati fine. È necessario un vincolo permanente volto al
compimento di una serie indeterminata di delitti con la consapevolezza di far
parte dell’associazione ed il dolo specifico. La partecipazione all’associazione dei
ricorrenti è stata ritenuta solo sulla base dei pochi acquisti effettuati.
L’affermazione circa la familiarità dei rapporti è apodittica anche alla luce della
breve durata delle intercettazioni. L’arresto di uno degli imputati non è stato
commentato all’interno dell’associazione. Il Tribunale del riesame aveva già
escluso la sussistenza del reato contestato. Dalle intercettazione emerge
l’intenzione dei ricorrenti di acquistare droga da Pasqualone, ma anche la scarsa
fiducia di quest’ultimo verso di loro. I ricorrenti ignoravano dove si trovava la
casa di Pasqualone, sicché è contraddittorio affermare che gli stessi fossero
assidui clienti di costui. Non vi sono intercettazioni che provino rapporti fra i
ricorrenti e Ruffo Giuseppe con funzioni di corriere. Non è elemento sufficiente a
provare la partecipazione il fatto che l’utenza dei ricorrenti fosse presente nella
rubrica del telefono cellulare di Spanò. Non si evince l’elemento soggettivo della
partecipazione. È elemento neutro l’uso di linguaggio allusivo ed i ricorrenti sono
incensurati e non avevano rapporti con altri imputati di partecipazione
all’associazione. Il rapporto commerciale è cosa diversa dall’associazione e dal
contratto si ricava l’inesistenza dell’affectio societatis.

6

concorso di persone nel reato continuato.

3.5. Malvagio Michele, tramite il difensore, deduce:
1. violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di cui
all’art. 74 D.P.R. 309/1990, del quale mancherebbe il dolo specifico; la
consapevolezza di far parte del sodalizio e di perseguirne le finalità non
potrebbe essere ricavata automaticamente dalla perpetrazione dei reati
fine; l’accordo deve essere finalizzato alla perpetrazione di una serie
indeterminata di reati e permanere oltre l’eventuale commissione degli
stessi; nella sentenza impugnata non sono stati individuati elementi
probatori dai quali sia ricavabile

l’affectio societatis;

si sarebbe in

hanno operato è stato brevissimo; non sono emersi elementi di riscontro
su operazioni di spaccio del ricorrente; le carenze investigative non hanno
consentito di individuare elementi atti a provare l’esistenza di una
organizzazione pur rudimentale; sarebbe illogica la motivazione relativa al
mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati; mancherebbe anche la
prova dell’indeterminatezza del programma criminoso;
2. vizio di motivazione in punto di esistenza di una struttura associata e
travisamento della prova; la Corte d’appello ha parlato di attività di
osservazione e controllo che in realtà non è mai avvenuta nel territorio di
Cleto e Campora S. Giovanni;
3. mancanza di motivazione sul punto focale specificamente indicato nei
motivi di gravame relativo all’esistenza di un’associazione finalizzata allo
spaccio; la giurisprudenza di legittimità esclude la configurabilità del reato
associativo per quanti vengono in contatto con un’associazione già
esistente; il venditore al minuto è coinvolto nell’associazione solo quando
la sua attività sia posta in essere avvalendosi consapevolmente delle
risorse dell’associazione e con la consapevolezza di operare quale
aderente al sodalizio e nell’interesse dello stesso;
4. violazione di legge in relazione alla confusione fra reato associativo e
concorso di persone nel reato continuato;
5. vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il reato
associativo e travisamento della prova in relazione al contenuto delle
intercettazioni; la consapevole partecipazione di Malvagio al sodalizio è
stata desunta solo da talune conversazioni telefoniche con Pasqualone
Teodoro Fortunato e Ruffo Giuseppe, ritenuti fornitori secondo schemi
predeterminati, abituali e collaudati; l’assunto si scontra con la breve
durata del tempo in cui avrebbe operato il ricorrente; i riferimenti al solito
orario si riferirebbero ad un unico precedente; il disinteresse di Pasquale
avrebbe dovuto far ritenere l’estraneità di Malvagio.

7

s_

presenza di accordo finalizzato ai singoli reati; il tempo in cui i soggetti

3.6. Perre Rocco, tramite il difensore, deduce:
1. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione di
responsabilità per il reato associativo ed al mancato accoglimento delle
censure svolte nei motivi di appello; il reato associativo richiede
l’esistenza di un accordo finalizzato alla commissione di una serie
indeterminata di reati e nel caso in esame non vi sarebbero elementi di
prova della responsabilità per tale reato; la stessa sentenza riconosce la
mancanza di riscontri e molti soggetti non sono stati identificati. Vi
sarebbe contraddizione fra la decisione riguardante Perre e quella relativa

Tribunale della Libertà la limitata partecipazione di Perre ad un unico
episodio con consentirebbe di inerirne la partecipazione al sodalizio;
nessuno degli imputati che hanno risposto ha menzionato Perre;
mancherebbe l’accordo stabile e non sarebbe comunque stato conseguito
il fine prefissato;
2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di
responsabilità per il reato associativo e per quello di cui all’art. 73 D.P.R.
309/1990; dalle poche telefonate riguardanti Perre non si ricaverebbe
certezza dell’oggetto delle stesse ed in particolare che si tratti di droga;
l’episodio sarebbe di lieve entità ed è mutata la cornice edittale, sicché la
pena avrebbe dovuto essere comunque ridotta; Perre non è indicato come
in costante contatto con Pasqualone Fortunato Teodoro nell’informativa
504/11/05 del 30.5.2005 del Commissariato P.S. di Gioia Tauro e nelle
intercettazioni viene indicato come in carcere al momento della fornitura;
3. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione di
responsabilità per il reato associativo; nell’unica contrattazione l’acquisto
non sarebbe comunque avvenuto; l’episodicità dell’unica contrattazione
escluderebbe la partecipazione al sodalizio; in ogni caso il ricorrente
sarebbe stato il referente di Pasqualone per l’acquisto dai siciliani;
4. violazione di legge e vizio di motivazione sull’affermazione di
responsabilità per il reato associativo in ragione del rapporto di parentela
con Ferrinda Antonino; il mero legame di parentela con appartenenti al
crimine organizzato è dato di per sé neutro; in ogni caso le vicende
riguardanti Ferrinda avrebbero avuto il loro epicentro in Rizziconi e non in
Platì; sarebbero irrilevanti le valutazioni sulla personalità di Perre.

3.7. Ruffo Giuseppe, tramite il difensore, deduce:
1. violazione di legge e vizio di motivazione in quanto il giudice di rinvio ha
nuovamente riportato la sentenza di primo grado omettendo di valutare le
censure sollevate nell’atto di appello, alle quali avrebbe risposto con
8

__\,

a Timpanaro, De Luca e Di Mauro; come già ritenuto dal G.I.P. e dal

affermazioni apodittiche; a fronte del breve arco temporale delle indagini
(da marzo 2004 all’estate dello stesso anno) era stato dedotto che non
era possibile desumere un carattere di sistematicità delle condotte
contestate; la Corte territoriale ha risposto che il tenore delle
conversazioni intercettate nei mesi di marzo e giugno 2004 avrebbero
fatto emergere l’operatività del sodalizio già collaudata; ma tale
argomento era stato censurato nell’appello in quanto congetturale;
l’argomentare della sentenza impugnata non sarebbe rispettoso delle
risultanze processuali; per quanto attiene a Russo Giuseppe la Corte

Pasqualone ha affermato che Russo era l’alter ego di Pasqualone Nuccio,
ma contraddittoriamente lo ha ritenuto semplice partecipe e non capo,
promotore od organizzatore; quanto alla censura relativa all’assenza di
disponibilità economiche in capo all’associazione il giudice di rinvio si è
limitato a ritenere dimostrata l’esistenza del sodalizio benché non fossero
stati conseguiti i proventi perseguiti; l’argomento è congetturale, posto
che senza denaro non è possibile l’acquisto di cocaina; le condotte
attribuito a Russo non sarebbero connesse agli scopi dell’associazione;
non risulta che Russo, dopo l’arresto dei Pasqualone si sia attivato per
riavviare l’associazione; la condotta di Russo, al più potrebbe essere
ricondotta al traffico di droga, ma non alla partecipazione al sodalizio, di
cui non sarebbero stati individuati i requisiti minimi;
2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta
sussistenza di elementi di prova in ordine ai reati di cui agli artt. 73 e 74
D.P.R. 309/1990; dopo aver trascritto i motivi di appello, si argomenta su
la pochezza delle attività di transazioni ritenute poste in essere, l’esiguo
lasso temporale, la mutevolezza della componente soggettiva, l’assenza
di ruoli e l’insussistenza di un programma che potesse essere esplicativo
dell’operatività del sodalizio; tali elementi avrebbero dovuto condurre
all’esclusione del reato associativo e peraltro non sono neppure stati
precisati gli elementi che proverebbero l’attività di spaccio;
3. violazione di legge in relazione alla mancata qualificazione dei fatti ai
sensi dell’art. 73 comma 5 D.P.R. 309/1990 e 74 comma 6 D.P.R.
309/90, a fronte di cessioni di lieve entità;
4. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al giudizio di
equivalenza anziché di prevalenza delle attenuanti generiche sulle
aggravanti ed alla misura della pena.

9

territoriale, dopo aver a lungo motivato sul ruolo fungibile dei fratelli

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Si deve premettere che sono inammissibili le doglianze relative

all’affermazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 73 D.P.R. 309/1990 ed
alla mancata applicazione dell’ipotesi di cui all’art. 73 comma 5 dello stesso
D.P.R. (secondo motivo di ricorso nell’interesse di Perre Rocco, secondo e terzo
motivo di ricorso nell’interesse di Russo Giuseppe) poiché su tali punti, con il
rigetto dei ricorsi da parte della Sesta Sezione di questa Corte è intervenuto

2. Tutti i ricorsi, nella parte in cui deducono violazione di legge e vizio di
motivazione in ordine alla sussistenza del reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/1990
sono manifestamente infondati.
Il Giudice di rinvio ha ravvisato la sussistenza del reato associativo sulla
base dei seguenti indici, anche desunti dal richiamo alla sentenza di primo
grado: numero di soggetti coinvolti nelle attività di acquisto, finanziamento,
trasporto, distribuzione ed attività connesse, la frequenza delle operazioni,
natura e quantità delle sostanze commerciate incompatibili con l’assenza di una
struttura a ciò finalizzata (p. 9 sentenza impugnata).
Se l’arresto dei fratelli Pasqualone Fortunate e Rocco aveva segnato una
battuta di arresto, le intercettazioni erano state avviate in un momento in cui
l’operatività della compagine era già ampiamente collaudata, mentre la relativa
mancanza di denaro è stata ritenuta riconducibile al mancato conseguimento
degli obiettivi prefissati, fermo restando l’elevato valore di molta transazioni
specificate dalla Corte territoriale (p. 10 – 11 sentenza impugnata).
In ogni caso è stata ritenuta sussistere una rete organizzativa attraverso la
quale lo stupefacente veniva distribuita, con distinti ruoli (p. 11 e seguenti
sentenza impugnata).
Tali elementi sono idonei ad integrare l’elemento materiale del reato
associativo contestato.
Infatti, secondo la giurisprudenza di legittimità, per la configurabilità
dell’associazione dedita al narcotraffico non è richiesta la presenza di una
complessa e articolata organizzazione dotata di notevoli disponibilità
economiche, ma è sufficiente l’esistenza di strutture, sia pure rudimentali,
deducibili dalla predisposizione di mezzi, per il perseguimento del fine comune,
create in modo da concretare un supporto stabile e duraturo alle singole
deliberazioni criminose, con il contributo dei singoli associati (Cass. Sez. 6,
Sentenza n. 46301 del 30/10/2013 dep. 20/11/2013 Rv. 258165).
Quanto alle singole partecipazioni ed all’elemento soggettivo del reato è
necessario trattarne in relazione alle posizioni dei singoli ricorrenti.

10

giudicato.

3. Vendendo all’esame delle singole posizioni si osserva quanto segue in
relazione ai singoli motivi di ricorso.

3.1. Il ricorso proposto nell’interesse di Etzi Pierluigi è manifestamente
infondato, generico e svolge censure di merito.
Non è vero che il giudice di rinvio abbia ripreso la decisione del primo giudice
trascurando le doglianze svolte nei motivi di appello, dal momento che è stata
compiuta una disamina delle intercettazioni e del loro significato (P. da 258 a

Generica è la doglianza relativa alla dedotta, ma non precisata violazione
degli artt. 62 e 63 comma 2 e 192 cod. proc. pen.
Censura di merito è quella secondo cui sarebbe stata possibile una diversa
ricostruzione dei fatti, che avrebbe dovuto condurre ad una pronunzia ai sensi
dell’art. 530 comma 2 cod. proc. pen.
Infatti, in materia di ricorso per Cassazione, perché sia ravvisabile la
manifesta illogicità della motivazione considerata dall’art. 606 primo comma lett.
e) cod. proc. pen., la ricostruzione contrastante con il procedimento
argomentativo del giudice, deve essere inconfutabile, ovvia, e non rappresentare
soltanto una ipotesi alternativa a quella ritenuta in sentenza. (V., con riferimento
a massime di esperienza alternative, Cass. Sez. 1 sent. n. 13528 del 11.11.1998
dep. 22.12.1998 rv 212054).

3.2. Sono manifestamente infondate le doglianze svolte nell’interesse di Etzi
Rosaria, Musso Barbara, Pasqualone Fortunato Teodoro, Pasqualone Massimiliano
e Pasqualone Rocco.
Si deve premettere che sono irrilevanti le critiche svolte in relazione alla
composizione della Corte di merito, dal momento che non sono configurabili (e
neppure dedotte) nullità di alcun tipo.
Non è vero che la Corte di rinvio si sia limitata a recepire come ovvie le
conclusioni alle quali il primo giudice era pervenuto, senza rispondere alle
doglianze difensive.
Gli elementi costitutivi del reato associativo sono stati rassegnati indicando le
condotte dei singoli imputati, richiamando le specifiche risultanze, mentre si è
già detto della motivazione sulla struttura minima dell’associazione.
Sono censure di merito, risolvendosi in una lettura alternativa delle
risultanze, quelle secondo le quali ognuno dei fratelli Pasqualone avrebbe
perseguito finalità proprie anche in concorso con terze persone (sconosciute agli
altri componenti della famiglia) ponendo in essere una o più azioni delittuose ed i
proventi dell’attività posta in essere da Pasqualone Fortunato Teodoro in

11

A_

364 sentenza impugnata).

concorso con Russo Giuseppe ed altri non sarebbero mai stati destinati ad una
suddivisione tra i ritenuti associati. Sempre censure di merito sono quelle
secondo cui le intercettazioni proverebbero solo l’autonoma tendenza alla
consumazione di reati della stessa specie; Pasqualone Rocco non avrebbe mai
stipulato alcun proficuo accordo con il suo interlocutore e non vi sarebbe prova
della serietà dell’offerta; non vi era la disponibilità di denaro per l’acquisto. Si
tratta di valutazioni alternative a quelle ritenute dai giudici di merito che hanno
motivato in modo non manifestamente illogico anche sulla protrazione nel tempo
del sodalizio ed i singoli contributi.

Fortunato Teodoro, Pasqualone Massimiliano e Pasqualone Rocco
(approvvigionamento della droga, custodia della stessa, confezionamento delle
dosi, conclusione degli accordi per la vendita cessione della stessa agli incaricati
dello spaccio anche tramite il fratello Massimiliano, con ruolo di promotore ed
organizzatore, con specificazione delle intercettazioni ed analisi del significato
delle stesse (p. 17 specificamente per Pasqualone Fortunato Todoro e p.
seguenti per lo stesso ed i due fratelli sentenza impugnata, con amplissima
disamina, richiamando la pronunzia di primo grado).
Dopo aver esposto i motivi di appello la Corte territoriale li ha confutati
rilevando che il numero di soggetti coinvolti e la frequenza delle operazioni
illecite, unitamente ai reati fine integravano la sussistenza dell’associazione
finalizzata al traffico di stupefacenti e la partecipazione in qualità di capi ed
organizzatori dei predetti (p. 189 e seguenti sentenza impugnata).
In particolare la Corte di merito ha richiamato, a titolo esemplificativo,
numerose intercettazioni, argomentando in maniera non manifestamente illogica
e quindi incensurabile in questa sede, sulla interscambiabilità dei ruoli dei fartlli
Pasqualone nell’attività illecita e nella direzione del sodalizio, sottolineandone
anche l’affidabilità esterna.
Per Etzi Rosaria e Musso Barbara la responsabilità non si fonda solo
sull’essere mogli di due soggetti propensi al traffico di droga che nulla sapevano
del denaro.
La Corte territoriale ha motivato muovendo dal passaggio in giudicato della
condanna per i reati fine e l’analisi del contenuto delle intercettazioni (per Etzi da
pagina 240 a 242 e per Musso da pagina 250 a 257 sentenza impugnata).
3.3. Il primo, secondo, terzo e quarto motivo di ricorso proposti nell’interesse
di Fascetti Leandro e Spanò Adriano sono manifestamente infondati e svolgono
censure di merito.
Si è già detto della manifesta infondatezza delle doglianze sulla ritenuta
sussistenza del reato associativo anziché del concorso di persone nel reato
12

La Corte di rinvio ha infatti specificamente indicato i ruoli di Pasqualone

continuato. È sufficiente aggiungere che sono irrilevanti le considerazioni sulla
mancata effettuazione di servizi di osservazione in Cleto e Campora S. Giovanni,
posto che l’affermazione di sussistenza del reato associativo si fonda
essenzialmente sulle intercettazioni effettuate.
In ordine al significato delle stesse va rammentato che è possibile
prospettare in sede di legittimità una interpretazione del significato di una
intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito soltanto in
presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giudice di merito
ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e la difformità

dep. 19.10.2007 rv 237994).
Quanto alla partecipazione all’associazione ed all’elemento soggettivo del
reato per Fascetti Leandro e Spanò Adriano la Corte territoriale ha motivato in
ordine alla stabilità del rapporto che comportava l’inserimento di Spanò e
Fascetti nel sodalizio, con la consapevolezza di un apporto causale (p. 295 e 296
sentenza impugnata).
Siffatta valutazione è conforme all’orientamento di questa Corte, secondo il
quale l’associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti
sussiste anche quando sia rilevabile un vincolo durevole che accomuna il
fornitore di droga e gli spacciatori acquirenti che in via continuativa la ricevono
per immetterla nel mercato del consumo. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 51400 del
26/11/2013 dep. 19/12/2013 Rv. 257991. La Corte, dopo aver precisato in
motivazione che la

“ratio”

della configurabilità del vincolo associativo tra

fornitore e acquirente abituale di sostanze stupefacenti all’interno dell’unico
sodalizio criminale nel quale essi operano risiede nella reciproca consapevolezza
che la stabilità del rapporto instaurato garantisce l’operatività dell’associazione in
quanto tale, rivelando così

raffectio societatis”

dello stesso acquirente o

fornitore, ha annullato con rinvio la decisione di merito che non aveva motivato
sulla esistenza della prova di tale necessario coefficiente di stabilità del
rapporto).
Peraltro l’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti
sussiste non solo nel caso di condotte parallele poste in essere da persone
accomunate dall’identico interesse di realizzazione del profitto mediante il
commercio di droga, ma anche nell’ipotesi di un vincolo durevole che accomuna
il fornitore di droga agli acquirenti, che in via continuativa la ricevono per
immetterla nel mercato del consumo, non essendo di ostacolo alla costituzione
del vincolo associativo e alla realizzazione del fine comune né la diversità di
scopo personale, né la diversità dell’utile, ovvero il contrasto tra gli interessi
economici che i singoli partecipi si propongono di ottenere dallo svolgimento

13

risulti decisiva ed incontestabile. (Cass. Sez. 2^ sent. n. 38915 del 17.10.2007

dell’intera attività criminale (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 3509 del 10/01/2012
dep. 27/01/2012 Rv. 251574).

3.4. Il ricorso proposto nell’interesse di Isabella Alessandro e Perri Emilio è
manifestamente infondate e svolge censure di merito.
Anzitutto non è vero che il giudice di rinvio non si sia attenuto alle indicazioni
della sentenza di annullamento e che abbia ripercorso lo stesso errore della
sentenza annullata.
La motivazione riguardante i ricorrenti non è affatto assente.

impugnata) e Perri (p. 353 e seguenti sentenza impugnata) abbiano spacciato
droga per conto della associazione sulla scorta di intercettazioni.
È sufficiente in proposito richiamare quanto detto al punto precedente
secondo cui l’associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze
stupefacenti sussiste anche quando sia rilevabile un vincolo durevole che
accomuna il fornitore di droga e gli spacciatori acquirenti, a prescindere dal
concorrere di altre finalità.
Le ulteriori considerazioni svolte sull’argomento nel ricorso sono all’evidenza
censure di merito.

3.5. Il primo, secondo, terzo, quarto e quinto motivo di ricorso proposto
nell’interesse di Malvagio Michele sono manifestamente infondati e svolgono
censure di merito.
Quanto alla dedotta mancanza dell’elemento soggettivo del reato di cui
all’art. 74 D.P.R. 309/1990, la Corte territoriale ha ravvisato la consapevolezza di
far parte del sodalizio e di perseguirne le finalità non solo dalla perpetrazione dei
reati fine, m dalla richiesta di una fornitura di una quantità prefissata e stabile di
stupefacente (pagina 337 sentenza impugnata), la conoscenza comune delle
vicende riguardanti i sodali (pagina 340 sentenza impugnata), con la
conseguenza che in ciò è stata ravvisato sia l’accordo finalizzato alla
perpetrazione di una serie indeterminata di reati e permanere oltre l’eventuale
commissione degli stessi, che l’affectio societatis.
Non vi è alcun vizio di motivazione o violazione di legge in punto di esistenza
di una struttura associata ed alla asserita confusione fra reato associativo e
concorso di persone nel reato continuato per le ragioni esposte in proposito al
punto 2 del considerato in diritto.
Non è rilevante il dedotto travisamento della prova (relativamente attività di
osservazione e controllo che in realtà non è mai avvenuta nel territorio di Cleto e
Campora S. Giovanni) posto che lo stesso non investe un punto decisivo della

14

La Corte territoriale ha ritenuto che Isabella (p. 320 e seguenti sentenza

motivazione, avendo la Corte d’appello basato il suo convincimento
essenzialmente sulle intercettazioni.
Quanto all’assunto che la giurisprudenza di legittimità esclude la
configurabilità del reato associativo per quanti vengono in contatto con
un’associazione già esistente; il venditore al minuto è coinvolto nell’associazione
solo quando la sua attività sia posta in essere avvalendosi consapevolmente delle
risorse dell’associazione e con la consapevolezza di operare quale aderente al
sodalizio e nell’interesse dello stesso;
Sul dedotto travisamento della prova in relazione al contenuto delle

prospettabilità in sede di legittimità di una diversa interpretazione del contenuto
delle intercettazioni rispetto a quella ritenuta dal giudice di merito.
Peraltro nella specie la Corte di merito ha rilevato che il passaggio in
giudicato della condanna sui reati fine troncava alla radice le doglianze sul punto
(pagina 336 sentenza impugnata).

3.6. Il primo, secondo, terzo e quarto motivo di ricorso proposti nell’interesse
di Perre Rocco sono manifestamente infondati e svolgono censure di merito.
Si è già detto della irrevocabilità dell’affermazione di responsabilità per il
reato di cui all’art. 73 D.P.R. 309/1990.
Devono essere richiamate le considerazioni sopra svolte in ordine alla
ritenuta sussistenza da parte della Corte di merito del reato associativo. Rispetto
a tali considerazioni è irrilevante che taluni dei soggetti non siano stati
identificati o che il fine prefissato non sia stato (del tutto) conseguito.
La Corte d’appello ha argomentato che il numero di soggetti coinvolti nelle
varie attività illecite, la frequenza delle stesse e la quantità dello stupefacente
evidenziavano, insieme ai rapporti fra i sodali, la stabilità dell’accordo (pagine
407 e 408 sentenza impugnata).
In ordine alla partecipazione di Perre Rocco al sodalizio ed al relativo
elemento soggettivo il giudice di rinvio ha evidenziato che le intercettazioni
evocano la sussistenza di consolidati meccanismi convenzionali.
Rispetto a tali argomentazioni non assumono rilievo l’asserita disparità di
trattamento rispetto ad altri imputati (Timpanaro, De Luca e Di Mauro) né altri
elementi ipotizzati in contrasto con l’interpretazione delle intercettazioni data dal
giudice di rinvio.
Sono censure di merito quelle secondo le quali il ricorrente sarebbe stato il
referente di Pasqualone per l’acquisto dai siciliani e del tutto infondate, oltre che
di merito, quelle secondo cui il mero legame di parentela con appartenenti al
crimine organizzato è dato di per sé neutro (che infatti non è stato posto a

15

intercettazioni è sufficiente richiamare quanto sopra esposto circa la non

fondamento della decisione)e che le vicende riguardanti Ferrinda avrebbero
avuto il loro epicentro in Rizziconi e non in Platì.
Le valutazioni sulla personalità di Perre sono rilevamnti ai fini della
determinazione della pena.
Non ha rilievo in concreto il mutamento della cornice edittale per il reato di
cui all’art. 73 D.P.R. 309/1990, posto che il reato più grave è quello associativo e
nell’incremento per continuazione la Corte di merito si è mantenuta nei relativi
parametri.

nell’interesse di Ruffo Giuseppe sono manifestamente infondati e svolgono
censure di merito.
Quanto alle residue doglianze non è vero che il giudice di rinvio non abbia
valutato le doglianze svolte nei motivi di appello (riportate alle pagine 220 e 221
della sentenza impugnata), alle quali ha dato risposta, anzitutto richiamando il
passaggio in giudicato dell’affermazione di responsabilità del ricorrente per il
reato di cui all’art. 73 D.P.R. 309/1990 e poi evidenziando la irrilevanza della
durata delle intercettazioni a fronte dei risultati puntualmente richiamate (pagine
da 222 a 227 sentenza impugnata.
Sono censure di merito, peraltro generiche, quelle secondo cui l’argomentare
della sentenza impugnata non sarebbe rispettoso delle risultanze processuali,
posto che non viene dedotto alcun travisamento della prova.
Le argomentazioni contenute nel primo e nel secondo motivo di ricorso
prospettano solo una interpretazione delle risultanze alternativa a quella data dai
giudici di merito e come tali si risolvono in censure di merito inammissibili in
questa sede.
Anche il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato alla luce della
irrevocabilità dell’affermazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 73
D.P.R. 309/1990, con impossibilità di qualificazione dei fatti ai sensi dell’art. 73
comma 5 D.P.R. 309/1990 e conseguentemente ai sensi dell’art. 74 comma 6
D.P.R. 309/90, a fronte di cessioni di lieve entità.
È infine manifestamente infondato e svolge censure di merito il quarto
motivo di ricorso.
Il giudizio di equivalenza anziché di prevalenza delle attenuanti generiche
sulle aggravanti è stato motivato alla luce di un precedente penale.
La determinazione in concreto della pena costituisce il risultato di una
valutazione complessiva e non di un giudizio analitico sui vari elementi offerti
dalla legge, sicché l’obbligo della motivazione da parte del giudice
dell’impugnazione deve ritenersi compiutamente osservato, anche in relazione
alle obiezioni mosse con i motivi d’appello, quando egli, accertata l’irrogazione
16

\_

3.7. Il primo, secondo, terzo e quarto motivo di ricorso proposto

della pena tra il minimo e il massimo edittale, affermi di ritenerla adeguata o non
eccessiva. Ciò dimostra, infatti, che egli ha considerato sia pure intuitivamente e
globalmente, tutti gli aspetti indicati nell’art. 133 cod. pen. ed anche quelli
specificamente segnalati con i motivi d’appello. (Cass. Sez. 6, sent. n. 10273 del
20.5.1989 dep. 12.7.1989 rv 181825. Conf. mass. n. 155508; n. 148766; n.
117242).

4. Tutti i ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara

condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – ciascuno al
pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille euro, così
equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno al versamento della somma di euro mille alla Cassa
delle ammende.

Così deciso il 05/06/2014.

inammissibili i ricorsi, gli imputati che li hanno proposti devono essere

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA