Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24269 del 17/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 24269 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: SABEONE GERARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RIELLA MASSIMO N. IL 28/11/1973
avverso la sentenza n. 296/2012 TRIBUNALE di LECCO, del
10/04/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GERARDO SABEONE ;
lette/seiteite le conclusioni del PG Dott. 54.1,44 ruktzed..0-44.

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Data Udienza: 17/04/2013

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RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del Tribunale di Lecco del 10 aprile 2012, pronunciata ai
sensi dell’articolo 444 cod.proc.pen, venne applicata a Riella Massimo, per il
reato di lesioni personali continuate in danno di Bance Hamado e Djebre Drissa,
la pena concordata con la Pubblica Accusa nonché pronunciata condanna alla

2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato,
a mezzo del proprio difensore, il quale lamenta, da un lato, una violazione di
legge in merito alla liquidazione delle spese di lite in favore delle parti civili,
senza specificazione delle singole voci della tariffa degli onorari nonché, d’altra
parte, la carenza di motivazione circa la qualificazione giuridica del fatto e la
congruità della pena irrogata.
3. Il Procuratore Generale presso questa Corte di Cassazione, nella sua
requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile, in quanto manifestamente infondati i motivi.
2. Quanto al primo motivo, osserva il Collegio che, sulla scorta della
decisione delle Sezioni Unite di questa Corte n. 40288 del 14 luglio 2011, in
tema di applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 cod.proc.pen., sia
sindacabile da parte dell’imputato la liquidazione delle spese in favore della
costituita parte civile, effettuata senza specifica indicazione delle voci della tariffa
applicata.
Nella specie, il Giudice ha liquidato in favore delle parti civili, a titolo di
rifusione delle spese di costituzione, la complessiva cifra di euro 2.000,00 oltre
accessori di legge, in maniera forfetaria e onnicomprensiva.
Corollario all’indicato principio enucleato dalle Sezioni Unite è, però,
quello secondo il quale il ricorrente non possa limitarsi a contestare
genericamente, come nella specie, l’avvenuta forfetaria liquidazione senza
indicare, da un lato, la misura ritenuta congrua di liquidazione delle spese
ovvero, d’altra parte, senza evidenziare violazioni nell’applicazione delle tariffe
previste.
In altri termini, come per qualsiasi ricorso di legittimità, deve sussistere il
necessario requisito della specificità dei motivi non potendo rimettersi a questa
Corte di legittimità l’esame di circostanze di fatto, precluso in questa sede, dal
quale far discendere l’accoglimento o meno del ricorso.
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rifusione delle spese di lite in favore delle costituite parti civili.

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3. Anche il secondo motivo del ricorso è inammissibile in quanto,
nell’impugnata decisione, si dà espressamente atto della ritenuta sussistenza
delle condizioni tutte, positive e negative, previste dall’articolo 444 cod.proc.pen.
per l’applicazione della pena su richiesta, ivi compresa quella costituita dalla
mancanza dei presupposti per darsi luogo a pronuncia assolutoria ai sensi
dell’articolo 129 cod.proc.pen., come pure quella costituita dalla ritenuta
medesima sentenza, dai quali possa invece desumersi l’assenza di alcuna delle
condizioni anzidette, basta ad escludere ogni violazione di legge e a soddisfare le
esigenze di motivazione proprie delle pronunce del genere di quella impugnata
(v. Cass. Sez. IV 13 luglio 2006 n. 34494 e Sez. I 10 gennaio 2007 n. 4688).
Né, d’altra parte, risulta indicata, nel ricorso, alcuna specifica ragione di
diritto per la quale, nella specie, l’articolo 129 cod.proc.pen. avrebbe dovuto
trovare applicazione ovvero l’accordo raggiunto fra le parti (e non modificabile in
alcun modo dal Giudice) sarebbe stato da respingere per eccessività della pena
(peraltro, all’evidenza, tutt’altro che esorbitante dalla media); il che, in linea con
il consolidato orientamento di questa Corte, costituisce appunto causa di
inammissibilità del gravame (v. Cass. Sez. IV 11 maggio 1992 n. 7768, Sez. III
19 aprile n. 1693 e Sez. II 21 maggio 2003 n. 27930).
4. Dall’inammissibilità del ricorso deriva, altresì, la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in
favore della Cassa delle Ammende, che appare equo determinare nella misura di
euro 1.500,00 trattandosi di ricorso avverso una sentenza di applicazione della
pena su richiesta delle parti, ex articolo 444 cod.proc.pen.
P. T. M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore
della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 17 aprile 2013.

congruità della pena; e ciò, in difetto di elementi, ricavabili dal testo della

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